Idra, l’isola senza tempo

by Claudia

Reportage - Nell’arcipelago delle Saroniche, il luogo che fece da sfondo all’amore tra Leonard Cohen e la sua musa Marianne Ihlen

Come una coperta spessa, il sole allo zenit avvolge il paesaggio in un abbraccio sonnacchioso. Due gatti dormono all’ombra di un muro e non c’è vento a spostare i rami dei pochi alberi, se non fosse per le onde innalzate di tanto in tanto dai taxi d’acqua sembrerebbe di osservare la fissità di un quadro.
Il fascino seducente di Idra, paragonata a Capri o Portofino, può essere accomunato ad altre isole greche, ma la peculiarità dell’isola è l’assenza dei motori di auto e motociclette.
Il villaggio chiamato semplicemente «porto di Idra», approdo di aliscafi e grosse navi da crociera, è il luogo più abitato. Qui a tratti si respira un’aria cosmopolita, scandita dal ritmico via-vai dei visitatori e dall’affollarsi dei ristoranti sul lungomare. Come in varie parti della Grecia, a Idra non vi sono spiagge di sabbia; al mare si arriva scendendo degli sconnessi gradini in pietra e a volte una scala cromata posta all’estremità di un pontile di cemento facilita l’ingresso in acqua.
Infilando gli scalini che risalgono la collina ci si allontana dalle barche e dai turisti, e si finisce nei vicoli stretti tra le pareti delle case in pietra dove il silenzio ovattato è rotto solo dal frinire delle cicale. In lontananza gli zoccoli di un mulo che si trascina lento: bisogna spostarsi per fargli spazio, in groppa porta casse d’acqua o bagagli voluminosi.
Tra questi viottoli c’è la casa un tempo appartenuta a Leonard Cohen, la affittò per un periodo a 14 dollari al mese e nel 1960 la acquistò grazie a un lascito di 1500 dollari da parte di una nonna scomparsa. Sul portone vi è ancora il battiporta in ottone a forma di mano.
È facile pensare a un tempo «altro» in quest’isola che sembra non averne. Chiudendo gli occhi si riesce a immaginare la vita di Idra negli anni Sessanta, una terra selvaggia e seducente che attraeva un numero sempre più grande di artisti e pittori.
Leonard Cohen giunse qui all’età di 26 anni, quasi per caso. Era un freddo e piovoso giorno di marzo del 1960 quando un abbronzato impiegato della Bank of Greece di Londra gli disse sorridendo di essere appena rientrato dalla Grecia, dove la primavera era già iniziata. Cohen comprò un biglietto per Atene per il giorno seguente.
La sua vita creativa si trovava in una fase cruciale; fino a quel momento aveva pubblicato un’unica raccolta di poesie, Let Us Compare Mythologies (1956) e aveva appena ricevuto la notizia che la raccolta successiva, The Spice-Box of Earth (1961), era stata accettata per la pubblicazione dalla casa editrice canadese McClelland & Stewart. La sua reputazione stava crescendo e ora, nella solitudine di Idra, Cohen progettava di lavorare al primo romanzo.
Fu in questi primi mesi che l’uomo conobbe la sua musa, la norvegese Marianne Ihlen. La vita sull’isola non era semplice: l’elettricità era scarsa, non esisteva un vero e proprio impianto idraulico e i telefoni si contavano sulle dita di una mano, ma era possibile seguire uno stile di vita non convenzionale all’insegna della libertà, anche con scarse risorse economiche. L’artista canadese fu immediatamente travolto dall’isola: «Era come se tutti fossero giovani, belli e pieni di talento – coperti da una specie di polvere d’oro. Tutti avevano qualità speciali e uniche. Questo è, naturalmente, il sentimento della giovinezza, ma nella gloriosa cornice di Idra, tutte queste qualità erano amplificate».
La venticinquenne Marianne era sbarcata qui due anni prima insieme al marito, il romanziere Axel Jensen. Quando Jensen, poco dopo la nascita del loro primogenito Axel junior, lasciò l’isola per avere una relazione con un’altra donna, Cohen invitò Marianne a trasferirsi a casa sua. Fu l’inizio di una relazione che sarebbe durata circa sei anni e mezzo.
Con lei e gli amici della comunità di artisti, Cohen si incontrava al Katsikas, un piccolo kafenio del porto che oggi si chiama Roloi, protetto dalla torre dell’orologio. La mattina presto si sedeva sulla terrazza al sole e scriveva alcune pagine del suo romanzo su una vecchia macchina da scrivere. La sera suonava la chitarra e cantava la ninna nanna al piccolo Alex. Dopo qualche mese, Marianne mandò il figlio in Norvegia a vivere con la nonna e si prese cura a tempo pieno dello scrittore, diventando a tutti gli effetti la sua musa. Le prime versioni del romanzo di Leonard furono rifiutate da svariati editori, e solo dopo diverse rielaborazioni l’opera fu pubblicata alla fine del 1963 con il nome The Favourite Game, un Bildungsroman autobiografico su un giovane che scopre la sua identità attraverso la scrittura.
Seguirono altri lavori, mentre lo sguardo di Cohen iniziava a posarsi su nuove forme artistiche. Circa sei anni dopo l’arrivo a Idra, con la pubblicazione della terza raccolta di poesie Flowers for Hitler nel 1964 e del secondo romanzo Beautiful Losers nel 1966, decise di lasciarsi alle spalle la vita di scrittore e intraprendere una carriera di cantante. Questo fu il primo di molti allontanamenti tra i due, in seguito ai quali Marianne tornò a vivere in Norvegia dove si sposò e Leonard intraprese la carriera di cantante folk pubblicando il primo album, Songs of Leonard Cohen, il 27 dicembre 1967. Marianne non cessò di essere nei suoi ricordi e pochi giorni prima della morte della donna, a luglio del 2016, le scrisse: «Sono appena dietro di te, abbastanza vicino da prenderti la mano». Lui si spense pochi mesi dopo.
E se non avesse incontrato quell’uomo abbronzato in una banca di Londra in quel marzo piovoso chissà se Leonard avrebbe comprato un biglietto aereo per prendere una nuova direzione, chissà se avrebbe incontrato una Marianne in un altro luogo di pace, solitudine e concentrazione.