Il tempo dell’automobile si avvia alla sua conclusione? Le quotidiane, interminabili code sull’autostrada cantonale ripetono all’infinito quanto sia ormai un mezzo di trasporto poco efficiente, inquinante e oltretutto costoso.
L’auto è sempre più inutile. Ogni tentativo di andare verso il centro città comporta una multa sicura per aver utilizzato una corsia riservata ai mezzi pubblici o per un parcheggio troppo disinvolto. Al bisogno meglio affidarsi al car sharing (www.mobility.ch). Per viaggi a media distanza funziona molto bene la condivisione del viaggio – car pooling – con chi va nella nostra direzione (il riferimento è www.blablacar.com, efficiente ed economico). Anche gli autobus di linea sono molto migliorati nel tempo di Flixbus (www.flixbus.com). Poi c’è il treno, naturalmente. E per tragitti più lunghi, perché restare per ore al volante quando si può volare con una compagnia low cost e continuare poi con un’auto a nolo?
L’auto non è neppure più uno status symbol. Lo era ancora nel 2015 per quasi metà degli italiani (Ricerca «AutoScout24»). Ma già l’anno dopo si preferivano vetture piccole e sofisticate, anche quando ci si potrebbe permettere di meglio. Nel 2018 un’altra indagine ha concluso che per i clienti più giovani (millennial) l’auto è solo un mezzo di trasporto, senza risvolti di prestigio sociale. Nella sharing economy siamo sempre meno possessivi: con app come www.sharoo.com si può affittare ad altri la propria auto, quando non la si usa. È la fine dell’american dream («L’unica cosa che l’americano ama veramente è la propria automobile», William Faulkner).
Nel 1886, Karl Benz e Gottlieb Daimler presentarono il primo veicolo con motore a combustione interna. Intorno alla Prima guerra mondiale l’automobile usciva dalla fase sperimentale. Nel 1907 la massiccia Itala, guidata dal principe Scipione Borghese, percorse sedicimila chilometri da Pechino a Parigi, raccogliendo la sfida lanciata dal quotidiano parigino «Le Matin»: «Quello che dobbiamo dimostrare oggi è che dal momento che l’uomo ha l’automobile, egli può fare qualunque cosa e andare dovunque. C’è qualcuno che accetti di andare, nell’estate prossima, da Pechino a Parigi in automobile?». Compagno di viaggio del principe Scipione Borghese era il giornalista d
el «Corriere della Sera» Luigi Barzini, autore al ritorno di La metà del mondo vista da un’automobile.
Dal 1908 al 1927, la Ford produsse la prima auto veramente popolare, la Modello T, «l’auto del secolo» secondo un sondaggio del 1999; «Un auto in ogni rimessa» era lo slogan. Grazie alla catena di montaggio ne furono prodotti quindici milioni di esemplari. Per semplicità l’unico colore disponibile era il nero («Ogni cliente può ottenere un’auto di qualunque colore desideri, purché sia nero», Henry Ford; nel frattempo ne ha fatta di strada, v. pag. 15).
Una volta disponibile, ci si chiese come utilizzare al meglio il nuovo mezzo di trasporto. Una semplice alternativa al treno? Oppure il suo impiego naturale poteva essere in quelle gare sportive di velocità esaltate dai futuristi, dove l’auto ha il «cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo» (Marinetti)? Entrambe queste vie furono percorse anche se, un secolo dopo, sembrano giunte a un vicolo cieco.
Un piccolo gruppo di artisti e scrittori – Marcel Proust, Aldous Huxley, Robert Byron, Carlo Placci – seguì invece un percorso diverso. «L’automobile ha resuscitato lo spirito romanzesco del viaggio» annota la scrittrice americana Edith Warton nel 1909, mentre guida la propria vettura per le vie polverose d’Italia e di Francia, abbandonate al traffico locale dopo la costruzione della ferrovia.
Nella prospettiva di questi viaggiatori solo l’automobile consente di raggiungere mete nascoste, piccoli borghi senza stazione oppure una pieve di campagna. E quando visitano una città vogliono coglierla di sorpresa, «entrare dietro le quinte» del consueto spettacolo turistico (Marcel Proust).
Non la velocità quanto piuttosto la libertà di movimento è la principale attrattiva. Partire e sostare quando si vuole, assecondare l’istinto e la curiosità a ogni bivio, seguire i propri ritmi. Anzi la velocità va tenuta sotto controllo perché, se troppo elevata, smorza la percezione, riduce il paesaggio a un flusso di sensazioni indistinte e genera una sorta di trance. L’auto poi dev’essere rigorosamente scoperta perché l’abitacolo tende a creare un piccolo mondo protetto e confortevole, separato dal territorio. Forse solo in questa sua raffinata e decadente versione d’inizio secolo l’automobile sembra avere ancora un futuro. Volete fare una prova alle porte di casa?
Percorrete a bassa velocità una strada storica, per esempio la Strada statale 340 Regina, lungo la riva occidentale del Lago di Como. Sapete che ricalca un’antica strada romana, collegamento tra il porto fluviale di Cremona e la provincia della Rezia (in parte coincidente con la moderna Svizzera), attraverso Milano e Chiavenna?
Costeggiate la sponda del ramo di nord-est del Lago di Lugano, passate la dogana poco prima di Oria (frazione di Valsolda) e continuate fino a Menaggio. Qui potreste scendere fino a Como ma meglio forse risalire invece la sponda occidentale dell’alto Lario fino a Gera, all’estremità settentrionale del lago. Superate il fiume Mera sul Ponte del Passo, poi attraversate il Pian di Spagna sino a Trivio Fuentes, importante crocevia tra il Lago di Como, la Valchiavenna e la Valtellina, dove la Strada Regina finisce. Una visita alle rovine del Forte di Fuentes – con le sue memorie delle guerre tra gli Spagnoli e i Grigioni, così come le numerose storie di banditi – è la perfetta conclusione dell’itinerario.
Scegliete un giorno infrasettimanale e in bassa stagione, per evitare il traffico. Strada facendo guidate lentamente, coi finestrini abbassati; evitate tutte le varianti veloci e apprezzate invece la vista del lago, il tracciato tortuoso, l’attraversamento dei piccoli paesi, le soste e gli indugi, anche gastronomici. Accogliete con aristocratica indifferenza eventuali sollecitazioni altrui a un’andatura più spedita: che ne sanno loro di questo vostro viaggio sospeso tra passato e presente?