La natura «umana» degli alberi

Un pezzo di legno. Un pezzo di legno, oltre la cui crosta troviamo del verde, che ci racconta che quel pezzo di legno è ancora vivo: questa è la porta attraverso la quale accediamo a un viaggio di scoperta, mano nella mano con Peter Wohlleben, celebre guida forestale tedesca ed ecologista che grazie alla sua esperienza ci introduce alla vita nascosta degli alberi. 
Un viaggio esaltante, in cui troviamo in realtà aspetti e questioni già affrontate nei libri di Stefano Mancuso, già recensito nell’ambito di questa rubrica, atti a chiarire che anche le piante posseggono un’intelligenza, a volte addirittura più visionaria e meno miope di quella animale e umana. 
Nella Vita segreta degli alberi (Macro Edizioni) il bosco diventa una grande scatola magica animata, dove gli alberi comunicano fra di loro per mezzo di odori, dove si stringono patti di mutua assistenza, dove si proteggono i più deboli e ci si mobilita insieme per resistere agli attacchi dei pericolosissimi insetti. È una giungla, sì, ma una giungla in cui gli alberi della stessa specie in fondo hanno coscienza di classe – per usare un’espressione ormai desueta – e, sapendo che può capitare a tutti di trovarsi in una situazione di fragilità, esposti alla crudeltà del destino, si compattano, si aiutano, non lasciano indietro chi non ce la fa. 
Non che la legge darwiniana non sia scomparsa del tutto, ritorna a tratti: a volte l’organismo più debole non ce la fa e lo si lascia morire. Ma la corsa ad accaparrarsi le risorse, in questo caso la luce e l’acqua, non sempre è da leggersi nei termini dell’autoaffermazione e  del tentativo di sopraffazione, a volte si tratta più semplicemente di una questione di educazione. 
«Agli alberelli – spiega la guida forestale – piacerebbe tanto crescere in fretta, e una spinta verso l’alto di mezzo metro ogni stagione non sarebbe affatto un problema. Purtroppo le madri hanno qualcosa in contrario: con le loro enormi chiome tendono una sorta di ombrello protettivo su tutta la prole e, insieme agli altri alberi adulti, creano un fitto tetto sopra il bosco che permette solo al tre per cento della luce solare di farsi largo fino al suolo alle foglie dei loro figli. Educazione? Sì, di si tratta di una misura pedagogica esclusivamente in funzione del bene dei piccoli. Lo strumento educativo è la riduzione della luce, ma a che cosa serve questa limitazione? I genitori non desiderano forse che i loro figli diventino quanto prima indipendenti? Perlomeno gli alberi risponderebbero con un no deciso, avvalendosi anche del recente supporto della scienza, che ha constatato come una lenta crescita  giovanile sia il presupposto per una lunga vecchiaia».
Gli alberi, poi, soffrono: soffrono quando i picchi colpiscono il tronco per cavarne fuori nutrimento, forse soffrono anche quando i funghi si insediano ai loro piedi. I funghi funzionano un po’ come internet nel bosco, precisa l’autore, creano una rete che passa le informazioni alle piante e in questo modo le rendono vigili ai possibili attacchi, ma chiedono qualcosa in cambio di questo servizio, ovvero carboidrati e zuccheri. 
Impariamo tante cose da questo viaggio nel bosco accompagnati da Wohlleben, dove molte cose avvengono alla luce del sole ma tante sotto terra, nel buio fitto del terreno, dove le radici lottano per l’acqua e si trasmettono informazioni. Impariamo cose su noi stessi, ci confrontiamo con dei modi simili ai e diversi dai nostri, scopriamo che nel bosco coesistono odio e amore, bellezza e bruttezza, egoismo e generosità. Un po’ come dappertutto.

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