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Bio-reportage - Movimenti tettonici, storia e leggende di uno dei parchi nazionali più famosi d’America la cui formazione è ancora oggetto di studio dei geologi
Circa due miliardi di anni or sono, con la formazione di rocce ignee e metamorfiche, ebbe inizio il processo di formazione del Grand Canyon. Attraverso la successiva azione della tettonica a placche l’intera regione si alzò progressivamente formando l’altopiano del Colorado. A partire da appena cinque-sei milioni di anni or sono, il fiume Colorado scolpì il suo percorso e l’ulteriore erosione dei torrenti affluenti portò all’allargamento del canyon.
Il Kaibab Limestone, formazione calcarea che corrisponde oggi allo strato più alto di roccia del Grand Canyon, raggiunge in alcuni punti i 2700 metri di altitudine. All’interno di questo calcare giallastro sono stati trovati fossili di squali, pesci, coralli, brachiopodi, briozoi, crinoidi e spugne, a testimonianza del fatto che la sua formazione è avvenuta in un oceano poco profondo e caldo.
245 milioni di anni or sono, l’Arizona giaceva infatti vicino all’Equatore e la regione era ricoperta da un mare limpido e caldo, profondo non più di un centinaio di metri. Ma come hanno fatto queste rocce dei fondali marini a raggiungere altezze così elevate? Fu proprio l’azione della tettonica a placche a sollevarle, ma il modo in cui tale sollevamento è avvenuto è singolare perché esso si accompagna solitamente anche a un certo grado di deformazione. Com’è successo, per esempio, alle rocce che compongono le Montagne Rocciose.
Le rocce dell’altopiano del Colorado, tuttavia, sono state sollevate in modo «piatto». Come e perché il sollevamento sia avvenuto in questo modo è tuttora oggetto di indagine e due sono le ipotesi attualmente considerate più attendibili. La prima si basa sulla teoria del basso angolo di subduzione (shallow-angle subduction), cioè l’angolo che una zolla in subduzione forma con la superficie della Terra. Quando questo angolo è normale si formano vulcani attivi, mentre quando è ridotto i blocchi di crosta vengono sollevati lungo la faglia inversa. La seconda ipotesi è quella di un sollevamento continuo dovuto ad aggiustamenti isostatici (uplift through isostacy). Le pareti del Grand Canyon sono formate da quasi quaranta strati di roccia, la maggior parte dei quali è esposta lungo i quasi 450 km di lunghezza del Canyon, offrendo dunque l’opportunità di studiare l’evoluzione geologica del luogo.
Per migliaia di anni la zona fu abitata da gruppi di nativi americani che costruirono insediamenti all’interno delle numerose grotte del canyon. Il popolo dei Pueblo considerava il Grand Canyon (in lingua Hopi: Ongtupqa) un luogo sacro e vi si recava in pellegrinaggio. Il primo europeo a visitare la zona fu García López de Cárdenas, un esploratore spagnolo; membro della spedizione di Francisco Vásquez de Coronado del 1540, condusse un gruppo da Cibola, nella terra degli Zuñi all’interno dello stato del New Mexico, alla ricerca del fiume menzionato dagli Hopi. Dopo un viaggio di venti giorni, fu il primo uomo bianco a vedere il fiume Colorado e il Grand Canyon.
Il presidente Theodore Roosevelt, appassionato di natura, lottò per la conservazione della zona del Grand Canyon, ma la strada per renderlo il 15esimo parco nazionale fu molto lunga. L’allora senatore Benjamin Harrison fra il 1882 e il 1886 provò a introdurre, senza successo, delle leggi per qualificarlo come parco nazionale. Il Grand Canyon National Park Act, tuttora considerato un documento importante per gli ambientalisti, fu firmato dal presidente Woodrow Wilson nel 1919 e il National Park Service, istituito nel 1916, assunse l’amministrazione del parco.
Il fascino del Grand Canyon, oltre che all’unicità dei suoi vasti paesaggi e alla complessità della sua storia, è legato a figure iconiche come quella dell’ambientalista Martin Litton, la cui storia è raccontata in un documentario prodotto da National Geographic nel 2016. Tra i primi uomini a navigare il fiume Colorado nel 1955, Litton passò la vita a combattere ingegneri, industrie estrattive e agenzie federali in difesa dei paesaggi naturali e si oppose strenuamente alla costruzione di diverse dighe sul fiume Colorado.
Anche quelli di Jessie e Glen Hyde sono nomi tristemente associati al luogo. In luna di miele al Grand Canyon nel 1928, di questa coppia giovane e affiatata che percorse a piedi il Bright Angel Trail fino al South Rim e proseguì a bordo di un’imbarcazione, si perse in seguito ogni traccia. Grazie a una ricerca approfondita, finanziata in gran parte dal padre di Glen, la barca fu recuperata. Era completamente vuota, e i corpi dei giovani non furono mai ritrovati.
Persino gli animali hanno alimentato il mito del Grand Canyon: in pochi sanno che nel parco si trova la scultura di un asino a grandezza naturale, il naso ormai lucido a causa delle migliaia di mani che ogni anno lo toccano in cerca di un guizzo di fortuna. La statua si trova nell’atrio del Grand Canyon Lodge, costruito a quasi 2500 metri di altezza sul North Rim. La storia dell’animale rappresentato dalla scultura, l’asino Brighty, fu al centro di un’aspra controversia tra chi sosteneva che gli asini selvatici fossero una parte preziosa della storia di Canyon e chi li considerava creature da sterminare. Nativi dell’Africa, i burros (asini selvatici) furono portati in America nel 1500 dagli spagnoli. Alla fine del 1800, i cercatori del Canyon li usavano come bestie da soma, compagni e portafortuna. Ma la loro esistenza ibrida – non del tutto selvaggia, ma nemmeno sufficientemente addomesticata perché fossero utili all’uomo – si rivelò un problema quando il servizio del parco decise all’inizio del XX secolo di riportare il Canyon allo stato originario di splendore precolombiano. Invece di trasferirli, nel 1924 i ranger iniziarono a cacciare seriamente gli asini e in soli sette anni furono abbattuti quasi 1500 esemplari. La caccia proseguì fino a quando Brighty of the Grand Canyon, un libro per bambini del 1953 – e l’omonimo film del 1967, il regista del quale commissionò la statua tuttora esistente – aiutarono a mobilitare una campagna per salvare gli esemplari rimanenti.