L’arte nel suo habitat

La storia di Morcote è sempre stata intrisa di arte. A parlarci di questo profonda simbiosi sono le tante testimonianze di epoche passate, soprattutto tardogotiche e rinascimentali, che il quieto borgo sulle sponde del lago di Lugano, tra i più pittoreschi della Confederazione, custodisce gelosamente tra le viuzze e le gradinate che caratterizzano il suo centro. Molti dei vicoli che dal lungolago salgono verso la porzione più alta del paese, poi, portano i nomi delle famiglie di artisti che a cominciare dal XVII secolo sono emigrati verso le più celebri città europee, prima fra tutte Venezia, mettendo a disposizione la loro preparazione per progettarne lo sviluppo urbano o per decorarne gli edifici di maggior pregio. Queste figure, formatesi alla Scuola dei Comacini Morcotesi fondata nel 1623 dall’architetto Giuseppe Fossati e rimasta in vita fino al 1902, ci ricordano il rilevante passato di questo villaggio ticinese quale fucina di talenti artistici.

Sulla scia di tale vocazione culturale, oggi Morcote rinsalda il proprio intrinseco rapporto con l’arte attraverso una mostra che coinvolge l’intero paese, spingendosi fino al Parco Scherrer, disseminando così il territorio di segni artistici della contemporaneità. La rassegna, curata da Daniele Agostini, è giunta alla sua terza edizione e incomincia a porsi come un evento «di casa» a Morcote, un progetto che in questa località privilegiata costituisce dal 2016 (l’anno in cui la «Perla del Ceresio» si è guadagnata il titolo del più bel borgo della Svizzera) un amato appuntamento estivo a cadenza biennale capace di portare la creatività a diretto contatto con la gente. Fuori dai luoghi tradizionali a essa deputati, l’arte è così libera di invadere la quotidianità delle persone, innescando nuovi meccanismi di partecipazione e di dialogo e caricando di contenuti inediti gli abituali contesti del vivere umano.

Fecondo connubio tra storia, natura e arte contemporanea, il percorso morcotese di quest’anno si snoda, come già accadeva nelle edizioni precedenti, tra le vie e le piazzette del paese, toccando alcuni dei suoi punti panoramici e interessando anche i suoi monumenti storici.

Sono quattordici gli artisti elvetici o residenti in Svizzera, tra nuove leve e nomi già affermati, invitati a partecipare a questa mostra a cielo aperto e a confrontarsi con il tema di grande attualità che dà il titolo all’evento: Habitat, uno spunto di riflessione che parte dal significato stesso della parola, ovvero l’insieme delle caratteristiche fisiche che favoriscono l’insediamento di una data specie, per sollevare nuovi e più incalzanti quesiti sul delicato rapporto tra uomo e ambiente. Un tema, questo, scelto non a caso per Morcote, da secoli luogo congeniale allo stanziamento umano per il suo clima e la sua posizione strategica.

Il percorso, che annovera alcuni interventi site-specific concepiti per colloquiare in maniera ancor più intensa con le peculiarità del borgo lacustre, diventa così una preziosa opportunità per esplorare attraverso il mezzo artistico le condizioni di vita dell’individuo e della natura nelle loro molteplici forme di relazione.

Tra le opere a inizio itinerario scegliamo di parlare di quella realizzata da Brigham Baker, artista californiano che vive e lavora a Zurigo, la cui ricerca è improntata sull’indagine delle connessioni tra fenomeni naturali e materiali quotidiani.

Nella sua installazione dal titolo Patched Islands, ideata appositamente per la rassegna e collocata in Piazza Pomée, alcune palme del Giappone, ribattezzate affettuosamente dai confederati «Tessinerpalme» e divenute simbolo della mediterraneità ticinese, sono state raccolte nei boschi circostanti e posizionate su zerbini di produzione industriale. Private del terreno fertile che le nutre, queste piante insediate su un elemento artificiale sono destinate a inaridirsi, ponendo riflessioni sullo sradicamento dal proprio habitat e sui processi di vita e di morte.

Altra opera concepita per Morcote è quella di Alan Bogana, giovane ticinese che sviluppa la propria pratica tra arte, sapere scientifico e immaginario tecnologico. Con l’approccio sperimentale che contraddistingue la sua attività, l’artista ha creato Very Ephemeral Energy Diverter, un’installazione costituita da alcuni bacini sospesi che deviano il naturale flusso di luce e acqua, ponendosi così come un corpo estraneo che invade e ridefinisce il contesto ambientale di origine.

Tra i lavori collocati nell’eclettico «giardino delle meraviglie» fatto realizzare negli anni Trenta da Arturo Scherrer menzioniamo le sculture in acciaio inossidabile del basilese Florian Graf, solide figure plastiche dalle forme architettoniche che per l’occasione sono state messe in stretto dialogo con le cariatidi dell’Eretteo. Interessanti, poi, le opere della ginevrina Vanessa Billy composte da cavi elettrici e in fibra ottica che, lasciati appositamente scoperti, mimano le sembianze di una pianta, facendoci meditare sul concetto di simulazione e sul labile confine tra organico e artificiale attraverso la coincidenza tra i modelli della vita e quelli dell’arte.
Infine, per il tocco di lirismo che conferiscono alla rassegna, citiamo i due artisti di Coira Remo Albert Alig e Marionna Fontana, che con le loro ninfee dalle foglie dorate, placidamente adagiate sulle acque della Fontana Romana del parco, danno vita a un idilliaco brano di silenzio e poesia in cui uomo e natura paiono trovare un imperturbabile momento di serenità.

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