L’affascinante Atlante Internazionale delle Nubi (pubblicato per la prima volta nel 1896) è ora disponibile anche online
Erano osservate e studiate già nell’antichità; ne parlano Talete e Lucrezio, e già Aristotele le inserisce nel suo trattato di meteorologia per il ruolo che rivestono nel ciclo dell’acqua. Nel ’500 Leonardo da Vinci nel suo Trattato sulla pittura è interessato a come la loro posizione possa determinare luci e ombre, ma da scienziato non rinuncia a formulare anche delle ipotesi sulla loro formazione: «Le nuvole – si legge – sono nebbie tirate in alto dal caldo del sole, e la loro elevazione dove il loro acquistato peso si fa di potenza eguale al suo motore». Ipotesi che precedono nel XVII secolo quelle di Cartesio nel suo Trattato sulle meteore, prima di arrivare a una vera e propria scienza delle nuvole con la pubblicazione nel 1803 di un trattato delle nuvole (Essay on the Modifications of Clouds) del meteorologo britannico Luke Howard, il primo che le classificò in quattro tipologie, in base alla forma, distinguendo fra cirri, cumuli, nembi e strati: un sistema internazionale fondato su termini latini utilizzato ancora oggi. Il sistema si è perfezionato, includendo definizioni dettagliate che descrivono le nuvole in base alla loro struttura interna, alla posizione, all’apparenza e alla trasparenza. Come per piante e animali si suddividono in generi, specie e varietà, fino a un centinaio di combinazioni possibili.
E proprio in Gran Bretagna ha sede l’associazione degli amatori delle nuvole, The Cloud Appreciation Society, che conta oltre 43mila membri, poco più di 300 in Svizzera, nata – come si legge nel manifesto – per combattere la banalità del «pensiero del cielo azzurro» («the blue-sky thinking»). Sono stati proprio alcuni appassionati «cloudspotter» ad aver osservato nello Iowa alle Cedar Rapids nel 2006 una nuvola spettacolare, descritta come un tappeto di onde, anzi «un mare in tempesta visto dal basso» e inserita nel nuovo atlante con il nome di Asperitas.
L’Atlante, di cui la prima versione risale al 1896, è tuttora l’opera di riferimento per l’identificazione delle nuvole, sia per gli amatori, sia per i meteorologi. Quella appena pubblicata rappresenta uno strumento rivoluzionario: rispetto all’ultimo aggiornamento del 1987 ancora cartaceo, è completamente digitale; un portale web che contiene fotografie, definizioni, spiegazioni facilmente accessibili e leggibili, anche ai non professionisti che potranno attingere per la prima volta a tutte le tipologie di misurazioni, da terra e nello spazio. Uno strumento indispensabile insomma per capire le nuvole, che come è stato sottolineato in un recente convegno, restano fondamentali non soltanto per sviluppare le previsioni meteo, ma anche per capire le sorti del nostro pianeta, dallo stato delle risorse idriche al clima «e soprattutto ci aiuteranno a salvarlo».
Un segno dei tempi e dei grandi mutamenti in atto provocati dall’attività umana è l’inserimento di nuove nuvole speciali, classificate in base ai fattori che le generano: fra queste le «homomutatus» e le «homogenitus», come quelle che si formano dalle ciminiere o dalla scia degli aerei, o le «falmmagenitus», le nuvole generate da incendi o eruzioni vulcaniche. Fra le aggiunte più importanti figura il volutus, una nuova specie che indica quelle nubi basse e orizzontali a forma di tubo o rotolo staccate da altre. Poi ci sono le nuove caratteristiche aggiuntive; oltre all’asperitas, il fluctus, altrettanto spettacolare perché conferisce alla nuvola la forma esatta di un’onda, di cavalloni marini che si rincorrono in cielo.
Ma poco importa imparare a memoria la classificazione, le dimensioni e i nomi delle famiglie di nuvole per percepirne la bellezza, che è la più cangiante e poetica espressione della natura, in grado di farci sentire parte integrante del cielo, secondo le parole dell’intraprendente fondatore della Cloud Appreciation Society, che ritiene l’osservazione delle nuvole un vero e proprio balsamo per l’anima. Se la loro evanescente e cangiante bellezza ha attratto molti pittori, da Turner a Monet, la loro conformazione induce a descrizioni più letterarie che scientifiche anche i ricercatori; le nuvole insomma stimolano l’immaginazione oltre la piatta definizione meteorologica che parla di «idrometeora composta di minuscole particelle d’acqua o di ghiaccio sospese nell’atmosfera», fino ai 7mila metri di altitudine. I cirri – si legge nell’atlante – hanno un’apparenza fibrosa come capelli o possiedono la lucentezza della seta o entrambi. I cumuli si sviluppano in verticale formando ammassi, cupole o torri che spesso finiscono nella parte più alta in un rigonfiamento a forma di cavolfiore. Ci sono poi gli spessi nembostrati, nuvole portatrici di pioggia o neve, capaci di oscurare il sole. Perché come ha scritto Fabrizio De André, le nuvole «vengono, vanno, ritornano e magari si fermano tanti giorni che non vedi più il sole e le stelle e ti sembra di non conoscere più il posto dove stai».
Link utili
www.cloudappreciationsociety.org
www.wmocloudatlas.org/home.html