Nell’articolo pubblicato il 23 luglio dello scorso anno segnalavamo che il Consiglio federale aveva l’intenzione di presentare un controprogetto all’iniziativa popolare detta «Per prezzi equi». L’iniziativa prendeva di mira un aspetto particolare tra quelli che concorrono a formare il mito di «isola dei prezzi elevati». Si tratta della prassi di produttori esteri di applicare in Svizzera un prezzo superiore a quello praticato in altri paesi.
Tutti sono però concordi nel constatare che il nostro paese dispone di pochi mezzi – e anche poco efficaci – per combattere il fenomeno. La sorveglianza dei prezzi si limita in pratica alle grandi intese cartellistiche che possono dominare il mercato. L’iniziativa vorrebbe invece combattere il fenomeno del «sovrapprezzo svizzero» estendendo il concetto di dominanza del mercato a quello di «dominanza relativa» del mercato. Un concetto che si applicherebbe, per esempio, quando a un fornitore, o anche a un cliente, non restano alternative rispetto all’impresa che domina il mercato.
Situazioni reali che si verificano per esempio nell’industria delle macchine o anche in quella alberghiera, nelle quali i clienti svizzeri pagano prezzi superiori a quelli pagati da altri paesi, il che ovviamente danneggia le imprese svizzere nella concorrenza internazionale. L’iniziativa chiede inoltre misure contro il cosiddetto «geoblocking» nel commercio via internet. Si tratta dell’esclusione di un mercato dalle forniture dall’estero, oppure del passaggio attraverso un portale svizzero che pratica prezzi più elevati. Questo modo di fare è già vietato tra i membri dell’Unione Europea. In sostanza, anche la legge svizzera sui cartelli vieta questo sistema, ma solo per le imprese che hanno una posizione dominante sul mercato.
Ora il Consiglio federale si trova davanti a una situazione molto difficile da regolare, ma ha già deciso di proporre al Parlamento di respingere l’iniziativa, riprendendone però alcuni punti centrali nel controprogetto, mediante una revisione della legge sui cartelli. Il Consiglio federale considera in primo luogo che certe discriminazioni sui prezzi o sulle forniture sono già vietate quando diventano un ostacolo alla concorrenza internazionale.
Il controprogetto non prende in considerazione eventuali misure contro il potere della domanda (quelli che il professor Galbraith definiva negli anni Sessanta «counterwailing power») adducendo che queste pratiche si realizzano solo a livello internazionale e un’eventuale regolamentazione non potrebbe prendere in considerazione una clausola di protezione nazionale. Infine, si rinuncia anche a un divieto generale contro il blocco del commercio in internet, non praticabile all’estero, per cui colpirebbe solo aziende svizzere.
Dalla procedura di consultazione si può dedurre che il progetto ha buone possibilità di essere accolto, nonostante una netta opposizione tanto all’iniziativa, quanto al controprogetto da parte del PLR e dell’UDC, ma non si escludono voti sparsi a favore. La Commissione della concorrenza non ha preso posizione sul tema. Tema che, secondo alcuni, necessiterebbe di ulteriori approfondimenti nel settore dei grandi cartelli dominanti. D’altro canto già oggi i tribunali civili sono in grado di decidere sulla dominanza relativa in casi concreti e provati. Restano comunque aperte molte questioni. Ci si chiede se la posizione di ogni fornitore debba essere esaminata, di volta in volta, per vedere se ha una posizione relativamente dominante sul mercato. Si dovrebbe poi valutare fino a che punto un cliente svizzero potrebbe essere discriminato nel commercio internazionale, affinché la nuova legge possa ottenere qualche risultato. Il messaggio dice soltanto che non deve trattarsi di casi «bagatelle», il che lascia ancora un ampio spazio di interpretazione.
Come si vede, se l’iniziativa per prezzi equi deve essere applicata tramite la legge sui cartelli e per di più trovare applicazione anche al di là dei confini nazionali, le possibilità di un intervento efficace sono molto ridotte. Del resto il Consiglio federale aggiunge che non potrà fare granché contro il fenomeno dei prezzi elevati in Svizzera. Tutt’al più potrebbe provocare riduzioni di prezzi in qualche caso particolare. Secondo il governo, gli effetti negativi in Svizzera non sarebbero così gravi, anche se difficili da valutare sul piano economico generale. La Svizzera è anche «un’isola di salari elevati» e per questo subisce le discriminazioni citate nell’iniziativa. Tuttavia, si potrebbe sostenere anche il contrario, ma entrambe le situazioni sarebbero da provare. Ci si può però chiedere se la differenza di potere d’acquisto tra la Svizzera e i suoi fornitori sia tale da giustificare prezzi del 30-50% superiori a quelli degli Stati vicini.
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