Talvolta, se penso che nel prossimo futuro la televisione, conoscendo i nostri gusti, ci dirà quali film vanno in onda per noi, oppure, la vaporiera ci dirà quali verdure mangiare perché particolarmente adatte al nostro organismo, mi chiedo se invece di essere sulla fantasmagorica strada del progresso, abbagliati dalle mirabilanti performance delle nostre super tecnologie, non stiamo invece percorrendo quella del regresso e dell’involuzione umana.
In particolare, mi chiedo se sia davvero necessario e sano, per il nostro vivere e convivere, delegare così tante funzioni e compiti a degli strumenti tecnologici o a terze persone. Insomma, non siamo in grado di pensare a noi stessi? Di fare le scelte più giuste per noi? Delegare costantemente al nostro smartphone o PC non è anche un modo pericoloso per deresponsabilizzarci, fare meno fatica e allenare sempre meno la nostra memoria e il nostro cervello? Prendiamo i numeri di telefono: da ragazzina sapevo a memoria tutti i numeri delle mie amiche, oggi, se perdo il cellulare, a malapena so quello del mio fidanzato. E se vogliamo sgarrare, dobbiamo sorbirci i vari «bip» e messaggi che ci sgridano perché con quel pezzo di cioccolata abbiamo superato le chilocalorie giornaliere consentite?
Basta guardarsi in giro o navigare in Rete, per scoprire come sia nel mondo digitale, sia in quello reale, siamo circondanti da un numero indefinito di personal trainer, personal coach, consulenti, applicazioni che ci dicono quanto e cosa mangiare, quante calorie bruciamo, quanti passi abbiamo fatto, quanti battiti cardiaci… Facciamo qualche esempio. Plant Nanny, è un’app gratuita che ricorda di bere durante il giorno. È una sorta di tamagotchi (terribile!): basta adottare una delle piantine animate proposte, darle un nome e ogni volta che si beve un bicchiere d’acqua lo si deve registrare. A quel punto la piantina cresce bene. Se, invece, ci si dimentica di bere, la piantina inizia ad appassire. Poi c’è l’app Noom coach, un diario alimentare che sprona a seguire una dieta volumetrica scegliendo quei cibi che hanno maggior volume in fibre e acqua e meno calorie, come frutta e verdura. Si deve creare un account inserendo i dati personali come ad esempio età, altezza, peso attuale e peso forma, stile di vita e intensità della dieta. In base agli obiettivi che si vogliono raggiungere l’app crea un limite di calorie da non superare. Anche qui, unico compito, ricordarsi di registrare tutto sul diario alimentare. Tra un po` inventeranno un’app che ci ricorderà pure cosa e quando dobbiamo registrare sulle altre app che utilizziamo.
Sarò uno spirito libero, e in questo antitecnologico, ma non potrei mai sopportare i costanti alert del mio smartphone che mi dicono come e cosa fare. Le mie azioni e i miei comportamenti, per quanto piccoli, sono mie scelte dettate dai miei stati d’animo, dalle mie emozioni, dalle mie idee, dalla visione che quel giorno ho di me stessa e della mia vita. E se voglio osservare uno stile di vita sano e attivo, bene, se invece quel giorno voglio strafogarmi con un gelato alla crema con doppia panna montata, bene lo stesso. E non ho bisogno di un’app o di un coach che mi dica se ho fatto la cosa più giusta, sta a me riconoscerlo, valutarlo e viverne le conseguenze.
Tornando all’esempio dei numeri di telefono: se una persona opta per una vita fatta di alert e di coach digitali e all’improvviso perde lo smartphone, il pc e il tablet, come fa a vivere? Siamo noi gli unici fautori e responsabili del nostro bene e del nostro vivere secondo libertà interiore e meravigliosa, imprevedibile, mutevole autenticità del nostro essere e sentire. Va bene semplificare, ottimizzare e risparmiare tempo ma, come diceva Sartre, «l’uomo condannato ad essere libero porta il peso del mondo tutto intero sulle spalle: egli è responsabile del mondo e di sé stesso in quanto modo d’essere». E nulla, nessuna tecnologia, potrà mai cambiarlo.
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