«Cos’hai mangiato a cena tre giorni fa?». La maggior parte degli intervistati non ha saputo rispondere a questa banale domanda. Può sembrare strano, ma così funziona la nostra mente: ogni giorno non registra tantissimi eventi, soprattutto quelli poco significativi e ripetitivi. Ma non appena si è passati ai ricordi di viaggio, anche le esperienze più distanti nel tempo sono riemerse in tutta la loro nitidezza: («Sono seduto nell’aereo, sto guardando dal finestrino e all’improvviso vedo lo skyline di New York nella realtà, dopo averlo visto tante volte in fotografia. Accidenti! – mi dico – sto davvero atterrando a New York, proprio in questo momento!»).
Stiamo parlando di una ricerca commissionata da Swiss all’Università di Zurigo (mille intervistati tra i 18 e i 55 anni in ciascun Paese: Gran Bretagna, Germania, Italia, Svizzera e Stati Uniti). I risultati confermano con rigore scientifico quanto i viaggiatori in fondo sapevano da tempo: i ricordi di viaggio sono più vividi e duraturi degli altri. Inoltre, sempre secondo la ricerca, il dieci per cento di tutti i nostri ricordi sarebbe legato ai viaggi, anche se naturalmente la percentuale di tempo della nostra vita trascorsa in viaggio è di solito molto inferiore.
Sappiamo bene poi che i ricordi più profondi sono associati a forti emozioni (il primo giorno di scuola, un terribile litigio, il matrimonio o la nascita del primo figlio…) e queste non mancano mai in viaggio, di fronte a continue novità e con il pilota automatico disattivato. Forse per questo invece dei monumenti più famosi – in teoria la ragione del viaggio – ricordiamo gli incontri con gli stranieri, scenari naturali o avventure condivise con amici e famigliari.
Leggendo questi risultati, per un momento ho immaginato che la nostra vita potrebbe essere raccontata solo attraverso i viaggi, collegando tra loro tutte le esperienze lontano da casa in un’autobiografia di nuovo tipo. Dopo tutto siamo ciò che ricordiamo e ogni giorno ripercorriamo da capo il nostro passato, cercando un filo rosso mutevole e sfuggente, ridefinendo l’importanza dei diversi episodi alla luce del presente. «La vita va vissuta in avanti ma può essere capita solo guardando indietro» diceva giustamente il filosofo Kierkegaard. E in questa ricerca di un senso, le esperienze di viaggio hanno un’importanza particolare, sono tra i pilastri che reggono l’edificio della nostra identità.
Lontano da casa prendono forma aspetti fondamentali della nostra personalità: un viaggiatore su due – è ancora la ricerca a dirlo – sente di essere cambiato dopo un viaggio importante. Strada facendo poi prendiamo spesso decisioni che modificano il tranquillo corso della nostra esistenza: un nuovo hobby, uno sport, una relazione (o la scelta finale di una separazione).
Per questo, molti viaggiatori non accetterebbero di cancellare le foto dei loro viaggi nemmeno per tutto il denaro del mondo. In realtà – nonostante il timore di dimenticare momenti importanti, scacciato scattando centinaia di fotografie – basta un dettaglio (un profumo, un sapore, una canzone) per risvegliare i ricordi. E sarà ancora più facile se nel nostro viaggio avremo tenuto un diario o riempito una scatola delle meraviglie con biglietti, souvenir, foglie d’albero secche…
Fin qui tutto bene. A patto naturalmente che il nostro viaggio sia all’altezza delle aspettative: avventuroso, divertente, ricco di incontri e soprattutto pieno di sorprese. Lo sottolineo perché le nuove tecnologie stanno cambiando il nostro modo di viaggiare. Per esempio qualche giorno fa Tripadvisor, il portale dedicato alle recensioni di alberghi, ristoranti, musei eccettera (se ne contano più di 660 milioni), ha annunciato di volersi avvicinare alla formula dei social network. Già oggi riceviamo molte informazioni turistiche attraverso Facebook, ma queste sono mescolate a molte altre, secondo i capricci dell’algoritmo. Ora invece ci sarà un Social Network solo per i viaggi.
State pensando a Parigi? Subito riceverete informazioni sui luoghi visitati dai vostri amici (o dagli esperti dei quali vi fidate, per esempio i giornalisti di «National Geographic»), con le relative recensioni: un albergo di tendenza, un museo divertente, un ristorante etnico nascosto, un locale con buona musica, il bar per l’ultimo bicchiere della serata. Con un semplice click potrete aggiungere queste tappe al vostro itinerario in gestazione. E dopo il ritorno, altri aspiranti viaggiatori saranno a loro volta influenzati e quasi guidati da voi.
Meraviglioso, da un certo punto di vista: prima ancora di averci messo piede, saprete cosa aspettarvi. E certo non siete obbligati a ricalcare i passi dei vostri amici, ma quanti avranno il coraggio di sfidare una recensione negativa, di uscire da una via così ben tracciata, esponendosi a scoperte ma anche a inevitabili delusioni? In questo modo, tuttavia, il viaggio potrebbe perdere la sua capacità di sottrarci alle nostre confortevoli convinzioni, di stupirci, anche di provocarci.
E quando i nostri ricordi saranno uguali a quelli di tanti altri, sarà ancora un piacere rievocarli a distanza di tempo?