Marine candidata ideale di Putin e Trump

by Claudia

Francia – Emmanuel Macron rappresenta tutto quello che di contrario c’è al putinisimo e al trumpismo

Nei due report dell’Fbi e dell’Homeland security americana, pubblicati alla fine di dicembre dello scorso anno e all’inizio di quest’anno, l’intelligence americana metteva in guardia soprattutto l’Europa: non l’ha fatto soltanto con noi, la Russia è intenzionata a influenzare le elezioni chiave del Vecchio continente. Qualche giorno fa, poi, ecco tornare sui giornali Fancy Bear, il gruppo di hacker russo che sarebbe legato ai leak della campagna presidenziale della candidata democratica Hillary Clinton. Feike Hacquebord, ricercatore dell’azienda di cybersecurity Trend Micro, ha detto che per almeno due mesi gruppi riconducibili alla Russia, e già presenti nei database per via delle violazioni nel voto americano, avrebbero spiato e tentato di hackerare account personali e password della campagna di Emmanuel Macron, il candidato francese di En Marche! Secondo il capo della divisione digitale di Macron, Mounir Mahjoubi, non ci sono dubbi: la Russia vuole influenzare l’esito del ballottaggio per favorire una vittoria della candidata del Front National, Marine Le Pen. Come per le elezioni americane, però, Trend Micro ha sottolineato un dettaglio non trascurabile, e cioè che non è possibile risalire con esattezza al mandante di un attacco hacker, ma è altrettanto sicuro che il gruppo responsabile sia lo stesso che venne fuori grazie alle indagini dell’Fbi nelle settimane prima del voto americano.
Il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, ha commentato: «Tutte queste accuse ci ricordano quelle mosse da Washington recentemente, che sono a tutt’oggi non confermate, e quindi non gli abbiamo mai dato credito», aggiungendo poi che la Russia non avrebbe nessun problema se all’Eliseo salisse Emmanuel Macron. Ma in tutto questo gioco di accuse e smentite, di complotti e di propaganda, di leak e fake news, una cosa è certa: Marine Le Pen è la candidata naturale sia per Vladimir Putin sia per Donald Trump. C’è una prima affinità che è tutta legata all’ideologia: Le Pen è stata la prima a contestare le sanzioni economiche imposte dopo l’invasione della Crimea da parte della Russia e ad appoggiare il coinvolgimento militare russo al fianco della Siria. Quando la candidata del Front National è andata a Mosca, un mese e mezzo fa, Vladimir Putin ha ribadito che «la Russia non sta cercando di interferire nelle elezioni», pur avendo «il diritto di incontrare i rappresentanti di tutte le forze politiche nel Paese, come fanno i nostri partner».
All’inizio di aprile il sito francese Mediapart si era occupato con una lunga inchiesta dei rapporti anche economici tra il Front National di Le Pen e alcuni funzionari del Cremlino. Secondo la versione ufficiale, il partito di estrema destra francese, per finanziare la sua campagna, avrebbe accettato un prestito da nove milioni di euro da parte di una banca russa vicina a Putin, ma soltanto perché «nessuna banca francese» lo avrebbe fatto. Secondo l’inchiesta di Mediapart, poi integrata da alcune indiscrezioni del «Monde», il vero ammontare del prestito sarebbe stato di quaranta milioni di euro. Da tempo Putin sembra pronto a lavorare – finanziariamente ma anche grazie a una funzionante macchina di propaganda – per la destabilizzazione del sistema liberale che fa capo alle istituzioni dell’Unione europea e della Nato. In questo il capo del Cremlino è perfettamente in linea con il nuovo corso dell’Amministrazione Donald Trump. È anche sotto questo punto di vista che va letta la dichiarazione del ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, di qualche tempo fa: «Trump e Le Pen non sono populisti, ma realisti».
«Da un lato, l’elogio del candidato della destra francese Marine Le Pen da parte di Donald Trump non sorprende», ha scritto Dean Obeidallah sulla Cnn, «Le Pen, come Trump, ha portato avanti una campagna anti-immigrazione, anti-musulmana e retta sui temi tipici del suprematismo bianco. (Non è un caso che l’ex leader del Ku Klux Klan, David Duke, ha elogiato pubblicamente sia Le Pen sia Trump). D’altro canto si potrebbe pensare anche che Trump dovrebbe essere titubante a elogiare pubblicamente un candidato come Le Pen, una appassionata sostenitrice di Vladimir Putin», visto che – scrive Obeidallah – secondo il segretario di stato Rex Tillerson questo sarebbe il periodo più difficile nelle relazioni tra Washington e Mosca. Eppure Trump ha sempre avuto un atteggiamento piuttosto ambivalente nei riguardi del Cremlino, elogiando spesso la presidenza di Vladimir Putin, perfino dopo l’elezione alla Casa Bianca. «Formalmente Trump non ha fatto mai un endorsement pro Le Pen», prosegue Obeidallah, ma ha più volte usato Twitter per rendere note le sue preferenze, diciamo così: come quando dopo l’attacco terroristico del 21 aprile scorso sugli Champs Elysées, ha scritto sul social network che l’attentato avrebbe avuto un «forte impatto» sul voto presidenziale.
Del resto, Marine Le Pen è la rappresentante di un sistema più grande: i partiti della destra anti-establishment ed euroscettica che a fine gennaio si riunirono a Coblenza, in Germania, e che definirono la vittoria a Washington di Trump «una svolta epocale, segno che il tappo è saltato». Accanto a Marine Le Pen, durante la convention, c’erano l’olandese Geert Wilders, la tedesca Frauke Petri di Alternative für Deutschland, il leader della Lega italiana Matteo Salvini. Di fronte a un movimento transnazionale populista e antisistema di questo tipo, la candidatura di Emmanuel Macron, giovane liberale ed europeista, rappresenta tutto quello che di contrario c’è al putinismo e al trumpismo. È anche per questo che le elezioni francesi finora hanno mosso l’interesse di molti osservatori, non solo in Europa.
Ma la possibilità di una ennesima sconfitta dei populisti in Europa, dopo le elezioni olandesi e con la destra tedesca che cala nei consensi, rischia di mettere in discussione la reale presa di alcuni partiti euroscettici nel Vecchio Continente, come se la Brexit inglese fosse stata solo una problematica parentesi destinata a esaurirsi. Come hanno scritto Steven Erlanger e Alison Smale sul «New York Times», «per il momento, i partiti e le personalità che hanno alimentato il populismo di estrema destra non si sono cristallizzati completamente in una elezione. Eppure le questioni che hanno animato quegli stessi movimenti – le economie che rallentano, la mancanza di posti di lavoro, l’immigrazione – restano lì, e la destra ha già spostato il terreno politico in quella direzione».

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