L’ala newyorkese del trumpismo

Ivanka Trump sta leggendo una biografia di Eleonor Roosevelt: è questa mitica first lady il modello di donna alla Casa Bianca cui vorrebbe rifarsi, lei che non è moglie ma è figlia, lei che ha cercato tutta la vita di costruirsi una carriera a sé, Trump sì, ma soprattutto Ivanka, e che ora ha deciso di gettarsi nell’impresa più difficile che c’è: tenere a bada il papà, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump. «Sto imparando, sto imparando», ripete Ivanka con quel suo sorriso dietro cui nasconde timori e aspettative, mentre la scorsa settimana è uscito il suo ultimo libro, Women at work, ed è già polemica su questa donna ricca e bella che chissà cosa saprà mai delle donne che lavorano. Il ruolo delle donne, il congedo di maternità, la parità dei salari sono il mantra con cui Ivanka è entrata alla Casa Bianca ed è già conosciuta al Congresso – ironia della sorte: assomiglia tanto a Hillary, quando parla – ma ora il suo mandato è sempre più ampio, ha un ufficio tutto suo di fianco al padre, interviene, organizza incontri con cadenza precisa assieme ai ministri dell’Amministrazione, e quando vuole parlare con il padre dice: «Lasciateci soli dieci minuti». È in quelle piccole conversazioni famigliari che succedono molte cose, si racconta, è lì che Ivanka si lascia andare anche alle emozioni, leva la maschera dell’imperturbabilità, ed è solo una figlia che dà un consiglio a un padre.
Se non fosse che questi primi cento giorni trumpiani sono stati una montagna russa permanente, su e giù per le strade del protezionismo, dell’interventismo, del disfattismo, del populismo, avanti e indietro, con clamorose fratture e altrettanto clamorose batoste, la storia del padre e della figlia sarebbe bella da decifrare, e raccontare. I due sono legatissimi da sempre: quando Donald divorziò dalla mamma Ivana, nel divorzio bling bling che tenne banco sui tabloid per mesi all’inizio degli anni Novanta, dei tre fratelli soltanto lei rimase in contatto e vicino al padre. I giornalisti la assediavano, la madre trascorreva il tempo dall’analista, e Ivanka trovava il tempo per passare a salutare il padre, per andare via con lui, per coltivare il loro rapporto, e provare intanto a ritagliarsi un ruolo tutto suo, anche se con quel cognome non le è mai stato del tutto possibile.
Modella e imprenditrice, sempre nel nome di Trump, Ivanka ha iniziato la sua attività pro donne andando al lavoro a un mese dal parto, e pretendendo che quella fosse la regola per tutti: non so cosa sia il congedo maternità, disse a una dipendente che naturalmente non ha perso occasione per ricordarlo anche di recente. Poi la vita newyorkese, la famiglia, i molti contatti bipartisan, anzi liberalissimi, hanno modificato priorità e ambizioni, hanno fatto diventare le battaglie femminili il cuore del trumpismo formato «first daughter», così oggi quella ragazza che ha faticato molto per restare in piedi di fianco a un padre così dirompente si è ritrovata con il compito più importante, e difficile: tenere in piedi papà.
Lei e il suo potente marito Jared Kushner, che si è buttato sulla politica estera vedendo lacune enormi nello staff del suocero, vengono chiamati, non senza disprezzo, i «newyorchesi» dall’ala più destrorsa e populista della Casa Bianca. Sono loro che introducono elementi di politicamente corretto nel caos scorrettissimo del trumpismo; sono loro che tracciano linee rosse che Trump rispetta – quella contro Assad e l’utilizzo delle armi chimiche contro il popolo siriano per esempio: Ivanka ha visto le foto dei bambini con la schiuma alla bocca, ha telefonato all’ambasciatrice all’Onu Haley, ha chiesto «che cosa si può fare?» e poi è andata dal padre; sono loro che cercano di rendere presidenziabile un uomo tutto istinto e reazioni improvvise. La linea di frattura passa di fianco a Ivanka, che fa finta di ignorarla perché non ne può più dei racconti sulla litigiosità di questa Casa Bianca, vorrebbe che si dicesse tutto il contrario, che c’è ragionevolezza e riflessione, che c’è molto di Ivanka dentro a Donald insomma.
Ma la storia della figlia e del padre, fatta di grande amore e di grande rispetto, è ancora ferma agli aneddoti. Ivanka che diventa rossa di rabbia quando, durante la campagna elettorale, sente l’audio dei «commenti da spogliatoio» del padre, ed è l’unica volta in cui ha quasi pianto davanti a tutti – e ha ottenuto che il padre si scusasse, pubblicamente. E poi ancora Ivanka che non ha più tempo di farsi i massaggi perché è sempre di corsa, e tutta la rete ride e s’indigna per questa donna dai mille privilegi che sembra Maria Antonietta. Nell’era del trumpismo l’equilibrio ancora non si intravede.

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