Matthew Inglett Fortescue Brickdale amava la montagna. Da dove scaturisse questa sua ardente passione, non si sa. Forse era una naturale propensione generata dallo stesso paesaggio del Somerset, dov’era nato, un mare verde di erba e boschi mosso appena da oblunghe gibbosità, che fa quasi specie chiamar colline. O forse perché dal suo ufficio londinese dell’High Court, affacciato sullo Strand, non vedeva altro che palazzi e i radi alberi dell’isola spartitraffico, dove sorge la St. Clemens Danes Church. Oppure, semplicemente, perché era inglese e gli inglesi, si sa, sono gli inventori del turismo alpino.
Un fatto è comunque certo. Il 24 maggio del 1894, questo suo «essere particolarmente affezionato ai luoghi elevati da cui è possibile godere di una bella vista», come scriverà nei giorni seguenti un quotidiano britannico, gli costerà la vita. Un passo falso sulla roccia resa scivolosa dall’acqua del Ri della Froda lo farà precipitare nel vuoto, tra gli spruzzi gelati della cascata di Santa Petronilla.
I quotidiani ticinesi dell’epoca non danno risalto alla notizia della disgrazia (1). Forse perché le morti in montagna sono piuttosto frequenti e rappresentano un prezzo che deve mettere in conto chi vive in un ambiente ostile come quello delle nostre vallate alpine, oppure perché non hanno, comprensibilmente, la più pallida idea di chi sia questo incauto viaggiatore inglese morto sul colpo, sfracellato sui sassi di fronte alla stazione di Biasca.
A dire il vero non l’avrei conosciuto nemmeno io, Matthew Inglett Fortescue Brickdale, se non fosse per quella tomba solitaria addossata al muro di cinta del piccolo camposanto della chiesa dei SS. Pietro e Paolo.
L’avevo notata anni fa e poi, incuriosito, sono tornato a darle un’occhiata di recente, cercando di decifrare la vecchia scritta, ormai resa quasi illeggibile, con le lettere corrose come il marmo a cui stanno avvinghiati muschi, licheni e una spessa incrostazione, depositata lì da oltre un secolo di intemperie.
E la pietra ha parlato, rivelandomi un epitaffio che è quasi un messaggio di addio trasmesso da lontano e inciso su di essa da qualche abile artigiano della regione.
In memory of
Matthew Inglett Fortescue Brickdale
of Lincolns Inn London Esq
Eldest Son Of
John Fortescue Fortescue-Brickdale
Of Newland Gloucesteshire Esq
Born 5 April 1817 At Upcott near Taunton
Married 25 March 1856 Sarah Anna Lloyd
Daughter of Edward John Lloyd Esq q. c.
Died 24 may 1894 at Biasca
Blessed are the dead which die in the LordFor they rest from their labour
she sleeps well
Matthew Inglett Fortescue Brickdale, che dal maggio del 1894 riposa in pace in quella tomba solitaria, è un illustre avvocato della Londra vittoriana, diplomato a Oxford, membro dell’Onorevole Società del Middle Temple e del Lincoln’s Inn, due delle quattro prestigiose associazioni degli uomini di legge inglesi, ed è ormai pensionato, quando decide di trascorrere qualche settimana di vacanza sulle alpi svizzere.
Il perché si fermi proprio a Biasca non è dato a sapersi. Ad ogni modo, il barrister, arriva dalle nostre parti alla metà di maggio, forse per Pentecoste, e prende alloggio all’albergo San Gottardo. Amante della montagna, Brickdale, 77 anni, «di salute e spirito buoni» (2), occupa le giornate compiendo lunghe camminate sulle alture circostanti. E lo farà anche la domenica 24, giorno del Corpus Domini, salendo all’oratorio di Santa Petronilla.
Vista dal paese, la chiesetta si staglia contro il grigio delle alte pareti rocciose, tra le quali il Ri de la Froda ha scavato profondi solchi in cui scompare come inghiottito dalla montagna. Di tanto in tanto, il torrente si libera dalla stretta della pietra, incontra il vuoto e precipita nel bianco spumeggiare di acque di alcune cascate, per poi affrontare l’ultimo salto prima di giungere al piano.
Alle spalle della stazione ferroviaria, tra gli sbuffi delle locomotive a vapore, la cascata di Santa Petronilla, il vecchio ponte di pietra e l’oratorio circondato da castagni secolari offrono uno spettacolo suggestivo e invitante. A maggior ragione per quest’inglese, «ardente naturalista», che deve esserne rimasto affascinato.
Potrebbe anche darsi che la chiesetta e la prepositurale dei SS. Pietro e Paolo, entrambe dominanti la vallata del Ticino dall’alto del poggio, gli ricordino quella chiesa solitaria, eretta su uno sperone roccioso, dipinta da John Ruskin (3), amico e maestro di sua figlia Eleanor.
Fatto sta che la passeggiata a Santa Petronilla, per Matthew Fortescue Brickdale, sarà fatale.
Lo seppelliranno in quella tomba addossata al muro del cimitero, con lo sguardo rivolto alla montagna.
Esattamente un anno dopo, il 24 maggio 1895, il sindaco di Biasca riceve una lettera. A scrivergliela è Charles, uno dei figli di Matthew, che gli comunica d’aver inviato una croce e una corona da depositare sulla tomba del padre per il primo anniversario della morte. La missiva contiene anche 100 franchi, da distribuire equamente ai poveri e ad alcune società del paese. Il «generoso dono» attraverserà la Manica e giungerà a Biasca anche negli anni seguenti, fino al 1926 (4).
Oltre a Charles, che aveva seguito le orme del padre diventando un celebre avvocato della City, Matthew Fortescue Brickdale, a mia conoscenza, aveva altri quattro figli: John, medico, ricercatore e amante della musica, scomparso a 51 anni nel 1921, Mary(?), Kate, che nel maggio del 1912 invia una corona da deporre sulla tomba del padre, e Eleanor, la più famosa della famiglia.
Eleanor Fortescue Brickdale, nata il 25 gennaio del 1871 (o 1872) (5), dimostra fin da piccola di avere straordinarie doti per il disegno e la pittura. Come consuetudine del tempo, le ragazze della middle class vengono educate a casa, e così Eleanor, poco più che bambina, inizia a studiare arte tra le pareti domestiche. Il suo precettore è John Ruskin, grande artista e critico dell’epoca vittoriana (6), il quale, nel 1889, la convince a intraprendere la carriera di artista professionista. S’iscrive dapprima alla Crystal Palace School of Art di Londra e poi, dopo tre tentativi infruttuosi, entra alla Royal Accademy, all’epoca piuttosto riluttante ad accogliere le donne, nonostante il suo regolamento ne preveda l’ammissione fin dal 1860.
Nel 1902, trentenne, Eleanor apre uno studio a Kensington e diventa la prima donna a far parte di un’altra autorevole istituzione britannica, l’Istituto reale dei pittori ad olio (The Royal Institute of Oil Painters).
Le sue opere giovanili lasciano trasparire l’influenza dei Preraffaelliti (7), primo fra tutti Edward Burne-Jones, ma anche del suo maestro, John Ruskin, o di Byam Shaw, suo coetaneo, il cui stile le ispira i lavori di acquarellista e illustratrice di libri.
Sono opere intrise di poesia e romanticismo, che le conferiscono una grande fama e la inseriscono a pieno titolo tra i maggiori pittori e illustratori preraffaelliti.
All’alba del nuovo secolo, il movimento artistico prettamente britannico è ormai agli sgoccioli. I suoi maggiori esponenti escono di scena negli ultimi anni dell’Ottocento (Millais nel 1896, Burnes-Jones nel 1898, Ruskin nel 1900).
Scomparsi i «grandi vecchi», la Confraternita (8) inizia a confluire nel Simbolismo e nell’Art Nouveau, ma il suo spirito, come dirà qualcuno (9), sopravvive con Eleanor Fortescue Brickdale. Fino al 1938, quando ha la carriera spezzata da un ictus, che la costringe a smettere di dipingere.
L’ultima Preraffaellita muore il 10 marzo del 1945, mentre il sole sta per sorgere di nuovo sull’Europa dilaniata dalla guerra.
Oggi, sono tornato a seguire gli ultimi passi di Matthew Inglett Fortescue Brickdale.
Una lunga scalinata, con un vecchio acciottolato, lascia il centro di Biasca e sale in pochi minuti alla chiesa dei SS. Pietro e Paolo, chiesa madre delle tre valli ambrosiane e uno dei monumenti romanici più significativi della Svizzera.
L’edificio, che si erge possente direttamente sulla roccia, risale al tardo XI secolo, ma è stato più volte rimaneggiato (scala di accesso a due rampe del 1685, protiro del 1732) e restaurato negli anni tra il 1957 e il 1967 dall’architetto Alberto Camenzind.
Una grossa chiave, assicurata a una catena, è inserita nella serratura. Provo a girarla. Il portone si muove e si apre con un cigolio di cardini su uno splendido interno a tre navate. Una luce soffusa, nonostante fuori splenda il sole di un’estate precoce, illumina appena gli affreschi. C’è tutto un mondo che mi osserva dall’alto delle pareti. Un’umanità celeste fatta di santi, profeti e apostoli, di Madonne in trono con bambino, accanto a scene della vita di Gesù e di quella dell’immancabile san Carlo Borromeo, che da queste parti era venuto più di una volta a far un po’ d’ordine in un clero indisciplinato e godereccio.
Sono affreschi di epoche diverse, che si distinguono per temi e fattura. Quelli più antichi, in grisaglia, che risalgono al XIII secolo, ammiccano dalle vele delle volte a crociera sopra il transetto; simboli, più che altro, il leone, il pavone, il serpente e poi un fabbro e tante figure geometriche.
Nella parete sud, viene aperta nel 1600 una cappella, voluta da Giovanni Battista Pellanda; una, seppur bella, intrusione barocca carica di stucchi, che rompe l’austera linearità dell’edificio romanico.
Le avrà sicuramente ammirate anche l’avvocato inglese, queste pitture. Poi, lasciato il fresco della chiesa con un pizzicore d’incenso nel naso, si sarà incamminato lungo la via Crucis che porta all’oratorio di Santa Petronilla.
Qui partono anche i vari sentieri che si arrampicano tra le rocce di questa montagna ripida all’inverosimile, tanto che ti sembra impossibile possa accogliere la benché minima forma di vita vegetale o animale. Eppure, lassù ci sono monti e alpeggi, Negressima, Nadro, Piansgèra, Compiett, Tongia, Pontima, su su fino all’alpe di Lago, conficcato al centro dell’anfiteatro di creste, che congiungono il Pizzo Magno con la Cima di Biasca.
E lassù ci andavano uomini e bestie. Capre e mucche, che erano certo un po’ più piccole e agili delle pacioccone, che brucano tranquille negli scarsi prati dell’odierno Ticino, ma che ti chiedi come facevano a tirarsele dietro su quei dirupi, dove basta una disattenzione, un piede che scivola o perde la presa, e sei morto. Com’è successo al povero Matthew, in quel lontano 1894.
Dal vecchio ponte a schiena d’asino si ha una bella vista su Biasca, la sponda destra del Ticino e l’imbocco delle valli Blenio e Leventina. Sul lato opposto del Ri de la Froda, la chiesetta di Santa Petronilla è protetta da imponenti castagni secolari. L’edificio che vediamo oggi è stato consacrato nel 1638 ed è il risultato della ricostruzione di una chiesa preesistente. Le ricerche archeologiche attestano la presenza di un oratorio già a partire dal XIII secolo; la costruzione, più volte rimaneggiata, sarà riedificata completamente nel 1632 a causa dello stato di degrado in cui si trovava.
Mentre mi avvicino, la stretta forra da cui sgorga impetuoso il torrente, mi sputa addosso folate gelide e sazie d’umidità. Ogni rumore si dissolve, assorbito da quello assordante dell’acqua che scolpisce la roccia. È un luogo allo stesso tempo magico e inquietante, penso, immaginando la meraviglia dell’inglese, abituato alla flemma del Tamigi.
Poco sopra, l’acqua della Froda, nel passato, era catturata e fatta scorrere in un canale scavato nella pietra, che andava ad alimentare le due fontane ottagonali del paese.
Il Patriziato di Biasca, recentemente, ha restaurato un tratto di questo vecchio acquedotto, che risale al 1835, quando la scarsità di acqua e la necessità di evitare l’uso di quella malsana del Brenno (10) avevano spinto le autorità a votare la costruzione del manufatto, poi realizzato da un paio di tagliapietre della Valle d’Intelvi. Rimarrà in funzione fino all’inaugurazione, nel 1905, del nuovo acquedotto sotterraneo.
Prima di andarmene, mi soffermo un attimo a rimirare il borgo che si stende ai miei piedi, oltre il dirupo, dove l’acqua spumeggiante compie l’ultimo salto nel vuoto e «i raggi del sole, vibrando su quelle aque (sic) che rimbalzano estremamente divise nell’aria, vi dipingono vaghissime iridi, disposte con simmetria singolare e indescrivibile bellezza» (11).
E cerco di immaginarmi la Biasca di fine Ottocento. Quella che s’imprime come un estremo saluto negli occhi sorpresi e smarriti di un incauto turista inglese, che amava appassionatamente la montagna.
Note
1 Corriere del Ticino, 26 maggio 1894: «Giovedì sera un inglese, certo Mathew Ingtett da Brikdale, precipitò dalla cascata di Santa Petronilla, rimanendo cadavere sull’istante. Il giudice di pace si recò sul posto per gli incombenti di legge».
Gazzetta Ticinese, 26 maggio 1894: «Disgrazia fatale. Avant’ieri sera, un inglese, certo Matkew Jaglett di Brikdale, che già da alcuni giorni trovavasi alloggiato all’albergo Ferrari in Biasca, cadde dall’alto della cascata di S.Petronilla, rimanendo cadavere sul colpo; aveva circa 60 anni».
2 «…he started for a walk in good health and spirit to the Santa Petronilla waterfall, just above the town». The Canterbury Journal, 6 giugno 1894
3 In realtà la chiesa raffigurata su un acquarello del 1868 di Ruskin è quella di San Quirico di Daro.
Vedi https://sublimesites.co/2016/03/03/news-ruskins-watercolour-of-bellinzona/
4 La somma inviata, si specifica nella lettera, deve essere distribuita, nella ragione di 10 franchi ognuno, alla Società di Mutuo Soccorso operai, a quella Filarmonica, all’Asilo infantile, alla Chiesa cattolica, a quella di San Carlo, alla Chiesa Libera, alla Scuola della chiesa libera, ai poveri di quest’ultima, a quelli cattolici e a quelli del comune. Nel luglio del 1909, oltre alla solita cifra, Charles invierà una little addition per l’Asilo infantile, in ricordo della madre, scomparsa nel febbraio di quell’anno «che era sempre stata interessata a Biasca…ed estremamente affezionata ai bambini».
L’archivio storico del comune conserva i documenti. Ringrazio l’archivista Silvano De Antoni, che me li ha messi a disposizione.
100 franchi erano una somma non indifferente, a termine di paragone, intorno al 1900, in Svizzera si affittava un appartamento di tre locali per 120.- franchi e un maestro guadagnava 2 franchi e 30 al giorno.
5 Alcune fonti riportano la data 25 gennaio 1872 (come l’Oxford Dictionary of National Biography), mentre per altre (come il necrologio del Times, del 14 marzo 1945) Eleanor è nata nel 1871.
6 https://it.wikipedia.org/wiki/John_Ruskin
7 https://it.wikipedia.org/wiki/Preraffaelliti
8 Il movimento era stato fondato nel 1848 come Pre-Raphaelite Brotherhood.
9 «It cannot be said that Pre-Raphaelitism is dead while Miss Fortescue Brickdale is alive – at least Pre-Raphaelite in the spirit if not in the letter, though in many points also in that».
10 Cfr. Luigi Lavizzari, Escursioni nel cantone Ticino, ed. Dadò, Locarno, 1992
«Tra gli abitanti si annoverano molti idioti o cretini e parecchi gozzuti; ora il numero è assai diminuito. Tali infermità, proprie delle anguste valli, si vollero attribuire alle aque (sic) del Brenno e dei torrenti vicini; per la qual cosa furono condutte con largo dispendio due fontane d’aque piú pure, con vantaggio sempre crescente delle condizioni fisiche e intellettuali degli abitanti», pg. 287.
11 Luigi Lavizzari, Op.cit. pg. 288