Stato, informazione e trasparenza

Forse ce ne siamo dimenticati o non ci abbiamo mai fatto davvero caso, anche se in gioco c’è un diritto basilare per ogni cittadino. Vale dunque la pena ricordare che nella Costituzione cantonale è iscritto un principio sacrosanto, voluto in nome della trasparenza e in definitiva della legittimità delle diverse attività compiute dalla mano pubblica. All’articolo 56 si legge: «Ogni autorità informa adeguatamente sulla propria attività. Non devono essere lesi interessi pubblici o privati preponderanti». Un principio fondamentale che è stato ribadito dalla Legge sull’informazione e sulla trasparenza dello Stato (LIT), in vigore dal 2013.
Ma la vera novità di questa legge è stata l’introduzione del diritto per ogni persona di accedere ai documenti ufficiali senza dover motivare la propria domanda. Siamo giunti al settimo anno di applicazione, e il rapporto relativo al 2019 ci dice in sostanza che la sete di informazione dei ticinesi è aumentata. L’anno scorso sono state presentate 209 domande di accesso a documenti ufficiali, con un aumento del 13% rispetto al 2018, l’incremento annuale più elevato da quando la legge è in vigore. «Evidentemente anche prima si poteva avere accesso ai documenti – sottolinea Filippo Santellocco, responsabile della legislazione e della trasparenza presso i Servizi giuridici del Consiglio di Stato – occorreva però essere parte di un procedimento, avere un interesse. Oggi invece si può domandare di accedere a tutti i documenti ufficiali, si tratta delle informazioni in possesso delle autorità che riguardano l’adempimento di un compito pubblico. Questo diritto può essere negato solo in alcuni casi, ad esempio quando i documenti concernono procedimenti in corso oppure se ci sono interessi pubblici o privati preponderanti da tutelare».
Come del resto era successo anche in passato, l’anno scorso le sollecitazioni maggiori sono state quelle rivolte a autorità comunali. In effetti sulle 209 richieste totali del 2019, ben 170 sono state rivolte ai comuni. In generale le autorità hanno quasi sempre accolto le domande, quasi 9 volte su 10. L’ambito che solleva il maggior numero di richieste è quello dell’edilizia privata, spesso per questioni di vicinato. In questi casi a volte lo scopo principale di chi presenta domande di accesso non è tanto quello di far luce sulle decisioni delle autorità, quanto piuttosto quello di verificare l’operato del vicino di casa. E questo ben spiega la consistenza di questo genere di richieste. Il diritto di accedere ai documenti ufficiali è anche definito «informazione passiva», cioè un’informazione che le autorità non forniscono spontaneamente ma su richiesta. Questo diritto è oggi garantito a livello federale e in venti cantoni; a livello internazionale è riconosciuto da oltre cento Stati.
L’informazione attiva è invece quella che potremmo definire l’informazione «classica», fornita tramite conferenze stampa, interviste, comunicati e soprattutto tramite le pagine internet di cui dispongono le autorità, che rappresentano oggi il maggior vettore di divulgazione pubblica. Non tutte le richieste vengono accettate, ci possono essere anche dei dinieghi; lo scorso anno l’11% delle domande è stato respinto, una percentuale che viene considerata bassa tenuto conto che vi sono anche altre eccezioni al diritto di accesso. «Eventuali interessi pubblici o privati, quando sono preponderanti rispetto all’obiettivo della trasparenza, possono precludere l’accessibilità dei documenti. Ad esempio, in un documento possono esserci dati personali di cittadini, che naturalmente non apprezzano che finiscano in mano di estranei. Oppure, l’accesso a documenti contenenti informazioni di un’azienda potrebbe implicare la rivelazione di segreti professionali, commerciali o di affari, danneggiandone l’attività. Perciò le autorità, per decidere se accordare o meno l’accesso, devono spesso soppesare interessi contrastanti». Comunque in caso di rifiuto, chi richiede i documenti ma anche chi vi si oppone può rivolgersi ad una commissione di mediazione indipendente e/o ricorrere alla Commissione cantonale per la protezione dei dati e la trasparenza ed eventualmente rivolgersi al Tribunale cantonale amministrativo.
C’è comunque un altro ambito in cui il diritto d’accesso è parzialmente escluso, quello degli organismi che deliberano a porte chiuse: per tutelare la massima libertà possibile nell’adozione delle loro decisioni non sono accessibili i verbali e le registrazioni degli esecutivi e delle commissioni dei legislativi, cantonali e comunali.Fin qui la parte della legge che riguarda il rapporto tra cittadino e autorità, cosa dire invece della relazione tra l’ente pubblico e i media? «Non sono disponibili dati precisi sul numero di domande di accesso presentate dai giornalisti ma posso dire che negli ultimi anni i media hanno iniziato a servirsi della LIT per le loro inchieste». Probabilmente i giornalisti sono abituati ad usare altre fonti e ancora non sfruttano appieno gli strumenti messi a disposizione dalla legge sulla trasparenza. «In un contesto in cui siamo sommersi da informazioni di ogni genere, non sempre attendibili – conclude Filippo Santellocco – è fondamentale che le autorità forniscano ai cittadini informazioni oggettive e permettano di accedere facilmente ai documenti ufficiali». C’è una certezza legata alla natura stessa della legge sull’informazione e sulla trasparenza dello Stato: più le autorità si impegneranno nell’informazione attiva e meno i cittadini e media dovranno ricorrere all’informazione passiva. Due strumenti in ogni caso essenziali, visto che in democrazia la trasparenza è fondamentale, soprattutto quando in gioco c’è il denaro pubblico. Ne sono un esempio gli ultimi sorpassi di spesa emersi a Bellinzona, dove le autorità si sono già mosse per far al più presto la dovuta chiarezza su questa vicenda.
Informazioni
www.ti.ch/trasparenza

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