La Terra del fuoco minacciata dai castori

Le leggendarie foreste della Terra del fuoco, del «mondo alla fine del mondo», per usare le parole dello scrittore Luis Sepulveda, sono minacciate dai castori. Questi roditori di aspetto così simpatico da essere diventati la mascotte di Ushuaia, capoluogo della provincia argentina, ritratti in souvenir e dépliant, stanno distruggendo i boschi con gli alberi centenari. 
Percorrendo il Parco nazionale della Terra del fuoco, con le sue rocce verdi e la vegetazione fitta, e i sentieri umidi che portano a Laguna Esmeralda, ci si imbatte nelle distese di tronchi mutilati, annegati nell’acqua, ammassati uno sull’altro, a formare tane e lunghe dighe. Recentemente, un’indagine della facoltà di Agraria dell’Università di Buenos Aires ha analizzato per la prima volta l’impatto dei castori in questa parte dell’Argentina. La mappatura è stata realizzata attraverso immagini satellitari ad alta risoluzione, ottenute attraverso le piattaforme Google Earth e Bing Maps. È stata così registrata la presenza di circa 70mila dighe che tagliano il flusso dei fiumi e alterano la composizione e il funzionamento dell’ambiente, creando allagamenti in un’area complessiva di 100 chilometri quadrati. Karina Hodara, ricercatrice del dipartimento di Metodi quantitativi e sistemi informativi dell’Università di Buenos Aires, tra le promotrici dello studio, ha spiegato alla rivista di divulgazione scientifica «Sobre la Tierra» (redatta da un gruppo di ingegneri agronomi e giornalisti), che il castoro rappresenta in assoluto la minaccia maggiore della nostra era geologica per le foreste andine-patagoniche: nelle aree allagate si accumulano sedimenti che cambiano la struttura del suolo e causano la morte degli alberi ancora intatti, perché le loro radici muoiono. 
L’ecosistema viene completamente alterato, con la sparizione degli insetti e degli altri animali tipici. La distruzione corre veloce. Un castoro impiega una sola notte per abbattere un albero con un tronco di trenta centimetri di diametro: conficca gli incisivi superiori nella corteccia e con quelli inferiori raschia il tronco, staccando i trucioli, tracciando una circonferenza. Tra le «vittime» dei temibili denti ci sono anche i ponti di legno, che vengono rovinati con ingenti danni.       L’invasione, che ha risparmiato soltanto un quarto dei boschi, è dovuta a un errore umano: settant’anni or sono la Marina argentina portò dieci coppie di animali dal Canada per dare nuovo slancio all’industria delle pellicce. L’operazione non funzionò, perché la pelliccia degli esemplari che si riproducevano in questo territorio non aveva le stesse caratteristiche di quella nordamericana. Una volta entrati a far parte dell’habitat naturale, i castori si sono moltiplicati fino a diventare centomila, come ha stimato il biologo Adrián Schiavini, responsabile della Strategia nazionale argentina sulle specie esotiche. Il problema principale è l’assenza di un predatore con funzione di ostacolo alla riproduzione incontrollata. Inoltre, contrariamente alle previsioni, stanno dimostrando una capacità di adattamento sorprendente. Secondo Alejandro Pietrek, biologo della Duke University (Usa), ci sono più colonie di castori e un maggior numero di nuovi nati nelle regioni della steppa rispetto all’ambiente della foresta. 
La biologa Giorgia Graells, dell’Istituto di Patagonia all’Università Magallanes, a Punta Arena, in Cile, ha spiegato in un’intervista alla rivista «Scientific American», che anche il Cile è minacciato, in particolare a rischio ci sono le Ande. Le istituzioni argentine hanno deciso di correre ai ripari alla fine del 2016, avviando un programma pilota di «sradicamento», come viene chiamato tecnicamente. Il Cile si è mosso, in parallelo. L’iniziativa prevede l’eliminazione di una parte degli esemplari, tra i 5 e i 10mila, in un’area circoscritta, per stimare costi e tempi, per poi estendere l’operazione. È stato formato un team di cacciatori incaricati di posizionare le trappole in diverse zone, ad esempio lungo le sponde del Río Pipo, dell’Arroyo Grande, nella riserva Corazón de lsla. 
Secondo le autorità e gli esecutori, un’uccisione di massa sarebbe l’unico modo efficace per rimuovere il pro-blema.
Contestazioni sono arrivate dagli animalisti, che si oppongono all’idea che a pagare per un errore umano siano gli animali. E non sono contenti nemmeno alcuni operatori turistici. Infatti, le escursioni per avvistare i castori sono tra le più gettonate, insieme alla navigazione sul canale di Beagle e alle camminate di un giorno – con giro sul trenino – nel Parco nazionale della Terra del fuoco. La gita per vedere i castori dura, in genere, tra le quattro e le cinque ore. Prevede il trasporto a bordo di una 4×4 ai laghi Escondido e Fagnano, dove ci si avventura, fuori strada, nei boschi. Come ci spiega Walter Moreno di Rayen Aventura (unico ad avere accettato l’intervista su oltre dieci tour operator contattati), le agenzie turistiche, insieme agli operatori che possiedono gli stabilimenti invernali, negli ultimi vent’anni hanno progettato l’escursione di «avvistamento dei castori perché così è stato dato un senso e un vantaggio all’esistenza di questa specie esotica». 
Il Governo della Terra del Fuoco argentina, però, ha avviato il programma di riduzione della popolazione animale anche nei settori vicini ai centri invernali, privandoli del «protagonista principale», per così dire. Per Moreno andrebbe trovato un modo più appropriato per salvaguardare il territorio, «senza intaccare una risorsa che aiuta, anche se in piccola parte, chi si occupa di turismo». 

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