Gian Domenico Cassini fu uno scienziato eclettico. Matematico e astronomo, diede il suo contributo più importante nell’osservazione di Giove e di Saturno, e scoprì ben quattro nuove lune orbitanti attorno a quest’ultimo. Svolse un ruolo chiave nella scoperta (attribuita a Rømer) secondo cui la luce si propaga a velocità finita, scoperta che segnò l’inizio di una serie di sviluppi centrali per la storia della fisica. Ma la sua attività toccò anche i campi dell’ingegneria civile e idraulica (si dedicò allo studio di sistemi di arginamento del fiume Po), della topografia, e perfino della biologia.
Altrettanto vasta, se è lecito fare un paragone a più di tre secoli di distanza, è la portata scientifica della missione spaziale Cassini, giunta al termine lo scorso 15 settembre, il cui scopo principale è stato, non a caso, lo studio del sistema di Saturno.
La sonda, frutto di una collaborazione tra NASA, ESA e ASI (l’Agenzia Spaziale Italiana), era stata lanciata nello spazio vent’anni fa, e ne ha trascorsi tredici nell’orbita del pianeta.
La missione ha portato a un arricchimento senza precedenti della nostra conoscenza di Saturno. Ad avere lasciato il segno più di ogni altra cosa è stata forse l’osservazione delle sue lune: prima di tutto di Titano, su cui nel 2005 atterrò il lander Huygens (chiamato così in onore dello scienziato che per primo osservò questa luna), una sonda secondaria sganciata dalla struttura principale di Cassini.
Era già noto da tempo che Titano avesse un’atmosfera densa come nessun’altra luna nel sistema solare; era dunque oggetto di particolare interesse, ma solo un’osservazione ravvicinata avrebbe permesso di penetrarne la coltre gassosa. E così, grazie alle rilevazioni compiute dalla sonda Huygens durante la sua discesa, come pure ad un monitoraggio radar da parte di Cassini nel corso di numerose orbite attorno a Titano, si sono potute delineare le caratteristiche di questo corpo celeste. Ne è emerso un mondo affascinante e complesso, formato da fiumi e laghi con coste rocciose, e con una meteorologia che si avvicina a quella terrestre. Ma su Titano non è acqua quella che compone la pioggia e che forma i laghi, bensì metano allo stato liquido. Si tratta di un ambiente unico e dal carattere quasi fantascientifico, probabilmente senza vita (le temperature sono estremamente basse) ma ricco di molecole organiche ed in parte analogo alla Terra primordiale.
La missione Cassini è però anche riuscita a cogliere l’inaspettato: nel 2005, durante un sorvolo della luna Encelado, un corpo celeste interamente ricoperto di ghiaccio ed allora ritenuto di interesse secondario, vennero misurate delle correnti ascensionali di particelle ghiacciate con sali minerali e vapore acqueo. Fu l’inizio di una serie di scoperte entusiasmanti. L’origine di questi flussi venne identificato con dei geyser presenti lungo alcune fratture sulla superficie di Encelado. Si ipotizzò che l’attività tettonica della luna fosse tale da generare temperature in grado di mantenere delle riserve di acqua liquida sotto la crosta di ghiaccio.
La grande versatilità della sonda Cassini permise poi di effettuare un nuovo esperimento. Per un effetto dovuto alla Relatività Generale, la presenza di un campo gravitazionale rallenta lo scorrere del tempo: ebbene, in corrispondenza del sorvolo ravvicinato di questi geyser da parte della sonda, si è misurato un lieve rallentamento della frequenza dei segnali inviati alla Terra da Cassini. La conclusione è che il campo gravitazionale fosse più intenso in corrispondenza dei geyser, e la sua spiegazione più plausibile che un mare (l’acqua è più pesante del ghiaccio, e quindi è sorgente di un campo gravitazionale più forte) fosse presente sotto la crosta superficiale.
Più recentemente, utilizzando precise osservazioni del moto rotatorio di Encelado, anch’esse realizzate dalla sonda Cassini, si è giunti alla conclusione che il mare sia in realtà un oceano, e che avvolga l’intera superficie della luna sotto allo strato di ghiaccio, seppur con profondità variabili. Il metodo di analisi è sofisticato, ma l’idea di base intuitiva: è capitato a quasi tutti di osservare che un uovo sodo ruota in modo diverso rispetto ad un uovo crudo…
Encelado, una volta rivelato il segreto sepolto sotto il suo mantello di ghiaccio, si è guadagnata una posizione di grande interesse: l’esistenza di un ocea-no con sali minerali disciolti la rende uno dei candidati principali, all’interno del sistema solare, per la possibile presenza di vita extraterrestre.
Come detto, le osservazioni su Titano ed Encelado non sono che una parte dell’enorme contributo scientifico della missione, che ha effettuato misurazioni del sistema di Saturno durante l’intero periodo trascorso nella sua orbita, permettendo di osservare il meccanismo di formazione di una nuova luna dagli anelli, una tempesta gassosa che ha coinvolto il pianeta lungo un intero parallelo, degli immensi uragani posti ai poli, o ancora di compiere un test di validità della Relatività Generale.
Una volta esaurito il carburante a disposizione, la sonda sarebbe andata alla deriva senza più alcuna possibilità di controllo da parte della Terra. Per scongiurare l’improbabile eventualità di una collisione con Encelado o Titano, che avrebbe comportato una contaminazione dei loro ambienti con microrganismi terrestri e compromesso così le osservazioni future, si è deciso di preparare quello che è stato definito il Gran Finale: una serie di orbite serrate attorno a Saturno, durante le quali la sonda veniva condotta attraverso quella fessura che separa il pianeta dai suoi anelli.
L’ultima orbita ha portato Cassini a tuffarsi nell’atmosfera di Saturno, dove la sonda, disintegrandosi, è diventata infine parte del pianeta stesso.
Le immagini riprese durante la sequenza finale, scattate con una vicinanza senza precedenti a Saturno, sono il suo ultimo contributo scientifico; ma non si può negare che questo capitolo conclusivo abbia anche un sapore romantico. È un finale degno di un’avventura grandiosa quale è stata la missione Cassini.