Quanta responsabilità spetta alle aziende?

L’iniziativa popolare «Per imprese responsabili – a tutela dell’essere umano e dell’ambiente», che ha raccolto oltre 120’000 firme, è passata davanti alle commissioni dei due consigli. Quella del Consiglio degli Stati propone un controprogetto indiretto, ma quella del Consiglio Nazionale ha respinto la proposta, seguendo il suggerimento di «economiesuisse» e degli ambienti economici, che preferiscono andare in votazione popolare solo con la proposta di respingerla.
Come il lettore ricorderà (vedi «Azione» del 5.12.2016), l’iniziativa è proposta da un gruppo di 80 organizzazioni della società civile e chiede di chiamare le società multinazionali con sede in Svizzera a rispondere delle attività delle loro filiali e partecipate all’estero (in rapporto con i diritti umani e l’ambiente), non solo all’estero, ma anche nel paese di domicilio.
L’idea di non opporre un controprogetto all’iniziativa è condivisa da parecchi deputati della destra economica. Già il voto contrario in sede di commissione del Nazionale è stato determinato dai voti UDC e liberali radicali. Ora però il PPD ha avanzato una proposta conciliativa che potrebbe indurre al ritiro dell’iniziativa da parte dei suoi promotori. La strategia del «tutto o niente» potrebbe, infatti, portare a risultati sorprendenti, come successo in passato con qualche iniziativa. Come quella sui salari degli alti dirigenti dell’economia, anche questa iniziativa gode di parecchie simpatie tra il popolo, trattandosi di un tema carico di emotività. L’esigenza di un comportamento responsabile delle imprese svizzere di fronte a problemi come quello dello sfruttamento del lavoro dei bambini o di danni irreparabili all’ambiente, anche all’estero, è molto sentita. Personalità come il vescovo di Basilea o il sindaco della città di Berna hanno firmato l’iniziativa, mentre l’ex-consigliere agli Stati ticinese Dick Marty è co-presidente del comitato d’iniziativa.
Come spesso avviene, accanto agli argomenti ideali, bisogna però tener conto di molti altri fattori. Per esempio che in Svizzera un’impresa potrebbe essere chiamata in giudizio se uno dei suoi fornitori all’estero ha violato dei diritti umani. La responsabilità prevista va molto oltre gli standard internazionali in questo campo. In futuro, una multinazionale svizzera dovrebbe poter essere giudicata in base al diritto svizzero. E questo concerne non solo le grandi multinazionali, con un enorme reparto di servizi giuridici, ma anche piccole e medie aziende svizzere. L’iniziativa chiede invero che i tribunali svizzeri tengano conto delle necessità delle piccole e medie aziende, ma questo significa che anche a loro vengono imputate le stesse responsabilità.
Considerati gli aspetti umanitari, ma anche eventuali pericoli per l’economia svizzera, su proposta del deputato di Obvaldo Karl Vögler e dello specialista di diritto societario Hans-Ueli Vogt (UDC) è stata preparata una bozza di controprogetto indiretto. Circa le responsabilità, il testo precisa che la responsabilità dell’impresa svizzera vale solo per le filiali della stessa e non per qualsiasi fornitore all’estero. Questo anche per evitare una legislazione speciale in materia. Il controprogetto verrebbe ancorato nel diritto obbligazionario.
La proposta ha suscitato pareri contrastanti, ma grandi aziende come l’Ikea o la stessa Migros, o anche il gruppo romando delle imprese multinazionali, la sostengono. Tra i cambiamenti importanti, il controprogetto propone anche che la responsabilità si applichi a delitti gravi, contro le persone, la vita o la proprietà. Prevede inoltre l’esclusione delle imprese più piccole. Con queste regole, interessate dal provvedimento sarebbero circa 12’000 imprese in Svizzera. Se il citato gruppo romando, con 92 imprese internazionali e 35’000 dipendenti, è d’accordo con il controprogetto, nella Svizzera tedesca i pareri divergono. Per «economiesuisse», il controprogetto non è necessario e quello presentato non risolve il problema delle responsabilità.
La Svizzera, con questa iniziativa, rischia ancora una volta di andare oltre gli standard internazionali. La Francia – molto vicina al tema delle responsabilità – le limita ad aziende con oltre 5’000 dipendenti. Altri paesi applicano le regole in modo molto limitato o non ne hanno. La Germania non applica sanzioni dirette, la Gran Bretagna solo al commercio di esseri umani, l’Olanda persegue il lavoro minorile, l’UE e gli Stati Uniti hanno regole particolari per prodotti minerari in regioni con conflitti. In Svizzera la legislazione in merito è già più estesa, ma è molto tecnica e a volte soggetta a finezze giuridiche di interpretazione. Il voto popolare su un simile argomento è invece molto legato ai sentimenti.

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