L’intuizione fra magia e realtà

by Claudia

Mente – Tutte le culture hanno riservato un posto privilegiato all’intuizione e alla sua capacità di risolvere problemi

Spesso usiamo il termine «intuizione» come si trattasse di un sinonimo di «intelligenza» ma, se ci si ferma un attimo a pensare, ci rendiamo conto che si tratta di cose ben diverse. La filosofia ha sempre dedicato all’intuizione notevole attenzione nonostante l’abbia regolarmente collegata ai propri temi, anche metafisici, come l’essere, l’intelletto generando così interpretazioni assai diverse fra loro. Una definizione comunemente accettata del concetto in questione non esiste e, per stabilirla, non ha giovato nemmeno, più recentemente, la psicologia della Gestalt di Wolfgang Köhler, fortemente criticata da più parti, che si è occupata dell’intuizione piuttosto intensamente.
Un dato trova comunque tutti d’accordo: mentre per intelligenza si intende generalmente la capacità di risolvere problemi razionalmente, usando regole, l’intuizione viene definita negativamente, ossia come la capacità di risolvere problemi senza seguire regole. Quanto alle modalità o le strategie che un soggetto adotta per intuire la soluzione di un problema sussiste, appunto, un disaccordo generale. La teoria di Köhler sosteneva che, davanti ad un problema, l’intuizione consiste nella sua riformulazione fino a produrre una visione globale nuova, dalla quale scaturirebbe la soluzione. Tuttavia, al di là del carattere imprecisato della riformulazione, sta di fatto che non esistono prove di tale processo. I ricercatori si sono così maggiormente concentrati su ciò che avviene nella mente, intesa come momento operativo del cervello. Ma il mistero rimane e l’intuizione continua a far parte di quella serie di concetti di cui tutti noi abbiamo esperienza ma dei quali non sappiamo dare conto: il dubbio, il sospetto, la «folgorazione», il presentimento e persino l’umorismo sono fenomeni, a volte efficaci e altre volte no, di cui nessuno sa dare convincenti spiegazioni.
Tutte le culture hanno riservato all’intuizione un posto privilegiato per la sua capacità di portare alla soluzione di problemi a volte molto importanti. Tuttavia, anche l’intuizione può condurre ad uno sbaglio o ad un errore di valutazione, esattamente come accade nell’uso della nostra intelligenza, per cui non dovremmo dimenticarci che stiamo parlando pur sempre di un fenomeno umano. È sicuro che, assieme alla creatività – altro irrisolto problema, connesso all’intuizione – l’intuizione costituisce una risorsa potenziale di cui le società più evolute sanno fare tesoro, istituendo sedi e canali speciali nei quali i giovani meglio dotati possano esplicare le proprie abilità. Il tutto, però, senza garanzia perché l’atto intuitivo avviene senza intervento della volontà cosciente del soggetto e, dunque, non è un fenomeno riproducibile a piacimento nemmeno per lui.
I ricercatori di Intelligenza artificiale, a loro volta, hanno trovato nell’intuizione un ostacolo inatteso. La sua riproduzione nella macchina si è rivelata assai ardua proprio perché, a differenza dell’intelligenza che segue regole, nel comportamento intuitivo non appaiono regole formali consapevolmente adottate dal soggetto.
Esistono comunque vari gradi di intuizione. Il primo che si deve necessariamente citare è quello legato a scoperte degne di passare alla Storia. Un primo esempio è l’intuizione di Enrico Fermi nel 1934 quando, per risolvere il problema del rallentamento dei neutroni, prese spunto dall’osservazione dei secchi d’acqua della signora Cesarina che faceva le pulizie nel laboratorio in via Panisperna a Roma. C’è inoltre la notissima intuizione che porterà Albert Einstein alla formulazione della teoria della relatività partendo dall’osservazione dell’orologio di una stazione ferroviaria svizzera.
Va poi segnalata l’intuizione dell’esperto che, di fronte ad un problema, sa trovare la soluzione con estrema rapidità senza snocciolare una dopo l’altra le regole a suo tempo imparate e che il principiante, invece, applicherà passo dopo passo. Ma il caso forse più illuminante è quello del campione nel gioco degli scacchi il quale, più o meno fulmineamente, intuisce la catena di mosse, sue e dell’avversario, che meglio potrà consegnargli la vittoria. C’è infine il livello dell’intuizione, diciamo così, ordinaria, quella di cui ognuno di noi ha esperienza. Ciò accade quando, guidando un’automobile, intuiamo che qualcosa non va nel traffico circostante e sta per prodursi un incidente oppure quando, di fronte ad una sorpresa spiacevole generata da un software del nostro computer, intuiamo rapidamente l’errore operativo che abbiamo compiuto in precedenza.
Ad ogni modo, il denominatore comune di ogni evento intuitivo sembra essere l’esperienza passata, entro la quale la conoscenza e le sue regole rimangono fondamentali. Va infatti sottolineato che nessuno può produrre intuizioni su ciò che non conosce. Un ingegnere non sarà mai in grado di intuire l’origine di una patologia immunologica così come un economista non riuscirà in alcun modo ad intuire la soluzione di un problema elettrologico. Altrettanto, nella vita quotidiana, l’intuizione si fonda sulle esperienze passate e le conoscenze acquisite senza le quali, di fronte ad un problema, rimarremmo semplicemente a bocca aperta. Oltre alla sempre possibile origine puramente casuale di un’intuizione, può essere che, nel suo prodursi, conoscenze ed esperienza vengano trattate per mezzo dell’analogia: se io, a suo tempo, ho risolto un problema di tipo P attraverso i passi A, B, C, D per poi arrivare alla soluzione E, ogni volta che sarò di fronte a problemi di tipo P indicherò E come soluzione, senza rifare il percorso analitico effettuato la prima volta. Ciò spiega, fra l’altro, la rapidità con cui la soluzione viene di norma generata.
Quando, tuttavia, il problema è originale, cioè non si è mai presentato in precedenza, e qualcuno genera prontamente una soluzione efficace, la semplice analogia non può essere chiamata in causa se non a livelli di profondità mentale del tutto, per ora, insondabili anche solo ipoteticamente. Sta di fatto che il nostro cervello pare essere in molti casi al lavoro senza che noi ce ne rendiamo conto, come in una sorta di background. Ma, se non c’è alcuna traccia che gli consenta di elaborare almeno frammenti sparsi di conoscenze acquisite o esperienze passate, anche il miglior cervello non produrrà alcuna intuizione. Dal nulla, in altre parole, nulla si può generare. Come è facile intuire.