Reportage - Un viaggio alla scoperta di questa repubblica dell’Asia centrale
Kazakhstan: il nome evoca uno Stato lontano, fortunatamente sconosciuto per motivi di cronaca e turisticamente poco noto.
La sua estensione, pari a 2,7 milioni di chilometri quadrati, lo colloca al nono posto tra i Paesi più vasti al mondo: la popolazione è di circa 18 milioni, con una densità abitativa di soli 6,6 abitanti per chilometro quadrato; è inoltre il più grande Stato del mondo a non aver accesso al mare, in quanto il Mar Caspio è considerato un lago. Ha dichiarato l’indipendenza dalla Russia nel 1991, entrando a far parte della Comunità degli Stati Indipendenti e adottando successivamente la nuova bandiera nazionale, di colore celeste, con il sole e un’aquila della steppa al centro.
Tutto ha avuto inizio con la visita del padiglione del Kazakhstan a Milano in occasione di Expo 2015: un’affascinate presentazione del Paese e un filmato in 3D che ha consentito di ammirare virtualmente le sue meraviglie naturali e architettoniche sono stati il motore propulsore per l’organizzazione di questo viaggio, resa possibile grazie alla conoscenza della lingua russa.
Roma-Almaty via Istanbul: 5000 km, 6 fusi orari, atterriamo quando è ancora notte.
Almaty è stata capitale fino al 1997; il suo nome deriva dal kazako Alma-Ata, «il padre della mela». Si è accertato, infatti, che questa regione è la patria della progenitrice di tutte le specie di mele attualmente esistenti. Seppur non più centro amministrativo del Kazakhstan, Almaty rimane sempre la città più grande e rappresenta il maggior centro economico e finanziario del Paese. Qui, al Museo Centrale di Stato, è esposta una copia dell’«Uomo d’Oro»: in occasione di una campagna kazaka di ricerca archeologica condotta alla fine degli anni Sessanta in una località ad alcune decine di chilometri dalla città, fu rinvenuto un tumulo con all’interno uno scheletro e un ricco corredo funebre, tra cui più di 4mila ornamenti realizzati con foglie d’oro, un tempo cuciti su un vestito, su calzature e su un copricapo alto 70 cm. Si ritiene che il costume appartenesse a un principe (o a una principessa secondo altre fonti) saka del V secolo a. C.
Per osservare Almaty dall’alto e ammirare (nubi permettendo!) le vette dei Monti Alatau, di 4000-4600 m (con il Pik Talgar che raggiunge la ragguardevole altezza di 4979 m) che racchiudono la città a sud è possibile farlo dalla collina di Kok-Tobe, raggiungibile anche con una cabinovia. Sempre in zona, appena «fuori porta» si trova il Charyn Canyon, situato nell’omonimo Parco e considerato il «fratello minore» del Grand Canyon degli Stati Uniti. Ma si trova pure il recondito sito, incluso nei Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO, di Tanbaly. In questo museo a cielo aperto vi sono ben 5mila incisioni rupestri per lo più risalenti all’Età del Bronzo: sono raffigurati animali (tra cui l’uro, antenato degli attuali bovini e tuttora presente nello stemma del Cantone Uri), cacciatori, scene sacrificali, partorienti, danzatori e particolari divinità con la testa a forma di sole. Per raggiungere questo luogo si percorrono decine di chilometri in mezzo al «nulla»: aree completamente disabitate, immense distese in cui si vedono solo mandrie di cavalli allo stato brado e greggi di pecore al pascolo in praterie che si estendono a perdita d’occhio.
A proposito: i primi cavalli furono addomesticati proprio in Kazakhstan 5500 anni or sono e solo 2000 anni dopo in Europa. La vita nomade era ed è inconcepibile senza i cavalli; in Kazakhstan viene utilizzato anche in numerosi giochi nazionali e per la caccia con l’ausilio di rapaci, tra cui l’aquila.
In questo Paese, oltre al leopardo delle nevi, gode di particolare tutela il cavallo di Przewalski (dal nome del colonnello ed esploratore russo suo scopritore a fine 1800), noto anche come pony della Mongolia. Dichiarato estinto alla fine degli anni Sessanta si è riusciti nel corso dei decenni successivi a portare positivamente a termine un programma di ripopolamento grazie agli esemplari presenti in alcuni zoo.
Notevole anche l’escursione alla vicina Shymbulak, importante stazione sciistica i cui impianti consentono di raggiungere un passo a 3200 m; in tale località vi sono numerose villette «finlandesi» e una lussuosa villa completamente in legno, seminascosta da altissime conifere: appartiene al presidente kazako Nursultan Nazarbaev, il quale da 27 anni guida le sorti di questo straordinario Paese, potenzialmente ricco e che galleggia su un mare di idrocarburi.
Dopo un volo interno verso ovest, raggiungiamo, sorvolando la lunga catena innevata dei Monti Alatau, la città di Shymkent, punto di partenza per visitare nei giorni successivi Taraz e Turkestan. Furono tre città carovaniere ubicate lungo la celeberrima Via della Seta. Taraz ha una travagliata storia alle spalle e vari nomi prima dell’attuale; venne per la prima volta menzionata in fonti scritte nell’anno 400, fu nei secoli successivi sotto il regno della dinastia samanide e diventò poi capitale del khanato kharakanide, raggiungendo la maggiore prosperità. Nel XIII secolo fu rasa al suolo dalle armate mongole di Gengis Khan e per la sua ricostruzione furono necessari sei secoli. Delle antiche vestigia non rimane purtroppo più nulla.
Il museo storico-etnografico della città ospita anche una collezione di balbal, menhir antropomorfi databili tra il VI ed il IX secolo rinvenuti nelle steppe, lasciati in numerosi siti sacri dai primi turchi nomadi, raffiguranti i volti di famosi condottieri e guerrieri.
Prima con il nome Shavgar, poi Yasy, infine Turkestan: tra il XVI ed il XVIII secolo fu capitale del khanato kazako. Qui vale sicuramente la visita l’imponente mausoleo del grande maestro sufi Ahmed Yasawi, fatto erigere da Tamerlano alla fine del XIV secolo, oggi patrimonio dell’umanità dell’UNESCO e tuttora importante sito musulmano di pellegrinaggio. Per la sua edificazione, le maestranze persiane adottarono un insieme di innovative soluzioni architettoniche che furono utilizzate per costruire Samarcanda, capitale dell’impero timuride. Le magnifiche cupole color turchese ci hanno infatti fatto rivivere le emozionanti sensazioni del precedente viaggio in Uzbekistan.
Voliamo quindi ancora più ad ovest per raggiungere Aktau, sul Mar Caspio, principale città della remota regione del Mangystau e dalla quale si estende una vastissima area desertica, con necropoli antichissime e moschee sotterranee o nella roccia, utilizzate all’epoca come eremi dagli asceti sufi. Una diramazione della Via della Seta passava anche da qui ed è una zona archeologicamente poco conosciuta, infatti la sua esplorazione ha avuto inizio solo recentemente. Ad Aktau la maggior parte delle vie non ha nome e, quando presente, non viene comunque utilizzato per indicare l’indirizzo; la città è quindi suddivisa in microdistretti e gli indirizzi assomigliano a dei numeri telefonici: ad esempio 5-39-15 sta ad indicare che 5 è il microdistretto, 39 l’edificio e 15 l’appartamento.
Raggiungere la moschea nella roccia di Beket-Ata, un maestro sufi vissuto tra il XVIII ed il XIX secolo, situata a circa 300 km dalla città, è un’avventura, tanto più se si compie l’escursione in taxi in una giornata di pioggia come abbiamo fatto noi: abbandonata la strada «principale» si percorre per decine e decine di chilometri una pista sterrata in mezzo al deserto, dopodiché occorre scendere a piedi per circa un chilometro fino a raggiungere questo importante luogo di pellegrinaggio.
Nei due giorni seguenti, con un fuoristrada Hummer (indispensabile anche per guadare un torrente che si era formato a causa delle forti piogge) abbiamo raggiunto il monumento naturale nazionale Sherkala, somigliante a una yurta, nonché la straordinaria moschea nella roccia di Shakpak-Ata, costruita tra il IX ed il X secolo in onore del maestro sufi che visse qui durante le invasioni nemiche curando molte persone con la magia (il malato veniva lasciato nella grotta una notte, nel corso della quale sarebbe sceso uno spirito benevolo allontanando la malattia). Tuttora le persone si recano qui con la medesima speranza di guarigione.
Compiamo quindi l’ultimo volo interno in direzione nord-est per raggiungere Astana, sorta nel mezzo della steppa e capitale da circa un ventennio per volere del presidente kazako, essendo Almaty troppo a sud, in area ad elevato rischio sismico e senza particolari possibilità di espansione territoriale. Sorta come fortezza nel 1800, Astana si presenta oggi come una città dagli avveniristici grattacieli, multietnica e in rapida espansione, e nei tre mesi estivi ospita l’edizione di Expo 2017, dedicata all’energia del futuro.
Il Kazakhstan è presente anche in Ticino con Timur Azimov, già campione della squadra di hockey su ghiaccio dell’Ambrì, il quale sta realizzando nel complesso immobiliare dell’ex sanatorio di Piotta una scuola accademica per giovani sportivi praticanti per lo più hockey o pattinaggio artistico.