Picasso, Le pigeon aux petits pois (part.), 1911

Tomic, un bottino da 100 milioni di euro

by Claudia

Il ladro, l’antiquario e l’orologiaio; non è un titolo alla Greenaway ma quello che riassume uno spettacolare furto d’arte, dai risvolti ancora inesplicabili. Il ladro è un quarantaduenne d’origine bosniache, Vréjan Tomic, soprannominato «l’uomo ragno», perché specializzato in arrampicata urbana; ha alle spalle una lunga carriera cominciata da ragazzo nei cimiteri parigini e già una serie di condanne. Una moderna figura di ladro gentiluomo, alla stregua di Arsenio Lupin, come lo definisce il designer Philipp Starck, una vittima di Tomic, in un articolo che il raffinato «New Yorker» ha dedicato al ladro.

Nell’aprile 2010 gli viene commissionato il furto di un dipinto di Léger, Les Disques, esposto al Musée d’art moderne della città di Parigi. Per prima cosa effettua i sopralluoghi; entra al museo come visitatore. «Ho calcolato che avevo comunque il tempo di impadronirmi del quadro passando per l’avenue New York, sull’esplanade, e di scappare correndo», dichiarerà Tomic. Qualche giorno più tardi scopre però che Les disques è stato sostituito con un altro dipinto di Léger, la Nature morte aux chandeliers, «altrettanto bello».
Tomic è molto meticoloso: impiega alcune notti per preparare la finestra che sarà la via d’accesso al museo e la notte del 20 maggio, poco dopo le due del mattino si introduce nel museo: ha il volto coperto, si aspetta di essere filmato, ma di certo non si aspetta di trovare i dispositivi d’allarme già disattivati (in parte disattivati dagli stessi sorveglianti per «malfunzionamento», o fuori uso per difetti tecnici, si scoprirà in seguito). Una missione quasi troppo facile per il ladro, che a quel punto, preso il Léger, non resiste alla tentazione di scegliere altre opere d’arte: La Pastorale di Matisse, L’Olivier près de l’Estaque di Braque e il celebre Pigeon aux petits pois di Picasso. Ricordandosi di una prima richiesta del committente Tomic raggiunge la sala all’altro lato del piano e preleva un Modigliani, il Ritratto di Lunia Czechowska con ventaglio.

Per poter trasportare i cinque dipinti alla sua auto, si libera delle cornici, ma non dei telai; non vuole correre il rischio di danneggiarli. Sono le 4 e 30: la più grande razzia di opere d’arte dell’ultimo quarto di secolo in Francia è compiuta; il bottino viene stimato a 100 milioni di euro.

Non c’è tempo da perdere e già nella tarda mattinata le opere passano dal bagagliaio della sua Renault a quello della Porsche Cayenne del suo ricettatore, un antiquario, che sostiene di essere in contatto con un misterioso acquirente degli Emirati Arabi. Ma il clamore suscitato dal furto ridimensionerà i suoi piani: i dipinti sono diventati le opere d’arte più ricercate di Francia e ormai invendibili, trasformandosi in una vera e propria spada di Damocle, tanto che la pressione si trasforma rapidamente in panico.

Ed è a questo punto che entra in scena un esperto di orologi di lusso, suo cliente e amico, che promette di aiutarlo: un sabato mattina dell’inverno del 2010 i dipinti avvolti in sacchi della spazzatura sono trasferiti e nascosti nell’atelier di quest’ultimo. Ma nella primavera del 2011 la svolta con l’arresto di Tomic e dell’antiquario, incolpati per altri furti. Una registrazione telefonica porta gli inquirenti all’orologiaio, che viene interrogato ma rilasciato per insufficienza di prove.

A questo punto però il panico contagia anche lui; sostiene di essere stato intimidito dalla polizia e cede alla paranoia, convincendosi che l’unica soluzione sia liberarsi dei dipinti. Pochi giorni dopo il rilascio, getta i dipinti (o almeno così racconta) nel cassonetto davanti al suo palazzo; un gesto che spiegherà così al giudice istruttore, dopo essere scoppiato in lacrime: «Non piango per me, ma perché ciò che è fatto è mostruoso. Sono un pazzo». Il suo legale dichiarerà: «Forse sono l’unica persona a Parigi a credere che abbia davvero distrutto i dipinti. Anche se preferirei sbagliarmi». Ma prove certe della loro distruzione non ne esistono.

Per il furto sarà processato Tomic, condannato a otto anni di reclusione «per aver sottratto rilevanti beni del patrimonio artistico dell’umanità a beneficio solo di qualche singolo». Ma l’inchiesta lascia ancora zone d’ombra: è realistico pensare che i poliziotti abbiano perquisito l’atelier dell’orologiaio, come lui sostiene, senza aver scoperto i quadri nascosti dietro un armadio? Il fatto di non averli trovati invece sarebbe la prova che le opere erano già finite sul mercato nero o all’estero.

Non si sa quindi se il Pigeon aux petits pois di Picasso riemergerà fra qualche decennio: per ora ci restano soltanto le riproduzioni di questa celebre tela dall’ironico titolo dipinta nel 1911, in cui si distinguono un tavolino con bicchiere a stelo, un piatto con piccione ai piselli (omaggio al padre, professore di disegno ed esperto nel dipingere uccelli?), il tutto ambientato in un caffè parigino, come lascia intuire l’unica parola dipinta sulla tela (café) che costituisce un significativo esempio di come la tecnica cubista, con la prospettiva schiacciata per permettere la simultaneità di angolazioni diverse, poteva sovvertire i canoni di un genere antico e nobile come quello della «natura morta».

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