Tre donne di età diversa. Tre attrici conosciute e apprezzate (Nicole Kidman, Charlize Theron e Margot Robbie) che le interpretano. Tre storie diverse, ma che hanno in comune una vicenda di abusi e molestie subìta dallo stesso uomo: il CEO di FOX News: Roger Ailes. Bombshell, nelle sale della Svizzera italiana, è questo e altro ancora. La vicenda a cui si ispira il film di Jay Roach è basata su quanto accaduto nel periodo della campagna elettorale americana del 2016 – quando Trump divenne presidente – e parte dalle accuse di molestie di una storica giornalista (Gretchen Carlson – Kidman) al patron della rete. Accuse alle quali se ne aggiunsero altre ventidue.
Il film poggia su una struttura narrativa semplice ma efficace. Infatti segue le tre storie in modo parallelo e lineare, senza quasi mai sovrapporle. Sebbene vi siano momenti in cui le tre protagoniste vengono a contatto, l’unica immagine dove le vediamo insieme è quando sono in ascensore per salire dal boss. Scena significativa che simboleggia il destino comune delle tre donne.
Convincenti anche le tre interpretazioni. C’è l’esperta e scafata Carlson che si vendica degli abusi; la giovanissima e ingenua Kayla Pospisil (il personaggio di Margot Robbie è l’unico inventato, ma rappresenta in modo verosimile una certa categoria di ragazze) e la star del momento Megyn Kelly (Charlize Theron), che dopo le avances subite dieci anni prima prende il coraggio di ribellarsi a un sistema dominato dal potere di un uomo forte e dove tutti sanno ma tacciono.
Ci sono altri tre aspetti da evidenziare. In primis l’azzeccata descrizione del mondo televisivo americano. Un ambiente che si tiene in piedi grazie a una rigida struttura verticale dove vigono omertà e sudditanza. In secondo luogo, il gran lavoro sui costumi. Il tema dell’abbigliamento delle anchorwoman è parte fondamentale della diegesi. La lunghezza delle gonne, le gambe in vista e i tavolini di vetro sono stati centrali per far carriera alla FOX e il regista insiste su questo aspetto anche a livello estetico con una serie di tailleur da far invidia a Il diavolo veste Prada.
Il terzo aspetto interessante è il ruolo, apparentemente marginale, della famiglia Murdoch, proprietaria del network televisivo, che entra in scena in modo discreto. Prima i figli che apprendono con rabbia delle accuse ad Ailes e poi l’editore Rupert. Sarà lui a dare la notizia del licenziamento all’interessato, in una discussione drammatica e coinvolgente. Infine, lo abbandoniamo, in ascensore (il luogo centrale del film), mentre riceve una telefonata da un tizio che chiama Donald…