Molti lo cucinano bene ma con alcuni «accorgimenti d’autore» possiamo renderlo ancora più gustoso
Sono passati ben dodici anni da quando vi avevo proposto un articolo sul risotto perfetto: non posso negare che stravedo per questa ricetta. Però da allora il mondo è andato avanti, e oggi vi presento un decalogo aggiornato su come cucinare nel migliore dei modi questo piatto storico.
L’ingrediente più importante in assoluto è il brodo, mentre l’aggiunta del vino non è necessaria
1. Usate un buon riso Carnaroli: ce ne sono di altri adatti al risotto, ma nessuno è meglio del Carnaroli.
2. Il risotto si prepara in una casseruola di un materiale buon conduttore di calore. Quindi, in ordine, rame, poi acciaio e alluminio. Non ghisa, non terrecotte: trattengono troppo il calore, a fine cottura rischiano di stracuocere il riso. Sì al teflon invece: dato che tutti oramai cuciniamo con pochi grassi, il rischio che attacchi si annulla.
3. Un risotto si chiama così se il riso, a inizio cottura, è stato tostato. Quindi messo in una casseruola col fuoco al massimo senza null’altro aggiungere e cotto fino a quando toccandolo non brucia, mescolando. Se questo non si fa, quel piatto è un riso e non un risotto – magari altrettanto buono, sia chiaro, ma non un risotto. Quindi non tostatelo quando c’è la cipolla nella casseruola: questa brucerebbe, dando al risotto uno sgradevole retrogusto di bruciato. La cipolla cuocetela a parte, con poca acqua, senza grassi, e poi unitela dopo il primo mestolo di brodo.
4. Se però si usa un riso stagionato un anno, oggi così di moda, non bisogna tostarlo a inizio cottura: l’invecchiamento sostituisce la tostatura. Quindi si inizia a cuocerlo fin da subito con un po’ di brodo. Però quel piatto si chiamerà risotto e non riso: lo so, di primo acchito sembra un po’ ridicolo, ma non bisogna dimenticare che tutti questi pasticci semantici sono il sale di quel cangiante mondo che è la cucina…
5. In un risotto, l’ingrediente più importante in assoluto è il brodo. Che deve essere, in linea di massima, fatto con gli scarti degli ingredienti utilizzati nel risotto – salvo le solite eccezioni, che però sono pochissime. E deve essere ben concentrato. E utilizzato bollente.
6. L’aggiunta di vino è tradizionale: l’acido del vino serviva a smorzare il sapido dei grassi suini utilizzati. Oggi questi grassi non si usano più, perché allora mettere vino? Io non lo metto mai.
7. Si cuoce a fuoco medio basso, scoperto: il brodo che si aggiunge deve essere bollente. Il brodo si aggiunge mestolo dopo mestolo, ma unendo quello successivo solo dopo che quello precedente sarà stato assorbito del tutto dal riso. È più importante di quanto sembri. Mescolate non ininterrottamente, diciamo una girata ogni minuto.
8. Gli ingredienti vanno aggiunti al risotto in base al tempo residuo di cottura. Il mio consiglio è: cuoceteli tutti prima, separatamente a puntino e poi aggiungeteli all’ultimo momento, così si sbaglia meno. Soprattutto mettete all’ultimo momento le spezie, che sono tutte termolabili, cioè il calore le danneggia e ancor più soprattutto il sale, ché se ne mette sempre troppo.
9. Non usate grassi cotti: aggiungete i grassi a crudo solo alla fine, a fuoco spento. I grassi canonici sono il burro, l’olio di noce e di nocciole. Non il nostro amatissimo olio extravergine di oliva. In questo caso è (quasi) sempre intrusivo: ammazza gli altri sapori.
10. A fine cottura, dopo aver mantecato con un grasso, coprite con un coperchio e fate riposare il risotto nella pentola di cottura per 2 minuti. Le ragioni biochimiche di questo non le conosco, ma in questo modo i sapori si legano veramente nel modo migliore.