Roland Denis Bulton è l’intellettuale più lucido del Venezuela attuale. Critico feroce della drammatica decadenza di quella che fu, illudendo molti (lui compreso), la «Revolución bonita» a Caracas, è uno degli analisti più impietosi e più informati del declino venezuelano. Conosce bene il governo e il fenomeno chavista perché ne ha fatto parte. Agli albori della rivoluzione bolivariana, l’allora presidente Hugo Chávez lo chiamò al Ministero della Pianificazione e lo Sviluppo. Lo cacciò quasi subito per insubordinazione. A lui abbiamo chiesto di tracciarci una panoramica dello stato attuale delle cose a Caracas.
Qual è la situazione economica della gente comune in Venezuela?
Viviamo in uno stato di calamità collettiva. Per farvi un’idea considerate che il Venezuela è un paese in cui la classe lavoratrice era abituata fino a tre, quattro anni fa, a ricevere un salario medio di 300-400 dollari mensili, ora è un paese in cui il salario di un lavoratore non supera i 35-40 dollari nel migliore dei casi. Sappiate che qui i socialisti sono riusciti a ridurre infinitamente il potere d’acquisto dei lavoratori, un capolavoro! Le persone comuni non hanno entrate in dollari, necessarie per comprare prodotti a prezzi altissimi al mercato nero. C’è spesso carestia di alimenti fondamentali e di farmaci. Immaginate quale sia la vita degli ipertesi, degli epilettici, delle persone che hanno bisogno di farmaci salvavita. Necessariamente devono ricorrere a gente che vive in atri paesi per ottenere le medicine e non tutti hanno amici all’estero a cui chiedere aiuto. La sopravvalutazione della moneta nazionale il cui prezzo è stato congelato al cambio ufficiale fisso per dieci anni ha fatto sì che il capitale privato sia fuggito oltre confine e si siano moltiplicate le importazioni di quasi tutti i beni, in un paese con un’economia già tutta basata sulla rendita petrolifera. Sono svanite le riserve di dollari, ma non è vero che le riserve sono finite perché è crollato il prezzo del petrolio. I conti del governo li conosco bene e vi assicuro che questo paese ha finito le sue riserve prima, molto prima, che crollasse il prezzo del petrolio.
Una silenziosa alleanza tra capitale speculativo e bande mafiose al governo ha consentito la fuga dal Venezuela di 400 miliardi di dollari.
La conversazione quotidiana tra le persone qui è: dove si trova oggi la carta igienica, il sapone, il riso, lo zucchero? Il governo cerca di risolvere attraverso la distribuzione di beni di prima necessità a prezzi bassissimi, distribuzione che poi finisce per seguire logiche di rendita politica di alcuni gruppi. L’inflazione è del mille per cento. I prezzi sono quelli globali, ma lo stipendio base è di 15-30 dollari. Sapete quanto costa, che so, un filoncino di pane tipo baguette? 500 bolivares, esattamente l’equivalente di quanto costa a New York. Immaginate la situazione della gente comune. Questo ha creato un’economia del contrabbando.
Come funziona il contrabbando?
È iniziato come contrabbando speculativo. Alcuni riuscivano ad accaparrarsi prodotti a prezzi sussidiati dallo Stato, quindi molto bassi. Li rivendevano in Colombia e facevano soldi con la differenza di prezzo. Dopo l’acuirsi della crisi qui, quel contrabbando cominciato verso l’estero è rimbalzato verso l’interno. Quei prodotti ora si rivendono in Venezuela a prezzi altissimi, inaccessibili ai più.
C’è fame in Venezuela?
Certo che non siamo il Sudan, mi immagino che in Sudan la situazione alimentare sia molto peggiore, però per un paese come il Venezuela questo stato di povertà diffusa è inconcepibile e dà la misura dell’immoralità dei governanti rimasti alla guida di questo paese, per di più in nome di ideali di libertà e uguaglianza. Balle, pure balle.
Qual è lo stato del governo e quale quello dell’opposizione?
Il governo è settario, militarizzato, senza credibilità. Questo è il problema fondamentale del presidente Nicolas Maduro. La leadership di Chávez fu realmente appoggiata a lungo dalla maggioranza del Paese, questo è un dato innegabile indipendentemente del giudizio che si può avere su di lui e sul suo governo. La leadership di Maduro non ha nessuna forza di persuasione sulla gente, non piace. Siamo a un passo dall’autoritarismo senza controllo, a un passo dall’autocrazia. Di fronte a un governo dal potere fragile, autoritario e verticalizzato, l’opposizione di destra ha preso forza elettorale, ma continua ad essere debole per quanto riguarda la capacità di mobilitazione. Non fa niente, per esempio, per organizzare mobilitazioni popolari contro la carestia delle medicine e degli alimenti. Denuncia, ma non muove realmente le persone. Concentra tutte le sue forze sulla richiesta di un referendum revocatorio che è uno strumento previsto dalla Costituzione votata all’inizio del chavismo, nel ’99, che consente di sottoporre a referendum revocatorio il mandato di qualsiasi carica elettiva che abbia superato la metà del periodo del suo mandato, incluso ovviamente il mandato presidenziale.
Cosa succede nelle forze armate?
Le forze armate hanno un grande potere ora con Maduro più di quanto ne avessero con Chávez. Questo governo ha una capacità di leadership dobolissima e ogni banda al suo interno tenta di garantire i propri posti di potere nella struttura di Stato. In questo gioco le forze armate sono sempre più presenti e sempre più corrotte. Generali e capi di stato maggiore hanno generato un potere parallelo. Ora esigono ad esempio la creazione di una compagnia corporativa strettamente militare e pretendono che attraverso questa compagnia da loro controllata passi ogni servizio ed ogni contratto che riguardi il petrolio, le miniere e le costruzioni. La grande necessità che ha il governo di farsi arrivare dollari lo fa anelare a grandi investimenti internazionali. I militari lo sanno ed esigono che questi investimenti passino attraverso la loro compagnia, qualcosa di totalmente incostituzionale. Tra le bande che si fanno la guerra per questo fine c’è quella che fa riferimento a Padrino Lopez, il ministro della Difesa e al numero due di Maduro, Diosdado Cabello, due grandi fazioni che si disputano l’egemonia sulle forze armate. Il governo è totalmente dipendente dalla presenza militare. I grandi privilegi dei militari e la loro partecipazione diretta al potere sono i due fattori che garantiscono ora a Maduro che non ci sia un golpe contro di lui. Perlomeno, non in questo momento.
Il governo è completamente chiuso in se stesso. Si diceva quando morì Chávez che il governo sarebbe stato d’allora in poi necessariamente più aperto perché aveva bisogno di accogliere nuovi quadri del chavismo per formarli e di inglobare parte dell’opposizione in una dialettica sana. Invece è accaduto l’esatto contrario, è impressionante la totale autoreferenzialità del nucleo di potere nel governo odierno.
Un piccolo nucleo di persone decide se si tiene o no il referendum chiesto dall’opposizione, l’atteggiamento è quello di «il governo sono io». Esiste inoltre una buona fetta di borghesia che ha fatto soldi col chavismo che continua a star lì, scolandosi gli ultimi dollari di Stato. E c’è una parte del movimento popolare molto legata al governo, cresciuta durante i primi anni del chavismo, che sta perdendo capacità di mobilitazione perché ha perso visibilmente autonomia e non ha più presa sulle persone perché non è più credibile.
Quale ruolo hanno ora i castristi a Caracas?
La presenza cubana continua ad essere altissima nell’intelligence e nelle forze armate. L’accordo fatto con l’Avana prima della morte di Chávez prevedeva Maduro alla presidenza per garantire il ruolo dei castristi nel governo del Venezuela. L’ex ministro degli Esteri Alì Rodriguez (il grande vecchio del petrolio venezuelano, quello che gestì all’Opec la battaglia delle quote di produzione per mantenere alto il prezzo del greggio n.d.a.), grande amico dei Castro, è il pilastro fondamentale di questa alleanza e sta fisso all’Avana esattamente per garantire gli interessi di Cuba che, nel frattempo, dopo la riapertura delle relazioni diplomatiche con Washington è, da una parte, diventata più ambigua nelle sue linee strategiche e dall’altra media con l’amministrazione Obama per conto di Caracas e continua ad occuparsi di fornire al governo la struttura burocratica ed autocratica in cui si è anchilosato ormai il fenomeno politico del chavismo. La verità è che siamo ridotti come Cuba agli inizi degli anni Novanta, questa è diventata la ricca e libera Caracas. È orribile, ma è così.