Grazie ai ceppi di vite selvatica

Furono i Fenici i primi a commerciare con i Celti-Liguri che abitavano le rive del Mediterraneo. I Greci presero poi il loro posto e fondarono intorno al 600 a.C. Massalia (Marsiglia). A loro volta, sulle coste dell’odierna Provenza, gli abitanti della nuova colonia gettarono le fondamenta delle città di Nike (Nizza), Antipolis (Antibes), Atheropolis (St. Tropez) e via elencando.
Intorno alle loro nuove colonie, svilupparono la cultura della vite, che per tutta quest’epoca restò tuttavia relativamente discreta sull’intero litorale, in compenso grazie al loro sapere, portarono l’arte della potatura a un passo successivo; con i ceppi di vite selvatica incominciarono a coltivare e vinificare l’uva. 
La Provenza è dunque la regione francese che per prima ha prodotto il vino circa 2600 anni orsono.
È con la conquista della Gallia da parte di Roma, che il vino conosce un eccezionale sviluppo. I conquistatori, infatti, portarono il loro grande sapere in materia di viticoltura e probabilmente anche nuove tecniche di vinificazione.
I primi impianti cominciarono a Forum Juli (Fréjus) con l’aiuto della popolazione composta anche da vecchi legionari, i quali costruirono un importante porto e un arsenale imponente in nome di Roma e a favore del suo dominio sul Mediterraneo. Fréjus fu dunque un centro di rilievo con una popolazione di seimila anime che, per sostenere i suoi bisogni alimentari, creò (forse) la prima cooperativa agricola appoggiata sulla coltivazione di cereali e naturalmente della vigna. Durante degli scavi avvenuti nel 1976, furono rinvenute nei pressi di questa città, delle doghe di legno appartenute a una barrique alta 120 cm, datata circa 30 anni a.C.
Dalle rive del Mediterraneo alle Collines du Haut Pays, la Provenza comprende i dipartimenti del Var, Bouches-du-Rhône e Alpes Maritimes. Si tratta di una regione che ha sempre esercitato un fascino e un’attrazione del tutto particolari. Alla nostra mente, il nome Provenza richiama splendide immagini di un mare e un cielo sempre azzurri, villaggi abbarbicati a cime di rossa argilla e a bianche rocce calcaree baciate dal sole.
Il suolo tormentato provenzale è legato a quello delle Alpi che nascono nell’era terziaria. I terreni sono molto diversi tra loro: alluvionali nelle valli del Rodano, della Durance e nel Delta, mentre sono scistosi, con residui minerali nel Massiccio des Maures, da Tolone a Saint-Raphaël; argillo-silicei dall’aspetto rosso scuro e ricchi di sale e argillo-calcarei nel resto della regione.
L’unico pericolo per le vigne è rappresentato dal Mistral il quale, secondo un antico proverbio della regione, è l’unico flagello della zona che non si è riusciti a debellare (gli altri due erano il Parlamento, trasferito a Parigi e le acque della Durance, che sono state canalizzate). Il forte vento infatti rende le estati ancora più secche e gli inverni più freddi. Per fortuna il mare mitiga questi eccessi e per quanto riguarda il vino, i vigneti sono spesso protetti da uno schermo di colline. A chi non conosce la regione, consigliamo di salire sull’altura di Cap Canaille, vicino a Cassis, che non solo ripara i vigneti sottostanti, ma offre un imperdibile panorama sui rilievi circostanti e sulla baia.
Le A.O.C. provenzali sono otto e sono particolarmente varie, troviamo delle A.O.C. molto piccole (Bellet 38 ettari), alle Côtes de Provence (19mila ettari) e rappresenta il 75 % del volume di produzione regionale.
Da Aix-en-Provence a Nizza, la straordinaria diversità dei terreni permette di produrre una vasta tipologia di vini. L’area che produce quelli migliori inizia vicino a Bandol, nei pressi di Tolone e si estende a forma di mezzaluna per circa novanta chilometri, attraverso l’altopiano delle Maures fino a Saint-Raphaël. I vigneti sono piantati su pendii orientati verso il mare e protetti dal Mistral. Le viti sulle colline sono coltivate sulle restanques, terrazze simili alle «fasce» liguri, sostenute da muri di pietra.
I vignerons provenzali vanno alla ricerca di un triplice obiettivo nella scelta del vitigno: l’armonia perfetta con il terroir, la tipicità del vitigno e la ricerca di un buon equilibrio tra le componenti del vino. Tra i vitigni a bacca bianca citiamo: il Rolle, parente stretto del Vermentino ligure; l’Ugni Blanc, antico vitigno portato in Francia da Caterina de Medici (Trebbiano Toscano); il Semillon, di grande qualità aromatiche, spesso assemblato con il Sauvignon Blanc che determina nei vini profumi vegetali e di fiori bianchi; la Clairette, vitigno tradizionale della Provenza; la Marsanne, che ci dona vini con una lunga persistenza in bocca e infine il Bourboulenc Blanc, chiamato anche Doucillon, vitigno rustico e robusto, entra in piccole parti nella composizione dei vini bianchi, portando morbidezza e un tocco di finezza.
Fra i vitigni a bacca rossa citiamo: la Grenache che, originaria della Catalogna, costituisce la base del vigneto delle Côtes-des-Provence e produce vini di grande grado alcolico, possenti e molto persistenti; il Syrah, originario della Persia, dà ai vini profumi di violetta e confettura di frutti rossi, ricchezza di tannini e colore; il Carignan, tipico vitigno della zona Mediterranea; il Tibouren, vitigno precoce, sono da provare soprattutto nella versione rosée (la Provenza è famosa per i suoi rosati fruttati, sec, caldi di alcol ed eleganti); il Cinsault, coltivato un po’ su tutte le A.O.C. provenzali; la Mourvèdre, originario della Spagna è il vitigno emblema di Bandol, molto adatto all’invecchiamento; il Braquet, coltivato soprattutto nella piccola A.O.C. Bellet, che viene usato nella produzione dei rosati; la Folle Noire, vitigno particolare coltivato nel Bellet, molto profumato; e infine il Castet, che produce grappoli dagli acini molto piccoli.  
Tutti vini da bersi con cibi della cucina provenzale, ricca di profumi, sapori, aromi, difficile da reperire altrove, che non rinuncia alla frugalità del suo passato e resta fedele alle sue radici, al suo spirito e alla sua fantasia.

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