Come diventare Svizzeri

by Claudia

Viaggiatori d’Occidente: la curiosa vicenda di uno scrittore inglese a Berna e dei suoi sforzi per integrarsi

Diccon Bewes è un popolare scrittore di viaggio inglese. Ho avuto occasione di conoscerlo meglio e conversare a lungo con lui quando, qualche giorno fa, ha tenuto una lezione agli studenti del Master in International Tourism dell’Università della Svizzera italiana. Dapprima ha parlato del suo libro «Slow Train to Switzerland», pubblicato nel 2013. Diccon Bewes ha ripercorso fedelmente le orme di un piccolo gruppo di suoi connazionali che nel 1863 visitò il nostro Paese affidandosi all’agenzia di viaggi Thomas Cook, oggi assai famosa ma che allora muoveva solo i primi passi.
L’itinerario comprendeva Ginevra – Chamonix – Sion – Leukerbad – Interlaken – Lucerna – Olten – Neuchâtel. Tra loro vi era anche una giovane signora dello Yorkshire sulla trentina, Jamima Morrell. Grazie a Thomas Cook infatti per la prima volta anche le donne potevano viaggiare all’estero: un merito dei viaggi organizzati che spesso si dimentica. Le annotazioni di Jamima hanno permesso di conoscere ogni momento della spedizione. Non dobbiamo farci ingannare dai confortevoli viaggi di gruppo dei giorni nostri, dove tutto è stato accuratamente preparato in anticipo. In questo caso neppure Thomas Cook, la guida, era mai stato in Svizzera. Fu dunque un viaggio di scoperta, appassionante e avventuroso. Nonostante il lungo abito vittoriano, con tanto di crinoline, Jamima affrontò coraggiosamente i più ardui passi alpini, camminando anche per una ventina di miglia al giorno nei tratti dove la ferrovia non era ancora stata costruita, e spingendosi fin sopra i ghiacciai senza nessun attrezzatura specifica, salvo l’immancabile ombrellino.
Quel viaggio cambiò per sempre la nostra storia. La buona riuscita spianò la via a milioni di turisti e la Svizzera fu il primo Paese al mondo completamente trasformato dal turismo. Per lungo tempo tuttavia fu una «Svizzera senza svizzeri», dal momento che l’attenzione dei turisti stranieri era riservata quasi esclusivamente al paesaggio alpino. Proprio gli svizzeri hanno invece fatto la fortuna di Diccon Bewes come scrittore da quando, una decina d’anni fa, si è trasferito a Berna, dopo un viaggio di diciotto mesi intorno al mondo e una decennale collaborazione con l’editore di guide turistiche Lonely Planet.
Diccon Bewes ha cercato subito di diventare un «perfetto svizzero». Come scrive, «ho dedicato gli ultimi anni a lottare con la grammatica tedesca, imparare da capo ad attraversare la strada come si deve e vincere il mio innato desiderio di formare una coda ordinata. Nel frattempo ho esplorato quelle parti della Svizzera delle quali non avevo mai sentito parlare (e ho mangiato un sacco di cioccolato)».
Il suo libro del 2010, «Swiss Watching», presto tradotto anche in francese e tedesco, ha avuto un sorprendente successo e Diccon Bewes è diventato il riferimento per chi vuole capire qualcosa di più della Svizzera e degli svizzeri. I suoi ingenui sforzi di integrazione sono divertenti, anche al livello delle semplici abitudini quotidiane. In Inghilterra ogni conversazione inizia immancabilmente con delle osservazioni sul tempo, per esempio quando si vuole sciogliere il ghiaccio alla fermata dell’autobus: la pioggia, il sole (finalmente!), inverni memorabili e così via. Ma quando a Berna Diccon Bewes butta lì un «Oggi fa freddo, vero?», gli rispondono solo «Certo, è inverno». Oppure deve abituarsi al vuoto pneumatico delle domeniche svizzere. In Gran Bretagna da decenni la domenica è un giorno come gli altri. Qui invece tutti i negozi sono chiusi e ciascuno si riposa, va al cinema o al museo, si dedica alla famiglia e agli amici. Ma bisogna fare attenzione se si viene invitati a una passeggiata! Nello Hampshire un’escursione domenicale dura un paio d’ore al massimo lungo dolci pendii collinari e si conclude inevitabilmente al pub. In Svizzera può voler dire alzarsi all’alba e trascinarsi per il resto della giornata sulle montagne sino allo sfinimento. Meglio allora svegliarsi tardi, prendere il treno quando non è più affollato e unirsi al gruppo per pranzo dopo essere saliti con la funicolare…
È interessante notare che anche molti svizzeri hanno cominciato a leggere i libri di Diccon Bewes. Può sembrare paradossale chiedere chi siamo a uno straniero che appena ci conosce. Dopo tutto lo sguardo dello straniero è necessariamente superficiale, esteriore, anche solo perché non comprende la lingua e gli usi locali. Ma per cominciare questi svantaggi sono al tempo stesso una sfida, spingono a superarli, tengono desta l’attenzione. E poi chi viene da lontano ha un formidabile vantaggio: anche quando è tra noi, lui è escluso, sta al di fuori e dunque può distinguere facilmente tra il particolare e l’universale, tra ciò che è comune alla condizione umana e quel che invece è caratteristico soltanto di quel Paese e quella cultura.
 Dopo una decina d’anni come expat – ovvero la particolare e interessante condizione di chi vive a lungo in un Paese straniero senza appartenervi – presto Diccon Bewes potrà chiedere di diventare cittadino svizzero. Sarà così parte di una comunità che ha imparato ad amare, ma forse dovrà cercare un’altra fonte d’ispirazione come scrittore quando perderà il suo particolare punto d’osservazione e comincerà a trovare normale quel che oggi lo stupisce: d’altronde, chi ha voglia di perdere tempo per parlare del tempo che fa?

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