Non solo un libro ma anche una guida

Dopo aver letto (e recensito per questa rubrica) Al giardino non l’ho mai detto, un libro-diario dove il tema della morte era connesso al giardino, avrei voluto veramente conoscere e incontrare Pia Pera, tante e tanto ricche sono state le suggestioni che la lettura mi aveva ispirato, ma purtroppo l’autrice è venuta a mancare subito dopo, a causa della Sla, malattia che era stata anche la spinta a scrivere quell’ultimo, struggente libro. 
Il giardino che vorrei, testo di cui mi appresto a parlare oggi, è sorretto da un’altra vitalità, visto che l’ombra della malattia non aveva ancora oscurato gli orizzonti di una scrittrice in grado di parlare di verde e piante come pochi altri. Sgomberiamo il tavolo da un equivoco: questa lettura non è tutta suggestioni e riflessioni romantiche: qui ci sono principalmente consigli concreti. Ben venga quindi chi vuole usare il testo per fini pratici, come una guida, anche se non mancano parti descrittivo-poetiche che soddisferanno anche un altro tipo di lettore. 
Pia Pera sottolinea sin da subito che il percorso non è semplice, che va vagliato con calma per evitare sbagli che potrebbero risultare quasi irreversibili; lei stessa ammette che, pur amando il suo giardino, tornando indietro avrebbe cambiato questa cosa o quell’altra. La perfezione non è di questo mondo, ma attenzione a non cadere nel re di tutti gli errori: partire da un modello preconcetto e pensare di poterlo applicare ovunque. La prima domanda da porsi riguarda proprio il «dove»: mare o città? Montagna, collina o pianura? 
Il mare, ad esempio, offre spesso paesaggi di abuso edilizio, per cui occorre pensare a come separare il proprio angolo di paradiso da quello squallore. Nelle località marine il vento è spesso implacabile, inutile cercare di affrontarlo di petto, «meglio contrastarlo (spiega la scrittrice) con astuzia, proprio come nello judo: indebolirlo, disorientarlo, spezzarlo». La pianura è come un foglio bianco, muto, non ha in sé l’allegria della collina e della montagna; «parla, quando va bene, il linguaggio dell’assolutismo più o meno illuminato, è suscettibile alle seduzioni di geometria e simmetria». Bisogna stare attenti, qui, a non cadere nella tentazione di linee troppo nette, di rime semplici e baciate «che non sempre fanno poesia e si fermano alla filastrocca».
L’ideale è giocare con i colori e con il paesaggio intorno, cercare nella sfumatura il senso del giardino; creare come una nebbiolina, in cui le rette si addolciscano e acquisiscano profondità. Però serve anche un’ossatura, una sorta di muro portante che può essere un albero, un muraglione di alloro, qualcosa che dia struttura alla danza cromatica. La montagna va bene per chi non ama stare troppo appresso al suo giardino e alle sue piante, che saranno indipendenti come gatti; anche qui, però, attenzione alla scelta dei fiori, non tutti attecchiscono ovunque. 
La seconda domanda alla quale dobbiamo rispondere è quando: d’inverno avremo esigenza di sole, d’estate d’ombra. Meglio quindi prevedere spazi adeguati rispetto alle stagioni, piantando per esempio piante con foglie spesse, larghe, di colore verde carico, per adombrare il nostro dondolo o la nostra sedia preferita, dove potremo immergerci in letture meravigliose al riparo dai penetranti raggi solari. Sempre per smorzare la canicola, meglio uno stagno che una piscina: la manutenzione sarà più difficile, ma con gli accorgimenti di Pia Pera costruiremo un angolo di paradiso per noi e per animali e piante. 
Secondo la scrittrice, un giardino senza orto è monco: piantiamo, quindi, senza remora alcuna insalate, pomodori, piante di zucchine e peperoni. Non solo ci delizieremo il palato con prodotti biologici, ma capiremo che forse il legame fra bellezza e bontà, se non è assoluto, quando avviene ha certamente qualcosa di miracoloso.

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