Se non ci salviamo tutti, non si salva nessuno. La svolta di Angela Merkel è sintetizzata in questa sua consapevolezza di solidarietà necessaria e salvifica, che è maturata con un poco di ritardo rispetto ai tempi della crisi del Coronavirus, ma poi si è espressa in tutta la sua forza. Il momento in cui la consapevolezza è diventata proposta politica è stata la conferenza stampa del 18 maggio assieme al presidente Emmanuel Macron, quando insieme hanno presentato un aiuto alle regioni più colpite dalla pandemia del valore di 500 miliardi di euro senza prestiti ma con investimenti a fondo perduto: l’iniziativa porta alla creazione di un debito comune europeo, non dei singoli stati.
La Merkel ha così superato il tabù rigorista che da sempre caratterizza la sua Germania in Europa, staccandosi dai cosiddetti «paesi frugali» dell’Unione europea – Austria, Olanda, Danimarca e Svezia – per unirsi alle domande di integrazione che vengono dal sud del continente (e dalla Francia). Da quando la Merkel si è staccata, la frugalità – rigore dei conti, austerità – è diventata, nel racconto delle faccende europee, avarizia: è proprio questo il salto che la Merkel ha scelto di non fare, inaccettabile di fronte alla «più grande crisi del Dopoguerra», come la chiama lei, che ha mostrato fin dall’inizio l’urgenza di una maggiore solidarietà. Non sarò avara.
Il negoziato sugli aiuti ai paesi europei è appena iniziato, la versione finale dovrà essere approvata dai Parlamenti nazionali: il processo è lungo e sarà pieno di ostacoli. Ma la cancelliera ha mostrato, a diciotto mesi dalla fine del suo mandato, un cambio di passo, l’ambizione di non lasciare soltanto un’eredità forte in Germania, ma anche in Europa. La decisione di abbandonare l’ortodossia tedesca di fronte a un’emergenza in cui non c’era il cosiddetto «azzardo morale» – la responsabilità, come c’era nel caso della Grecia e dei suoi conti sballati – è stata determinata da alcuni fattori. La sentenza della corte tedesca di Karlsruhe ha avuto un ruolo importante: la corte aveva detto all’inizio di maggio che il quantitative easing della Banca centrale europea non era legittimo, violava il suo mandato.
Quella sentenza era risuonata malissimo in Europa, e con molte ragioni, tanto che la Corte di Giustizia dell’Ue ha dovuto ristabilire l’ordine delle competenze e dire che in materia europea una corte nazionale non ha giurisdizione. Dal punto di vista politico e d’immagine l’effetto è stato ancora più disastroso: la solita Germania. In un continente in cui il tic antitedesco è tra i più resistenti che ci sia, la sentenza ha fatto da detonatore. I giornali tedeschi raccontavano lo scontro con un certo allarme – condiviso dalla cancelliera – e aggiungevano: sono in arrivo altre sentenze del genere. Secondo alcune ricostruzioni, la Merkel non ha voluto attendere un altro scontro, per di più nel momento in cui l’Europa e quindi anche la Germania cercavano di recuperare il tempo perduto inizialmente nella reazione alla pandemia.Nella consapevolezza merkeliana non ha pesato però solo la corte.
Ci sono state molte pressioni, soprattutto da parte del presidente francese Macron, che inizialmente ha anche tentato di triangolare con il premier olandese Mark Rutte (un frugale) per tentare di allargare la proposta franco-tedesca a un altro paese. Come si sa, anche il direttorio Parigi-Berlino non è visto con molto affetto, in Europa. La Merkel era stata molto collaborativa, ma neppure Macron – si dice – si aspettava una rivoluzione di questa portata da parte della cancelliera. Nel frattempo in Germania la Merkel aveva lanciato un piano di aiuti statali che avrà un impatto enorme sul mercato interno: le aziende tedesche sono quelle più aiutate, e molti parlano di uno «squilibrio» che va risanato in fretta per contenere le divergenze nella ripresa.Come anche in passato, la Merkel ha maturato la propria consapevolezza ascoltando gli altri ma soprattutto scomponendo il problema come una scienziata e quando è arrivata al nucleo ha realizzato che se la solidarietà tra le persone era stata decisiva nel contenere il virus lo sarebbe stato anche a livello internazionale.
L’effetto di questa rivoluzione si valuterà nel tempo, anche in vista del difficile processo di successione della cancelliera, ma un primo assaggio c’è già stato. La proposta della Commissione europea per «l’Europa della prossima generazione» si fonda sulla solidarietà, ed è uno schiaffo all’avarizia.