L’orto sinergico

Emilia Hazelip ci ha lasciati nel 2003 a soli 66 anni. Agricoltrice attenta e studiosa, ha elaborato una concezione di coltivazione dell’orto che si basa su concetti vecchi di centinaia di anni ma spesso dimenticati. Nata a Barcellona nel 1937, la Hazelip ha legato il suo lavoro al libro La rivoluzione del filo di paglia di Masanobu Fukuoka e ai suoi metodi naturali (permacultura), facendo propri i concetti, ma adattandoli al contesto mediterraneo.
Nasce così l’agricoltura sinergica, in cui si sviluppa una stretta cooperazione fra la terra, la pianta e l’uomo.
L’agricoltura classica prevede la creazione di orti a parcelle dalle forme regolari («imposizione» derivante dai romani che utilizzavano forme strutturate sia per edificare nuove città, sia per creare gli orti degli accampamenti). Inoltre prevede un’aratura o vangatura annuale e il reintegro delle sostanze nutritive mediante concimazione.
Nell’orto sinergico tutto questo viene stravolto sintetizzando la coltivazione in quattro principi fondamentali: nessuna lavorazione del suolo, nessun apporto di fertilizzanti, nessun trattamento di sintesi e nessun compattamento del suolo.
Si parte dalla scelta del luogo adatto che dev’essere il più soleggiato possibile per fare in modo che avvenga nelle migliori condizioni sia la fotosintesi sia di conseguenza lo sviluppo delle piante. Si procede poi con la creazione di bancali, ossia letti di semina o aiuole di coltivazione distanti 50 centimetri l’uno dall’altro. Ogni bancale avrà una forma trapezoidale, con una larghezza alla base del terreno di 120 centimetri, 80 centimetri alla sommità e sarà alto dai 40 ai 50 centimetri per evitare che venga calpestato. In fase di allestimento si aumenta l’altezza delle aiuole con la terra di riporto, il compost o il letame maturo (e solo in quest’ultimo caso verrà introdotto del concime).
Lasciando spazio alla fantasia, i letti di semina, lunghi quanto si desidera, possono assumere forme simili a cerchi concentrici o a spirali.
Per l’irrigazione è bene affidarsi a un delicato metodo goccia a goccia, anche artigianale. Si può, ad esempio, stendere un tubo di gomma, forato ogni 10 centimetri, sopra a ogni bancale. I vari tubi, collegati tra loro e a un serbatoio rialzato, garantiranno acqua a tutte le piantine.
Ottenuti aiuole e impianto d’irrigazione, si procederà coprendo tutta la superficie dell’orto con una pacciamatura naturale con lo scopo di mantenere l’umidità del suolo e proteggerlo dai raggi diretti del sole. Per coprire l’orto la prima volta, l’ideale è procurarsi una balla di fieno o di paglia, che dovrà essere inumidita e, in seguito, accuratamente distribuita sulla superficie; a quel punto si potranno utilizzare scarti vegetali o malerbe per coprire il terreno. L’idea di utilizzare un pacciame naturale ha avuto origine dall’osservazione di foreste e boschi, dove il suolo è costantemente ricoperto da uno strato di foglie secche e altri residui vegetali, al di sotto del quale si trova un terreno soffice, scuro e ricco di humus.
Contrariamente all’agricoltura tradizionale, in cui si utilizza un telo di plastica nero quale protezione, coprendo le piantine con il pacciame si otterrà un orto inospitale per le infestanti e soprattutto un suolo ricco di humus.
Anche le piante infestanti avranno un diverso trattamento. Non verranno strappate e gettate nella compostiera, ma avranno un ruolo importante e dunque verranno tagliate all’altezza del terreno. Lasciando le radici nel suolo, infatti, lo arieggeranno e lo sminuzzeranno, così che la parte aerea depositata sul terreno si decomporrà in maniera naturale apportando elementi nutritivi fondamentali.
Nel caso in cui si decida di abbracciare i principi dell’agricoltura sinergica, consiglio di cominciare con la coltivazione di ortaggi a crescita rapida, come ravanelli o insalate, e passare poi solo in un secondo secondo tempo (l’anno successivo) a integrare pomodori, cetrioli, melanzane, fagiolini e patate. L’orto sinergico può avvalersi anche di una stretta collaborazione con animali utili per limitare e contenere i danni di lumache, bruchi, talpe e topi che possono depredare l’orto. Per poterne approfittare, si potrebbe, ad esempio, attirare rospi nell’orto creando piccole zone umide; i ricci, invece, nidificheranno se avranno a disposizione una piccola legnaia coperta; pure i pipistrelli possono essere attratti, semplicemente ricordando che gradiscono le cassette appese agli alberi.
Per concludere, come si è cercato di dimostrare, tutti i metodi biologici sono ben accetti all’interno di questo tipo di agricoltura.

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