Una riflessione sull’attualità mediata dall’espressione creativa, tra Barocco e Street Art contemporanea
Suppongo che siano due i lavori emblematici dell’anno che sta per finire. Il primo è una Madonna con bambino, della bottega di Peter Paul Rubens, esposta in questi giorni al m.a.x. museo di Chiasso. Il secondo un murales della street artist Laika apparso in primavera a Roma e in questi giorni nei pressi del Rettorato dell’Alma Mater Studiorum di Bologna dove studiava Patrick Zaki, incarcerato da otto mesi in Egitto. Nel murales si vede Giulio Regeni – atrocemente assassinato dopo il suo rapimento del 25 gennaio 2016 al Cairo e che vede indagati cinque agenti della National Security – che abbraccia Patrick dicendogli «Stavolta andrà tutto bene».
Anche nella Madonna con bambino le figure sono due; in questo caso un’attenta signora elegantemente vestita con tanto di pizzo e trecce ai capelli la quale con la mano destra sorregge un imbambolato piccolino tutto nudo che cerca di muovere i primi passi. Ai piedi un panno bianco simbolo del sepolcro e del suo futuro. Anche in questo caso la donna si prende cura dell’infante e sembra dirgli: «Coraggio puoi farcela, andrà tutto bene».
Protezione, affetto, sicurezza, empatia, amore; le due vicende portano in primo piano il terrore che incute il potere che, a distanza di duemila anni, semina morte e oppressione. Certo non si può rimanere indifferenti al pensiero che il procuratore di Siria Publio Quintilio Varo nel 4 avanti Cristo fece crocifiggere duemila giudei (la crocifissione veniva inflitta solo ai delinquenti non romani) e oggi al-Sisi, il mellifluo dittatore egiziano, ordina – impunemente e con il beneplacito dell’Occidente – migliaia di esecuzioni per i suoi oppositori.
Poco è cambiato in questi secoli in una sorta di eterno ritorno nicciano che fa rabbrividire.
Andrà tutto bene è il mantra che ci ripetiamo anche dall’inizio della pandemia per rassicurarci. Sappiamo che non è così; almeno non per tutti. Ora che il vaccino è arrivato, quasi sicuramente le popolazioni più povere non ne avranno accesso, acuendo così il divario fra i Paesi.
In mezzo a tutto questo alcuni sostengono che la bellezza ci salverà. Ma non c’è bellezza nell’orrore della povertà e della miseria, e l’arte non può essere il trastullo e l’alibi contro i sensi di colpa dei nuovi edonisti.