Governo italiano – Il presidente del consiglio alle prese con un’emergenza più grande di lui
Io avrei violato la Costituzione? Ma quando mai. In un’intervista alla «Stampa» Giuseppe Conte si difende dall’accusa che da più parti gli piove addosso, quella di avere gestito la pandemia da Coronavirus con un piglio decisionista che richiama la prassi dispotica dei pieni poteri. In particolare gli si rimprovera di avere limitato la libertà degli italiani, bloccando le loro attività e costringendoli in casa, senza assicurarsi l’appoggio del parlamento. Una deriva autoritaria, questo il pesantissimo addebito. Lui perora la sua causa da avvocato e da giurista, evoca una legge che autorizza il governo a proclamare lo stato d’emergenza, come quello che ha dichiarato il 31 gennaio per la durata di sei mesi, all’interno dei quali si sente libero di procedere come ha fatto fin qui. Naturalmente i dubbi restano, la materia è incandescente, di questo incontrollato esercizio del potere si parlerà a lungo. Potrebbe compromettere, nonostante il favore popolare, le sue ambizioni politiche.
L’aspetto singolare della vicenda è che l’uomo accusato di eccesso di potere è stato a lungo dileggiato per inconsistenza politica. Il belga Guy Verhofstadt, autorevole esponente della liberal-democrazia, in pieno parlamento europeo lo apostrofò come «burattino», specificando che il capo del governo italiano era manovrato dai suoi vice, il grillino Luigi Di Maio e il leghista Matteo Salvini. Effettivamente i due comprimari erano piuttosto ingombranti, per lunghi mesi il presidente esercitò un’autorità poco più che protocollare. Ma dopo che Salvini, inebriato dai bagni di folla e dai sondaggi favorevoli, ebbe scatenato la crisi mancando clamorosamente l’obiettivo della presidenza del consiglio, l’avvocato degli italiani, come ama definirsi, gettò alle ortiche la livrea del servitore di due padroni.
Nel nuovo governo, non più gialloverde ma giallorosso, svolge a pieno titolo il ruolo di presidente muovendosi disinvolto e assertivo sulla scena italiana e internazionale.Eccolo impegnato in un’ardua mediazione fra le due colonne portanti della nuova maggioranza, il Movimento cinque stelle e il Partito democratico. Cerca di dare un senso a quella spettacolare metamorfosi: il capo di un governo di centrodestra, in imbarazzante continuità, alla guida di un esecutivo di centrosinistra! Deve difendersi dalle bordate di Salvini, che non si rassegna a quella che certo considera la conseguenza più amara del suo spericolato gioco d’azzardo, la trasformazione del brutto anatroccolo messo lì a fare tappezzeria in un cigno politico a tutti gli effetti, che per di più conquista rapidamente i favori dell’opinione pubblica. Lo investe anche il fuoco amico: eccolo parare i colpi mancini di un Matteo Renzi in crisi di astinenza da Palazzo Chigi, al quale la sbandata di Salvini ha aperto insperati spazi d’azione e dunque si agita e mena fendenti.
Conte è tranquillo perché sa che Renzi ha terrore del voto, con quel suo partitino che ha estratto dalla costola del Pd, e dunque non spingerà a fondo l’offensiva.È a questo punto che si abbatte su di lui la tempesta più grave che mai in tempo di pace abbia turbato i sonni a un capo di governo italiano. Il virus aggredisce la penisola con drammatica intensità, il Paese è in affanno, il governo anche, mentre le cifre del contagio peggiorano di giorno in giorno. All’inizio di marzo, quando il morbo dispiega ormai tutta la sua forza, l’emergenza proclamata un mese prima richiederebbe azioni energiche e coordinate. Ma un efficace coordinamento è reso difficile dal contrasto istituzionale fra lo stato e le regioni, alle quali compete la gestione della sanità. Il governo potrebbe investire della questione il parlamento e con il parlamento gestire la crisi.
Non lo fa, preferisce ricorrere ai DPCM, decreti del presidente del Consiglio dei ministri, e con questo strumento si blocca il Paese, s’interrompono le attività produttive e commerciali, si rinchiudono in casa i cittadini. In questo modo si assesta all’economia un colpo micidiale, molti dubitano che la dolorosa terapia non avesse alternative, quando finalmente l’ennesimo DPCM socchiude le porte di casa temono che sia ormai troppo tardi, la ripartenza appare irta di ostacoli.Conte si è affidato a un comitato tecnico-scientifico fatto di medici, epidemiologi, virologi, amministratori della sanità e a una pletora di task forces chiamate a occuparsi dei singoli aspetti dell’emergenza. Quando annuncia le misure in televisione si mostra visibilmente compiaciuto, sorvola sulle critiche di chi lo accusa, fra l’altro, di avere mortificato la politica mettendola a rimorchio di una scienza tutt’altro che concorde. La polemica infuria ma il presidente non arretra di un passo. Lo incoraggiano i sondaggi, che ignorando i minacciosi brontolii provenienti dal Paese profondo continuano a collocarlo al primo posto nella graduatoria dei leader più popolari. In effetti un’opinione pubblica impaurita e traumatizzata dalla pandemia continua, nonostante tutto, a dargli fiducia.