Un finesettimana intenso, dedicato alle chitarre, attende il nostro cantone. Da un lato la tre giorni «Chitarre dal mondo» organizzata dall’Associazione Amici della chitarra presso il Conservatorio della Svizzera italiana a Lugano il 13, 14 e 15 ottobre. Si tratta di un festival con ben 6 concerti e workshop di vario tipo che intendono attirare l’attenzione su questo magnifico strumento (informazioni di dettaglio su www.amicidellachitarra.com). D’altro canto, sabato 14 ottobre alle 18.00, al Museo Vela di Ligornetto, uno dei più famosi chitarristi contemporanei, l’americano Ralph Towner, terrà un recital di sue musiche in cui sarà anche accompagnato dal chitarrista varesino Claudio Farinone. Towner è indubbiamente uno dei maggiori solisti-compositori del 900. Attivo in ambito prevalentemente jazzistico, ha ricavato per sé e per il suo celeberrimo gruppo, Oregon, una nicchia di grande originalità, all’incrocio tra la musica folk e il jazz. Ne abbiamo parlato con lui.
Signor Towner, è molto tempo che non la si sentiva più dalle nostre parti: ricordo un suo concerto con gli Oregon molti anni fa al Festival di Chiasso. In Ticino comunque è stato di recente, per registrare il suo nuovo album, all’Auditorium RSI di Lugano.
Mi ricordo di Chiasso, certo. My Foolish Heart è il secondo disco che registro a Lugano, per l’ECM. Non ho pensato a un album con una caratteristica tematica particolare. L’unico desiderio era creare una sequenza di brani che avesse una sua logica, una sua naturalezza nell’ordine, un suo pensiero musicale.
Ha scelto come titolo del disco quello dell’unico brano che non è stato composta da lei ma è uno standard famoso: come mai?
Da giovane, quando stavo studiando pianoforte e stavo elaborando il mio stile, mi era capitato di ascoltare un disco del gruppo di Bill Evans, Waltz for Debbie, e la prima traccia era proprio My Foolish Heart. Il pezzo mi colpì profondamente. Io stavo proprio dedicandomi al pianoforte e capii che mi sarebbe piaciuto suonare il piano così. Sono cresciuto musicalmente in un periodo storico, a New York, in una generazione degli anni 60, in cui tutti noi musicisti eravamo stati particolarmente influenzati dall’album storico di Evans e da quel pezzo, ciò che ha influito sul mio modo di suonare in seguito anche la chitarra.
A proposito della registrazione di Lugano: il suono della sua chitarra è molto bello.
Nella fase di produzione non è stato inserito nessun riverbero elettronico: si tratta proprio del riverbero naturale dell’Auditorium della Radio.
Parliamo della band di cui lei è membro dagli anni 70, gli Oregon. Qualcuno dice che fosse il primo gruppo di New Age music oppure primo gruppo di World music. Io penso che fosse un gruppo decisamente jazz, perché aveva una carica di swing formidabile…
(Ride) Non mi interessa molto il discorso sulle etichette musicali ma quello che le posso assicurare è che abbiamo passato tutti molto tempo suonando nei gruppi jazz sulle scene di New York, prima di fondare gli Oregon. Ma penso che ciò che era specificamente interessante in quella band era il fatto che il nostro fiatista, Paul McCandless, era un docente di oboe, e suonava anche il sassofono e il clarinetto basso. E quindi potevamo utilizzare tutti quei colori strumentali. Un altro membro, Colin Walcott, era stato un allievo di Ravi Shankar, per il sitar, e di Alla Rakha per le tabla, ma poteva anche fungere da percussionista classico. Quindi noi avevamo a disposizione anche il suo enorme talento. Certo, da questo punto di vista era una sfida particolare già soltanto riuscire a integrare nella nostra musica il suono delle tabla.
Quando Colin Walcott è morto siete rimasti per un periodo disorientati?
Certo, abbiamo cercato di trovargli un successore e abbiamo incontrato Trilok Gurtu. Anche lui era molto più che un semplice musicista di jazz, più ancora di quanto non lo fosse Colin. Trilok è rimasto con noi per sette anni.
Con il passare del tempo la formazione si è mantenuta ed oggi avete integrato un nuovo contrabbassista, Paolino Dalla Porta. Glenn Moore si è quindi definitivamente ritirato?
Glenn ha detto semplicemente che non riusciva più a reggere i ritmi delle tournée. Conosco Paolino da molti anni, mi piace molto come suona e chiedergli di venire con noi è stato semplice. Si è unito a noi due settimane prima del tour, quando Glenn Moore ha dato forfait. Abbiamo provato insieme e fin dall’inizio ci è apparso chiaro che poteva integrarsi perfettamente.
Il suo suono è molto simile a quello di Moore; l’ha cambiato per adattarsi a voi?
No, ha mantenuto il suo modo di suonare. È la cosa da fare quando alla band si aggiunge un nuovo membro: si deve accordare la musica del gruppo al nuovo partner. Non viceversa. Se si vuole suonare come un buon gruppo, bisogna che il nuovo membro porti una ventata di freschezza, in modo da aggiornare l’intero repertorio.
A Ligornetto lei suonerà alcuni suoi brani con Claudio Farinone… cosa ha pensato quando lui le ha chiesto di registrare un album con le sue musiche?
Stava studiando con me, è venuto a Roma a trovarmi e l’ho aiutato a scegliere i brani: gliene ho dati alcuni, lui ci ha lavorato sopra. Ha lavorato davvero sodo, lui è anche un bravo improvvisatore. Durante il concerto si unirà a me per eseguirne alcuni. Lui conosce già molti dei miei pezzi: ne suoneremo tre. Li ha già suonati anche con altri musicisti, oltre al disco che ha dedicato alla mia musica. È già venuto da me a Roma e abbiamo già fatto una prova di un giorno, per prepararci.
Come si sente a scoprire che ci sono musicisti che la considerano un compositore? Si sente più vecchio?
Se è per quello mi sento già vecchio comunque…(ride). Da un certo punto di vista mi rendo conto che c’è molta della mia musica che non potrei più suonare. Si tratta di partiture che sono molto adatte alla chitarra classica, fondamentalmente. Del resto io non ho mai potuto suonare nemmeno la chitarra elettrica: mi interessava ma non sono mai riuscito, nemmeno al college. Mi sono dedicato ad altri strumenti, come il piano, la tromba, il corno francese. Persino, il bassotuba…(ride).