Dopo sette mesi di forzata immobilità, il giornalista Andrew Curry è finalmente andato in aeroporto e ha passato tutti i controlli in attesa di imbarcarsi sul volo per Kutaisi, città della Georgia. Ma poi non è partito e l’epidemia non c’entra. Andrew, infatti, è uno dei numerosi volontari convocati per l’ultimo collaudo delle procedure nel nuovo Aeroporto internazionale di Berlino (BER), intitolato all’ex cancelliere Willy Brandt.
Troppa cautela? Forse no, gli imprevisti sono sempre in agguato. Nel 2008 l’apertura del modernissimo Terminal 5 dell’Aeroporto di Heathrow (Londra) provocò un caos inimmaginabile: i computer di ultima generazione spedirono ventitremila bagagli in giro per il mondo senza i loro padroni e causarono cinquecento cancellazioni di voli in solo cinque giorni. Da allora questi test sono la regola, come nel caso dell’Aeroporto Changi di Singapore (2017), da molti considerato il più bello del mondo.
Comunque, alla fine la prova generale è andata bene e, il primo novembre, sono atterrati i primi voli, accolti con un sospiro di sollievo dai berlinesi. Qualcuno a dire il vero ha sottolineato la coincidenza con Halloween e in effetti qualche scherzetto il nuovo aeroporto l’ha giocato. Il percorso verso l’apertura, infatti, è stato quanto mai sofferto, tra scandali, errori progettuali, costi fuori controllo (la spesa finale di sei miliardi di euro è il triplo del previsto), ditte insolventi, rinvii.
A un nuovo aeroporto berlinese si pensò subito dopo la riunificazione delle due Germanie, nel 1990. I lavori iniziarono nel 2006 e l’inaugurazione era prevista nel giugno 2012, quando controlli di routine rivelarono una serie infinita di problemi tecnici la cui soluzione ha richiesto otto anni. Sembra una storia poco tedesca ma si sa che i berlinesi sono molto diversi dal resto del paese, nel bene e nel male. Gli abitanti della capitale sono famosi anche per il loro spirito sarcastico e le battute sul nuovo aeroporto si sono sprecate: «Non era più conveniente demolire Berlino e ricostruirla vicino a un aeroporto funzionante?». E nella gigantesca area duty free Swatch vende l’orologio modello Delayed: sul cinturino sono incisi gli ultimi dieci anni, alcuni cancellati in corrispondenza dei falliti tentativi di apertura.
Ma adesso ci siamo e finalmente Berlino ha un unico grande aeroporto internazionale. Sino a questo momento infatti diversi impianti hanno servito la città, ciascuno con una sua spiccata identità storica. Per cominciare Schönefeld, inglobato nel nuovo progetto e rinominato Terminal 5. Aperto nel 1947, fu fino al 1990 l’aeroporto di Berlino Est e della Repubblica democratica tedesca, con la compagnia di bandiera Interflug e naturalmente i sovietici di Aeroflot. Poiché da qui si volava anche verso i Paesi occidentali i controlli della Stasi (i servizi segreti della Germania est) erano interminabili, con tanto di macchina della verità.
Andando verso il centro della città, appena oltre il quartiere alla moda di Kreuzberg, a sud-est, s’incontra lo storico Aeroporto di Tempelhof. Era solo un campo nel 1908 quando due svizzeri, Théodor Schaeck ed Emil Messner, si staccarono dal suolo con il pallone Helvetia per un volo di milleduecento chilometri sino alla Norvegia. L’aeroporto vero e proprio fu inaugurato nel 1923 sotto la Germania di Weimar, quando l’aviazione civile muoveva i primi passi: qui fu fondata Lufthansa e qui attraccavano i giganteschi dirigibili Zeppelin di ritorno dai viaggi intercontinentali.
Durante il nazismo l’aeroporto fu enormemente ampliato e trasformato in un simbolo del nuovo regime. L’edificio principale, a forma d’aquila con le ali spiegate, è tra i più grandi al mondo. Il 10 maggio 1933 oltre un milione di tedeschi si radunarono a Tempelhof per ascoltare un discorso di Hitler. I bombardamenti alleati lo risparmiarono, forse in vista di un uso futuro. E in effetti conobbe la sua ora migliore tra il giugno 1948 e il maggio 1949. Come reazione al blocco sovietico di tutte le vie di accesso a Berlino Ovest, gli Alleati organizzarono un gigantesco ponte aereo (nel momento cruciale atterrava un aereo al minuto) per rifornire la città di tutto il necessario, dal carbone al cibo alle medicine.
Dopo un lungo utilizzo come aeroporto civile una grande festa celebrò la chiusura di Tempelhof, il 30 ottobre 2008. Poco prima di mezzanotte, mentre gli ultimi aerei rimasti si levavano in volo, gli ottocento invitati cantarono Time to say goodbye, poi tutte le luci dell’aeroporto si spensero per sempre. Dal 2010 Tempelhof è un popolare parco pubblico prediletto da pattinatori, artisti, ciclisti, giocolieri e ballerini. È anche un set scelto da molti registi (qui è stato girato per esempio The Hunger Games), nonché un centro di accoglienza per rifugiati provenienti da Iraq e Siria: un singolare destino per un aeroporto legato al nazismo.
L’ultimo aeroporto storico di Berlino, Tegel, sorge a nord-ovest della capitale. Il primo settembre 1970 Pan Am e British Airways trasferirono qui tutti i loro aerei e nello spazio di un giorno Tegel divenne il principale aeroporto di Berlino Ovest. La chiusura era prevista per il 2012 ma i ritardi del nuovo aeroporto lo hanno costretto a operare fuori tempo massimo e oltre i limiti delle sue capacità: progettato per due milioni e mezzo di passeggeri, nel 2019 ne ha accolti ben ventiquattro milioni, prima di passare la mano al nuovo aeroporto internazionale da quaranta milioni. E tuttavia molti ancora lo rimpiangono, soprattutto per la sua vicinanza al centro città.
Dopo tante incertezze, un luminoso futuro sembra attendere l’Aeroporto internazionale di Berlino. In questi anni, tuttavia, il mondo dell’aviazione è cambiato in profondità. Il nuovo impianto ha aperto le porte proprio quando la capitale tedesca è tornata in lockdown (2 novembre), per limitare la diffusione del contagio che sta mettendo a rischio la sopravvivenza delle compagnie aeree. Inoltre, il cambiamento climatico, più rapido del previsto, renderà presto necessario un ripensamento del trasporto aereo, frenando prospettive di crescita troppo ottimistiche. Le sorprese non sono finite.