In Svizzera due matrimoni su cinque finiscono in divorzio. Questa non prevista interruzione dell’unione coincide in genere con un periodo duro per i coniugi, e non solo. Nel caso in cui siano presenti dei figli, essi subiscono infatti, per forza di cose, la decisione dei propri genitori di separarsi, che è per loro fonte di fatica e sofferenza. «I figli si aspettano che i loro genitori stiano insieme per sempre. Questa idea nasce dal fatto che con loro da subito viene creato un profondo rapporto fatto di ricerca, amore e idealizzazione. I bambini danno per scontato la presenza e la cura parentale e sanno che la loro vita dipende dagli adulti di riferimento», afferma Angela Nardella, psicologa e psicoterapeuta, attiva presso la Clinica Psiche di Lugano. Di conseguenza per fare in modo che i figli elaborino la separazione nel modo meno gravoso possibile è necessario che sia la mamma sia il papà li rassicurino sul piano genitoriale. «La separazione avviene nella coppia affettiva e non in quella parentale e i bambini hanno bisogno di essere rassicurati sull’idea che, nonostante tutto, i loro genitori ci saranno sempre per loro», continua Nardella.
Anche il clima emotivo tra i genitori durante, e subito dopo, la separazione è un elemento importante. «I genitori devono avere la maturità necessaria per non coinvolgere i figli nelle loro eventuali conflittualità e per parlare con loro a proposito di emozioni, rasserenando, come detto, i bambini. Se necessario, è bene rivolgersi ad uno psicologo psicoterapeuta che aiuti il figlio a estrinsecare le proprie paure e difficoltà», spiega Angela Nardella.Il ricorso ad un esperto è particolarmente auspicabile nei casi in cui la separazione sia eccessivamente conflittuale oppure possa mettere uno dei genitori in un profondo disagio psicologico. «La sofferenza del genitore abbandonato o tradito non deve entrare nel mondo affettivo e psicologico del figlio – commenta la psicoterapeuta – una presa a carico può anche aiutare nel caso in cui un bambino viva un’alienazione parentale derivante dall’idea che un genitore sia colpevole della rottura».
Mantenere un buon rapporto con entrambi i genitori mitiga gli effetti negativi del divorzio sui figli, sui quali, comunque, incidono un insieme di elementi – di tipo sociale, economico, legale e psicologico – che possono aumentare o diminuire lo stress legato all’atto della separazione.L’incidenza di disturbi, di tipo affettivo, emotivo o comportamentale, di una certa durata ed importanza nei figli di genitori separati comunque generalmente è bassa. Quando lo stato di disagio perdura nel tempo, ciò è con ogni probabilità da ricondurre ad una situazione problematica preesistente, a cui la separazione non ha messo fine. In genere la situazione che si presenta è però piuttosto quella in cui la separazione diviene l’unica via per interrompere una situazione di conflitto o una relazione malsana o tormentata. A tal proposito è bene sfatare la credenza secondo la quale «per i figli» sia meglio che i genitori restino insieme. In realtà il fatto che i genitori stiano insieme o separati ha poca influenza sul benessere psicologico dei figli, mentre il fatto che siano in conflitto può risultare dannoso per l’equilibrio emotivo di bambini e ragazzi. Un conflitto prolungato crea infatti un clima famigliare teso e, in un tale contesto, è verosimile che i genitori siano meno propensi verso i figli. Capita allora che questi ultimi tendano a comportarsi male o esasperino alcuni segnali di ricerca di attenzione, instaurando così un circolo vizioso negativo nei rapporti. «Le problematiche del bambino sono direttamente proporzionali al livello di conflittualità tra i genitori. È meglio avere genitori separati e sereni piuttosto che conviventi e conflittuali», commenta Angela Nardella.
Il divorzio o la separazione, pur rappresentando il fallimento di un progetto, risultano quindi un fattore protettivo per il bambino nel caso in cui sanciscono il passaggio da una famiglia perennemente in tensione a un nucleo famigliare più sereno ed equilibrato. Ma cosa comporta per il bambino il fatto di doversi adattare ad una nuova situazione famigliare? «Sicuramente non è un processo immediato; per natura però gli individui tendono a ricercare il miglioramento della qualità di vita. Nello specifico poi il bambino desidera garantirsi l’amore dei suoi genitori e la sopravvivenza. Se queste basi sono mantenute in un apparato migliorativo, egli non farà quindi fatica ad adattarsi», spiega la psicoterapeuta. La nuova situazione comporta per forza di cose anche alcuni cambiamenti o aggiustamenti nei rapporti: «accade non di rado che i bambini si riapproprino di un rapporto carente o periferico, soprattutto con il genitore che lascia la casa nel quale l’idea di non vivere più sotto lo stesso tetto potenzia spesso il desiderio di vedere i figli – afferma Nardella – può però anche succedere che i rapporti peggiorino, per una naturale sofferenza e per la modificazione del sistema famigliare, ma soprattutto per la mancanza di capacità genitoriali di chi lascia il tetto, a causa di schemi o nodi irrisolti all’interno della coppia». Il bambino in ogni caso tende a vivere la relazione con entrambi i genitori e ha bisogno di farlo nel modo più sereno possibile. «Gli adulti devono abbandonare la loro posizione di stallo, per muoversi in una relazione di aiuto e comprensione verso i figli – continua la psicologa – per esempio, se un bambino rifiuta di stare con un genitore più o meno funzionante, è spesso perché crea schemi mentali che gli vengono costruiti dal genitore ferito, il quale dovrebbe abbandonare la posizione narcisistica per portarsi in un’area altruistica, facendo così prova di un sano amore educativo per il proprio figlio».
Facendo un passo indietro, alle fasi che precedono la separazione, uno dei grandi dubbi dei genitori è che cosa dire ai bambini. Interrogativo di fronte al quale può emergere l’istinto di nascondere quello che stanno vivendo. «Non comunicare subito quello che sta accadendo può essere normale, anzi addirittura funzionale ad una preparazione interiore capace poi di creare uno spazio e un tempo per affrontare la verità. In altri casi, l’atteggiamento omertoso potrebbe essere legato a un senso di iperprotezione verso il bambino o a paure ingiustificate su eventuali reazioni. Potrebbe persino essere dovuto a un’incapacità di vivere l’evento o a una sua non accettazione», afferma Angela Nardella. Atteggiamenti di questo tipo necessitano di un lavoro interno per superare il blocco e riuscire così a comunicare ai bambini, anche se piccoli, la fine della relazione tra i genitori, che è un atto doveroso. «Il non detto su tematiche così delicate può creare false attese o speranze – commenta la psicoterapeuta – per tale motivo bisogna dire ai figli quello che sta succedendo, con un linguaggio e con modalità congrue all’età e alla capacità di comprensione. Il messaggio fondamentale che va verbalizzato concerne l’idea che i grandi possono litigare o possono non volersi più bene come prima, ma sicuramente non smetteranno la loro funzione genitoriale. Questi messaggi possono arrecare dolore o scompiglio, ma portare il bambino in un’area in cui sperimenta le proprie emozioni, lo aiuterà ad elaborarle meglio e a tollerare le frustrazioni legate al processo di adattamento alla nuova situazione».
Se ricevono una spiegazione chiara e sincera delle ragioni che hanno portato i genitori a separarsi, i bambini potranno smettere di pensare – come spesso accade – di essere i responsabili della separazione oppure che, compiendo degli sforzi, potranno far tornare unita la famiglia. Sensazioni – il senso di colpa e di responsabilità – che, se non eliminate, possono essere fonte di grandi sofferenze. Per contro, se ai figli viene dato modo di seguire, nella maniera adeguata, l’intero percorso, essi possono sperimentare che la vita è fatta, talvolta, di esperienze dolorose. «Questa sofferenza, se adeguatamente riconosciuta e sostenuta, può trasformarsi in una risorsa per la crescita emotiva del bambino, nella fortificazione di strategie e potenzialità che potrà inserire nelle relazioni interpersonali. L’idea che ci sia spesso una trasformazione positiva della sofferenza, aiuta i figli a superare le situazioni di difficoltà», conclude Angela Nardella.