Michele Emiliano, l’anti-Renzi

by Claudia

Figurine d’Italia – Il governatore della Puglia e la sua politica che procede a zig zag

Nonostante la supponenza, direttamente proporzionale alla stazza, nelle ultime settimane Michele Emiliano ha accettato il ruolo di megafono della dissidenza Pd. Ha cioè dato voce ai pensieri reconditi di Francheschini, di Orlando e di tutta la minoranza che valuterebbe la caduta di Renzi come la prova più evidente dell’esistenza di Dio. Dunque, dalla sua cattedra di presidente della regione Puglia, un incarico per lui più onorifico che concreto, Emiliano si è espresso a favore di Gentiloni presidente del Consiglio anche dopo le elezioni della prossima primavera. Ipotesi assai plausibile perché la quasi certa mancanza di un vincitore assoluto farà sì che il governo rimanga in carica per l’ordinaria amministrazione fino alla nuova tornata elettorale o fino a un accordo interpartitico, dal quale scaturisca un’impensabile maggioranza. Ma Emiliano nel suo vaticinio non pensava ad alcuna delle due possibilità: è per Gentiloni premier a prescindere, come avrebbe detto Totò, alla faccia dei numeri e dei rapporti di forza. Per lui ciò che conta è differenziarsi da Renzi, inseguire quell’investitura a leader finora cocciutamente negatagli dai tanti critici e dai pochi estimatori.
E dire che pur di riuscirci non ha badato a giravolte e musate. Si era proposto come leader del neo Movimento progressisti democratici, ma dimenticò di presentarsi la mattina della scissione; si era dipinto quale alternativa morale a Renzi, oltre che l’unico in grado di evitare ulteriori scissioni nel Pd, tranne poi abbracciarlo e ricordare di esser stato un renziano della prima ora. Ha contraddetto la linea del suo partito aprendo tutte le porte al Movimento 5 Stelle, che con poco garbo gliele ha sbattute in faccia; ha coccolato la piccola area contestatrice del gasdotto Tap incaricato di portare in Puglia il metano proveniente dalla Turchia e invocato dalla gran parte dei pugliesi per gli enormi benefici economici.
Emiliano ama atteggiarsi a grande fustigatore della scena pubblica, però non accetta di essere sottoposto ad alcun giudizio. Con l’antica tracotanza della sinistra trinariciuta si considera legittimato a rilasciare patenti, tuttavia non riconosce eguale diritto agli altri nei suoi confronti. Neppure all’organo di autogoverno dei magistrati, il Csm, che gli ha contestato una doppia infrazione: prima essersi iscritto a un partito senza dimettersi dalla magistratura, in seguito aver addirittura partecipato alla competizione interna. Sostiene che sia più che normale fare politica conservando nell’armadio la toga da riutilizzare in caso di bocciatura elettorale.
D’altronde, l’intreccio tra le due carriere è stato fondamentale per Emiliano. La notorietà pubblica, infatti, gli arrivò nel 1999 con l’inchiesta sulla missione Arcobaleno predisposta dal governo D’Alema per soccorrere i profughi albanesi in fuga dal Kosovo. Vennero accertati ruberie, corruzioni, violenze. Volarono un po’ di stracci con il rinvio a giudizio di 19 imputati, tra i quali alcuni dalemiani di rango, ma con tempi e modalità tali da far scattare nel 2012 la prescrizione. Andò, quindi, bene a tutti; a Emiliano ancora meglio: le regole dell’epoca, oggi cancellate, gli consentirono di rivestire cariche di amministratore pubblico nelle terre, dove aveva indagato e dentro il partito, su cui aveva indagato. In un decennio è stato sindaco di Bari, segretario cittadino, presidente della regione.
In questi ruoli Emiliano si è sempre schierato a sostegno del segretario di turno, da Fassino a Veltroni, da Bersani a Renzi, con lo scopo evidente d’ingrandire il proprio spazio. La bonaccia con Renzi è stata frantumata dal referendum sulla durata delle trivellazioni in mare. Emiliano l’ha promosso e sostenuto accusando reiteratamente il governo di aver introdotto la norma in questione per favorire le aziende petrolifere. Renzi ha controbattuto accusando il governatore di aver promosso il referendum solo a fini personali. Malgrado Emiliano l’avesse trasformato nella crociata del Bene contro il Male, con lui massimo sacerdote del primo, soltanto il 32% andò a votare (85,85% dei votanti favorevole all’abrogazione). Di conseguenza referendum nullo per mancato raggiungimento del quorum.
Eppure, perfino su questi temi ambientali Emiliano ha effettuato bruschi cambi di rotta: il Salento è divenuto teatro di accese polemiche per le lungaggini contro l’abolizione degli scarichi a mari, che avevano rappresentato uno dei suoi cavalli di battaglia nella campagna elettorale delle elezioni regionali.
Per Emiliano non esistono linee rette, bensì linee a zig zag da adattare al bisogno del momento. Nel rinnovare il contratto di consulenza alla propria compagna ha spiegato che sarebbe stato assurdo privare la Puglia di una così rilevante risorsa professionale sol perché ha una relazione con lui. Si dichiara pronto a mettere la propria considerevole stazza a difesa dei 250 ulivi, che l’arrivo del Tap costringerà a un momentaneo trasferimento, tuttavia in passato non ha mosso un dito né pronunciato una parola in difesa delle migliaia di ulivi sacrificati dall’allora presidente della regione Vendola alle smanie per le pale eoliche.
Si è vantato di essere il sindaco più amato d’Italia. Nella biografia è scritto che durante il servizio da magistrato ad Agrigento ha incontrato Falcone e Livatino, circostanza che s’immagina essere capitata a migliaia e migliaia d’italiani. Ritiene che soltanto i brutti, sporchi e cattivi possano votare per Renzi, mentre gli eletti, le persone perbene non possano che affidarsi a lui. A commento delle sue esternazioni più recenti, su twitter è apparso l’augurio che il Csm scelga per Emiliano il posto dove arrechi meno danni.