Con l’inizio del 2020 e della nuova decade del terzo millennio viene spontaneo soffermarsi, con un misto di nostalgia e curiosità, sugli avvenimenti degli ultimi dieci anni. In questo periodo il mondo dei videogiochi è cambiato enormemente: dai prodotti creati per essere fruiti da singoli utenti si è passati ai giochi da condividere con amici e sconosciuti in modalità online. Non che prima del 2010 non esistessero giochi multiplayer sulla rete, ma il fenomeno è cresciuto a livello esponenziale.
Gli anni Dieci, inoltre, hanno visto l’avvento di nuove figure professionali nel mondo del gaming: le più importanti sono sicuramente gli atleti di e-sport e gli streamer. I primi (proprio come quelli veri) possono guadagnare milioni, tra premi, sponsorizzazioni e altre attività. Gli altri incassano piccole fortune trasmettendo online le proprie partite. Un fenomeno che all’inizio degli anni 2000 non compariva nemmeno nei sogni più assurdi di chi, chiuso nella propria cameretta, smanettava con PlayStation e Gamecube.
L’ultima decade ha visto quindi crescere l’importanza dei videogiochi quale fenomeno globale di massa. Quasi tutti, oggi, siamo giocatori. Le sole differenze stanno in come ci percepiamo nei panni di giocatori e nel tipo di gioco che scegliamo. Basta dedicare qualche minuto al giorno a un rompicapo sullo smartphone per essere, tecnicamente, dei gamer. L’accesso a questa fonte d’intrattenimento è ormai alla portata di chiunque, appunto perché i videogiochi possono essere fruiti non più solo su dispositivi creati appositamente allo scopo o su computer d’ultima generazione.
Di pari passo, inevitabilmente, è anche cresciuto il fatturato del settore, arrivando a superare agilmente cinema, televisione e musica. L’incremento oscilla tra il 15 e il 20% annuo, percentuali impensabili per i media tradizionali, che, scusate il gioco di parole, non posso competere con i giochi. E in questo campo colpisce in modo particolare l’invasione del mercato compiuta dalle produzioni orientali, in particolar modo cinesi.
Per ciò che riguarda i titoli classici, gli anni Dieci hanno visto l’arrivo di franchise oramai entrate nella leggenda, quali Grand Theft Auto 5, League of Legends, Overwatch, Fortnite, Minecraft e via dicendo. La lista è davvero lunga. Più in generale possiamo affermare che i videogiochi hanno subito un’evoluzione lenta ma costante, dando origine a categorie sempre più specifiche. Da un lato, i giochi con una forte componente narrativa, dall’altra esperienze ludiche vissute esclusivamente online.
Quelli che non arrivano sul mercato sono giochi con ambizioni artistiche più alte. Anche se si è visto qualche titolo molto interessante, capace di sfruttare a fondo le capacità narrative e cinematografiche del medium, tuttavia il mondo dei videogiochi continua a non essere considerato come terreno fertile per opere di rilevanza culturale. Un’opinione probabilmente destinata a cambiare nella prossima decade, quando i giovani nati coi videogiochi si avvicineranno ai cinquant’anni di età. Quando il prodotto del videoludico sarà condiviso da diverse generazioni e da diverse classi di età assumerà forse una nuova fisionomia.
Che cosa attendersi allora dagli anni Venti? Le prime avvisaglie della nuova generazione sono già qui. Sia Microsoft che Sony dovrebbero lanciare sul mercato i successori di PlayStation e Xbox entro la fine dell’anno. I videogiochi si avvicineranno sempre di più ad una fedeltà grafica per ora solo possibile nelle produzioni cinematografiche di Hollywood. Tecniche speciali quali raytracing, cloud computing e parallelizzazione dei carichi computazionali la faranno da padrone, e magari restando termini incomprensibili al pubblico. È anche possibile che in futuro più nessuno possegga una console per i videogiochi e che l’industria migri completamente verso servizi sul Cloud. Ogni grande attore del mercato, Google compresa, sta lavorando alacremente in questa direzione per diventare «il Netflix dei videogiochi». Tuttavia, se questa transizione si farà sul serio dipenderà da molti fattori, non da ultimo l’accesso a connessioni internet sempre più veloci, tra cui le reti 5G.
Non dimentichiamo poi la realtà virtuale, che dopo una partenza entusiasmante, ha un po’ rallentato la sua espansione. Va però detto che questo tipo di applicazioni sta giungendo lentamente alla maturità e c’è la possibilità che un giorno diventi un prodotto mainstream. La stessa cosa vale per i giochi in realtà aumentata (pensiamo al fenomeno Pokémon GO) sui cellulari: migliorie forse poco visibili ma costanti porteranno a netti progressi in questo particolare settore.
Per finire, le applicazioni di intelligenza artificiale e reti neurali. Termini un po’ vaghi che però entreranno a far parte della vita quotidiana. Sistemi di computer che aiuteranno gli sviluppatori di videogiochi a proporre esperienze sempre più complesse e articolate, svolgendo compiti altrimenti impossibili per gli esseri umani. Già oggi ci sono applicazioni che sfruttano reti neurali per produrre una grafica migliore o il riconoscimento di parole, visi, modelli grafici e molto altro. Non arriveremo, si spera, ad una IA malvagia come si vede spesso nei film catastrofici. Tuttavia è ormai chiaro che una serie di IA avanzate saranno parte della nostra esistenza quotidiana, che questo ci faccia piacere o meno.
Insomma, la prossima decade sarà caratterizzata, come tutte quelle precedenti, da luci e ombre. Fantastiche evoluzioni e pessime idee. Il mondo dei videogiochi evolverà ancora, diventando probabilmente sempre più preponderante e di valore. C’è solo da sperare che la Svizzera, con la sua industria del videogioco ancora in fase di gestazione, non perda il treno in un settore che non solo può portare molti soldi ma anche molti posti di lavoro e sbocchi creativi alle nuove generazioni.