Tra etica ed estetica

A Genk, in Belgio, nella regione delle Fiandre, su un terreno di oltre duecentoquarantamila metri quadrati con un passato di miniera di carbone prima e di zoo poi, esiste da pochi mesi uno straordinario parco della biodiversità chiamato Labiomista. Qui, attraverso gli strumenti dell’arte e della scienza, si sperimentano nuove forme di relazioni tra esseri umani, animali e ambiente, puntando sulla varietà bioculturale per creare comunità resilienti e sostenibili.
Questo ambizioso progetto multidisciplinare basato sull’idea che sia possibile (e necessario) rinsaldare il rapporto tra uomo e natura è stato partorito dalla mente eclettica di Koen Vanmechelen, che proprio in Labiomista ha voluto far confluire gli aspetti principali della sua ricerca per riflettere su alcuni dei temi più importanti della nostra epoca.
Vanmechelen, classe 1965, belga, per la precisione limburghese, conterraneo di grandi maestri del passato quali Bruegel, Bosch e Rubens, è una figura tre le più poliedriche del panorama artistico internazionale contemporaneo. Scultore, pittore, videoartista, performer, studioso e militante dei diritti umani, fin dagli anni Ottanta percorre con il suo lavoro un versante particolarmente innovativo, esplorando con acume e una buona dose di stravaganza il legame tra natura e cultura, tra creatività, scienza e filosofia.
Un esempio? Il «Cosmopolitan Chicken Research Project», un programma mirato alla generazione di nuove razze avicole a cui l’artista ha dato il via nel 1999. In collaborazione con scienziati di differenti discipline, Vanmechelen ha attuato un progetto mondiale di incroci di polli provenienti da svariati paesi con l’obiettivo di creare un «esemplare cosmopolita» che trasportasse i geni di tutte le razze di pollo del pianeta, un ibrido più bello, forte, fertile e longevo che nella poetica dell’artista diviene simbolo della positività della diversità biologica e culturale. Interessante è come questo progetto di «arte vivente», lungi dall’essere mera utopia, abbia ottenuto il plauso di governi e di organizzazioni internazionali, trovando applicazione anche nell’ambito di un’importante iniziativa di lotta alla povertà in Etiopia e in Zimbabwe.
A Vanmechelen, originale artista concettuale dalle mille sfaccettature, il Teatro dell’architettura dell’Università della Svizzera italiana a Mendrisio dedica una mostra che raccoglie più di sessantacinque opere eseguite dal 1982 a oggi, testimonianza di un’attività versatile e impegnata, a tratti ironica e di grande impatto visivo. Negli spazi dell’edificio progettato da Mario Botta (amico di lunga data dell’artista, per il quale ha realizzato le architetture di Labiomista), sfilano lavori che, seppur selezionati per far risaltare principalmente gli aspetti plastici della produzione di Vanmechelen, sono testimonianza dell’estrema varietà dei suoi approcci all’arte.
Come emerge chiaramente dalle sculture, dalle stampe fotografiche, dalle installazioni e dai dipinti radunati in mostra, le opere di Vanmechelen si fanno espressione di una ricerca di complicità tra estetica ed etica, di un’indagine profonda volta a manifestare la bellezza e il valore della vita. Ad animarle è la volontà di riprodurre e reinventare la complessità della natura, al fine di comprenderla, omaggiarla e contribuire a proteggerla. E difatti, proprio prendendo a prestito i principi che regolano il creato, Vanmechelen fa della diversificazione il criterio più proficuo ed efficace per generare i suoi lavori.
Da sempre centrale nel percorso dell’artista, il tema del pollo è anche il leitmotiv della rassegna mendrisiense, soggetto particolarmente caro a Vanmechelen perché visto come metafora dell’individuo e della società. Attraverso questo animale domestico, che da millenni è in co-evoluzione con l’uomo e che risulta essere la creatura vivente con la parentela più vicina ai dinosauri, l’artista medita e fa meditare su importanti questioni scientifiche e filosofiche. La gallina e l’uovo diventano così potenti simboli che consentono a Vanmechelen di esibire il suo esuberante estro senza mai perdere di vista le finalità etiche del suo operato.
Il richiamo al volatile è pressoché onnipresente nella rassegna: dalle piume e dai frammenti di guscio deposti sulle ampie tele colorate con gli acrilici al piccolo pulcino in vetro tenuto sul palmo di una mano gigante modellata nel bronzo, dalle decine di uova di cristallo poste all’interno di un’incubatrice ai vispi polli ibridi (alcuni dei quali sono esemplari di razze antiche ripristinate grazie al progetto di Vanmechelen di cui prima si è detto) immortalati nella nutrita serie di stampe lambda.
Di particolare impatto, poi, sono i busti marmorei dell’artista ispirati alla Medusa di Pieter Paul Rubens, suo illustre compatriota, la cui pittura barocca dall’opulenta vitalità ha suscitato in Vanmechelen grande ammirazione: dalle levigatissime teste di queste sculture spunta un inaspettato groviglio di serpi e galline che lascia il visitatore sospeso tra stupore e inquietudine. Specchio perfetto di quella mescolanza di teatralità e allegoria tipica dell’artista, anche questi lavori incarnano l’appassionata visione di un uomo che crede nella vigorosa unione tra arte e scienza per migliorare le sorti del mondo.

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