Washington accusa Pechino di essere responsabile dei centomila morti all’anno per abuso di oppioidi, la Cina risponde tagliando le esportazioni di Fentanyl ma ricorda che il problema sta soprattutto nella domanda
Una delle caratteristiche più discusse della politica del presidente americano Donald Trump è quella di porre tutte le questioni sullo stesso tavolo dei negoziati. Questo è particolarmente evidente con la Cina, che invece è addestrata più di ogni altro paese ai colloqui informali, alle fitte reti di trattative nell’ombra, alla fiducia costruita sulla base delle relazioni. Se la guerra commerciale tra America e Cina va avanti ormai da mesi, con periodici tentativi di riavvicinamento, tregue precarie, aperture che saltano con la velocità di un tweet di Trump, ci sono molti altri conflitti paralleli che riguardano il confronto tra le due culture e la competizione internazionale.
Quando Trump, a fine agosto, ha scritto su Twitter che la colpa dei centomila morti all’anno che gli oppioidi fanno in America è della Cina, Pechino ha risposto con l’ennesimo stallo nei negoziati commerciali. Perché la trade war è solo un pezzo del mastodontico scontro tra le prime due economie del mondo, tra i due leader forti, Donald Trump e Xi Jinping. Quando qualcuno azzarda l’espressione «scontro di civilità» non è del tutto lontano dalla realtà: di sicuro è uno scontro tra modelli. Basti guardare American Factory, il documentario prodotto non a caso dagli Obama su una fabbrica in Ohio che diventa di proprietà cinese. Il «padrone» cambia, e cambiano le regole, i modelli. Con la «nuova guerra dell’oppio» non è molto diverso.
All’inizio di maggio era arrivato il primo vero successo dell’Amministrazione Trump, dopo aver dichiarato gli oppioidi «un’emergenza nazionale»: Washington era arrivata a un accordo con la Cina sulle importazioni di Fentanyl, il più usato e famoso degli oppioidi, cinquanta volte più potente dell’eroina. Pechino ha rubricato le sostanze derivate dal Fentanyl come controllate, nel tentativo di limitarne il traffico illegale. Ma la stretta cinese non ha ridotto le morti in America. Tre mesi dopo Trump ha scritto su Twitter che «Xi sta facendo ancora poco» per il traffico illegale di droga, e gli ha risposto Liu Yuejin, vicecapo della Commissione nazionale cinese per il controllo dei narcotici, dicendo che dal primo maggio scorso non è stato intercettato un solo carico di Fentanyl verso gli Stati Uniti, e che se i morti ci sono ancora, forse l’America dovrebbe risolvere i suoi problemi limitando la domanda, non bloccando l’offerta.
Quello americano infatti è un problema culturale, che arriva da lontano. Non è un caso se, pur essendo molto facile procurarsi via internet il Fentanyl, solo in America la dipendenza da oppioidi sia una vera emergenza. In Europa la formazione cristiana della maggior parte della classe medica, secondo diversi accademici, ha in un certo senso prevenuto l’uso diffuso degli oppioidi per il trattamento del dolore. L’antidolorifico che siamo abituati ad assumere agisce sulla causa del dolore, cioè se abbiamo male a una gamba riduce per esempio l’infiammazione che quindi ferma la reazione del cervello.
Gli oppioidi, invece, lavorano direttamente sul cervello, che ingannato dal narcotico semplicemente smette di far percepire il dolore. La tradizione medica americana, a differenza di quella europea e asiatica, ha un principio valido sempre, in tutte le circostanze, che è quello dell’assenza di dolore. È questo che ha portato, negli ultimi vent’anni, a medici che prescrivono gli oppioidi come il Fentanyl con molta facilità anche ai più giovani, che poi ne diventano dipendenti. E se lo procurano come possono, soprattutto per strada.
Nel mondo globalizzato, la Cina è la prima a proporre un’offerta quando c’è una domanda. Secondo un’inchiesta del «Los Angeles Times» la piazza di spaccio di Fentanyl più grande al mondo era un sito di proprietà della Zheng group – poi chiuso dalle autorità cinesi. Sede a Shanghai, e con un portale internet tradotto in 35 lingue, i trafficanti dello Zheng esportavano Fentanyl e altri narcotici sintentici praticamente ovunque.
Secondo le indagini degli investigatori statunitensi il loro modello era infallibile: piccolissime quantità venivano consegnate direttamente agli spacciatori americani via posta. Le partite più grosse andavano invece ai trafficanti messicani, che poi tagliavano il Fentanyl con altre droghe pesanti, e poi facevano passare lo stupefacente attraverso il confine. Ora lo Zheng non esiste più, ma il modello evidentemente persiste.
Nella prima metà dell’Ottocento, all’inizio della prima Guerra dell’Oppio, la situazione era rovesciata: «Ogni bambino in Cina e ogni persona che abbia avuto un’educazione conosce quel periodo come il “secolo dell’umiliazione”», ha detto al «New York Times» lo storico Stephen R. Platt. «La memoria persistente della storia del Diciannovesimo secolo spiega molto bene il desiderio odierno della Cina di avere un ordine commerciale globale che vada a suo favore».
Qualcuno parla del traffico illegale di Fentanyl odierno come di una vendetta della Cina contro l’America per le Guerre dell’oppio. Ma la questione è più complessa, e più verosimilmente si tratta di un altro tassello della guerra commerciale – con la differenza che qui non si tratta soltanto di dazi, ma di vite umane. / G.P.