La fermentazione e la germinazione sono oggi di gran moda: molti sono i cuochi di successo che ne utilizzano le tecniche ancestrali. Certo, alcuni le scelgono perché fa tendenza, come fa tendenza utilizzare «chilometro zero» o «cucina della nonna», concetti che inteneriscono i cuori più coriacei. Ma altri le praticano nella piena convinzione di arricchire gli ingredienti e di conseguenza ottimizzare le qualità di ciò che propongono ai loro clienti. Vediamo di conoscerle un po’ meglio, sia pur sommariamente.
Fermentazione. Prima ancora della conservazione sotto grasso, prima ancora dell’essicazione al sole, esistevano già i cibi fermentati. In molte nazioni dove i frigoriferi e gli altri elettrodomestici refrigeranti sono oggetti (relativamente) rari o dove la tecnica della fermentazione è solida e molto legata a forti tradizioni culturali, come in Corea, la conservazione degli alimenti mediante la loro trasformazione biochimica per merito di lieviti e batteri specifici è cosa anche oggi attualissima.
Del resto, la fermentazione è la madre della cucina e solo nel corso del tempo si è andata via via separando fin quasi a cadere nell’oblio. Una separazione però solo formale, sia chiaro, dato che, nella pratica quotidiana, proseguiamo a far fermentare cereali, carni, pesce, verdure (i mitici crauti), latte, ecc. per ottenere pane, formaggio, vino, aceto, yogurt, conserve in salamoia, carni ben frollate. Attenzione: ai giorni nostri si continua a far fermentare non solo per scopi conservativi. Un cibo fermentato è un cibo arricchito nel gusto, pieno di sfumature di sapore, ma è anche un cibo vivo, trasformato, sanificato, sicuro e dunque pronto a essere consumato. Il cuoco di oggi fa bene a riappropriarsi di questa tecnica antica, imparando a dominarla alla luce delle nuove conoscenze tecnologiche e delle esigenze nutrizionali.
Germinazione. È quel processo vitale attraverso cui una pianta passa dallo stadio embrionale (germe) a quello di crescita del germoglio e poi allo sviluppo della prima radice, per terminare con lo sviluppo della prima foglia. Il processo termina quando la giovane pianta, pur traendo ancora parte del suo nutrimento dal seme, nello specifico dall’endosperma ricco di amidi, inizia a creare sostanze nutritive attraverso la fotosintesi clorofilliana e il suolo. L’attivazione e la rivitalizzazione del germe del seme avvengono attraverso il contatto con l’acqua. Man mano che il seme inizia ad assorbirla intervengono diverse reazioni biochimiche, per opera di enzimi il cui scopo è di rendere disponibili le riserve di amido al giovane germoglio. È a questo punto che il germoglio diventa una fonte concentrata di sostanze nutritive e che può essere utilizzato in cucina. La germinazione è un processo irreversibile che trasforma gli amidi, le proteine e i grassi complessi in semplici, rendendoli di più facile digestione e assimilazione da parte dell’organismo. Una volta che il processo ha raggiunto il massimo in termini di crescita di sostanze bio disponibili, il germoglio può essere consumato: aggiunto a crudo, su qualsiasi piatto, oppure è possibile riportarlo in stasi, essiccandolo dolcemente, così da averlo a disposizione alla bisogna.
Esempio massimo di germinazione è il bulgur, che è grano duro integrale germogliato, tipico della Mezzaluna Fertile (Libano, Siria, Iraq e vicini) ma oramai più che disponibile anche in Europa.