Ancora oggi nel cuore dell’isola di Sulawesi, in Indonesia, nonostante l’affermarsi del Cristianesimo avvengono sacrifici di animali e si pratica un’antica forma di sepoltura
Sono le dieci del mattino e il caldo è umido e soffocante. Nella corte interna di un’abitazione nei pressi del villaggio di Tikala, decine di bufali sono legati da corde spesse, ignari del destino cui andranno incontro nelle prossime ore.
Ci troviamo nel cuore di Sulawesi, in Indonesia, undicesima isola al mondo per dimensioni, un tempo conosciuta con il nome di Celebes. La regione di Tana Toraja («terra dei Toraja»), al centro della quale la vicina città di Rantepao fa da nucleo commerciale, è nota per gli antichi rituali funebri della popolazione dei Toraja, che continuano a svolgersi nonostante il cristianesimo sia ormai diffuso in quest’area dell’isola, altrimenti a prevalenza musulmana.
Un elemento caratteristico delle cerimonie è il sacrificio dei bufali, uno spettacolo a cui assistono visitatori da tutta l’isola e diversi turisti. Dopo una rapida presentazione da parte di un annunciatore locale, che elenca gli esemplari di bufalo per numero e per tipo, lo spettacolo sanguinoso ha inizio. Uno a uno i bufali sono condotti di fronte alla piattaforma con la bara, orientata come da tradizione lungo la direttrice est-ovest; per i Toraja, l’est simboleggia la divinità e l’ovest la morte. I bufali sono quindi sgozzati con un unico, preciso colpo, e il sangue sgorga abbondante tra gli applausi e le risate del pubblico. Di tanto in tanto un bufalo riesce a liberarsi dalla presa e ad avvicinarsi agli spalti con passo malfermo, prima di ricevere il colpo finale o di crollare al suolo, esangue.
Il pubblico è composto da parenti, amici e conoscenti della defunta, una donna morta oltre sei mesi prima. Questa è solo una delle particolarità che rendono unici questi rituali: i funerali possono avvenire a distanza di mesi o anni dal momento del decesso, il tempo che serve ai familiari per raccogliere tutto il denaro necessario. Terminato il sacrificio, il cadavere della donna, in precedenza definita «l’ammalata», è adagiato in una tomba esposta al di fuori della casa e, finalmente, diventa «la defunta».
Il sacrificio dei bufali rappresenta un momento fondamentale delle cerimonie funebri toraja; il suo scopo principale è quello di nutrire l’anima del defunto fino al momento dell’abbandono della terra e alla trasformazione in puro spirito.
Chi assiste è solito portare un dono alla famiglia del defunto, per lo più sigarette, maiali o bufali. I bufali più costosi, i tedong bonga, hanno gli occhi azzurri e il manto chiaro e il loro costo può superare i 300 milioni di rupie (=23mila franchi). Un funerale su larga scala, o diripai, può arrivare ad avere un sacrificio di 300 bufali. Le donazioni sono regolamentate da una lista in cui sono elencati i nomi dei donatori, i quali sono enunciati uno a uno prima della cerimonia sacrificale. Donne e uomini sono separati all’ingresso e assistono alla cerimonia da lati diversi degli spalti, i quali sono numerati allo scopo di differenziare i gruppi di visitatori, dai parenti più stretti ai semplici curiosi.
Bufali e maiali possono essere acquistati ogni sabato al vivace mercato di Bolu, a pochi chilometri da Rantepao. I bufali sono lavati e preparati dai padroni prima della vendita, mentre i maiali sono venduti legati. Di tanto in tanto sono disponibili anche galli da combattimento.
Una volta terminata la cerimonia, i corpi degli animali sono adagiati su foglie di palma, simbolo di buon auspicio, e scuoiati da persone di rango sociale inferiore rispetto a chi li ha feriti a morte. Fino agli anni Novanta, le pelli erano utilizzate per fabbricare corde per trasportare pietre e legno, e sono ora impiegate per la realizzazione di articoli di abbigliamento, accessori e scarpe. La carne degli animali sacrificati è in grado di fornire cibo a tutti i partecipanti per diversi giorni, e tra le varie bevande servite durante il banchetto vi è il vino di palma. La testa e le corna dei bufali sono posizionate sulla facciata della casa tradizionale, detta Tongkonan: a un alto numero di corna corrisponde una grande ricchezza della famiglia.
La forma delle particolari abitazioni dei Toraja, simile a una nave, è stata dibattuta per diverso tempo: secondo alcuni ricorda il mezzo di trasporto con cui i Toraja sono arrivati dalla Cina; per altri rimanda alla forma del corno di bufalo. Anche i colori utilizzati per le decorazioni delle facciate rispettano una simbologia ben precisa: i quattro colori tipici sono il bianco della purezza; il rosso della forza; il nero della tristezza; il giallo della divinità.
Nelle fasi successive del funerale i parenti indossano abiti scuri e si radunano attorno al sarcofago, dove intonano canti di accompagnamento al viaggio del defunto verso l’aldilà. Spesso si tengono danze allo scopo di celebrare questa «festa della morte», concepita dai Toraja come un momento unico e spettacolare.
Terminate le celebrazioni, è il momento della sepoltura. Ma i Toraja di rado sono sepolti nel terreno. La sepoltura più diffusa avviene in grotte scavate nel fianco roccioso di una montagna, o in bare di legno appese su una scogliera. Le tombe sono di fattura pregiata e richiedono alcuni mesi per essere completate. Un’effigie in legno intagliato che rappresenta il defunto, il tau-tau, è posta nella grotta che si affaccia sul paese. Le bare sono finemente lavorate e arredate, ma a causa del deteriorarsi del legno le ossa dei defunti precipitano a terra. Le tombe più antiche sono quelle di Londa, mentre nella spettacolare caverna di Tampang Allo sono sepolti i capi del villaggio di Sangalla, ritenuti discendenti dalla divinità mitologica Tamborolangiq, colui che ha introdotto i rituali funebri, il sistema di caste e le tecniche agricole nella società dei Toraja.
Se a morire è un bambino che non ha ancora iniziato la dentizione, è considerato di proprietà della natura, perché puro; il luogo di sepoltura è quindi ricavato nel tronco di un albero, chiuso da una porta in fibra di palma. Nello stesso albero possono essere sepolte decine di bambini, come avviene nel celebre tronco di Kambira.