Su giornali e periodici non c’è traccia: è mai possibile che nessuno se ne faccia carico? Eppure è già tardi per pensarci: come sarà quest’anno il primo, e speriamo l’ultimo San Valentino con la mascherina? Sarà un San Valentino giallo, arancione o rosso? Tra l’altro cade di domenica il giorno della settimana perfetto per scambiarci i cuoricini. Mica possiamo rinviarlo all’anno prossimo come hanno fatto e di nuovo faranno per le Olimpiadi di Tokyo. Un San Valentino perso lo è per sempre, gli innamoramenti non reggono l’attesa di un anno, si creerebbe un vuoto nel nostro curriculum degli amori.
E spostarlo più in là, sperando che la pandemia finisca? Vediamo: andrebbe bene il 14 settembre? Il calendario ci informa che quel giorno è la festa di san Materno che, come tutti sanno, è stato il primo vescovo di Colonia ed era un tedesco severissimo. Chi di noi ha il coraggio di chiedergli il favore di saltare un turno? Non va meglio il 14 ottobre, il giorno in cui si festeggia addirittura un papa, san Callisto I. No, rimaniamo a febbraio e vediamo di cavarcela, magari stampando i cuoricini sulle mascherine. Chiediamo lumi agli Stati Uniti, lì è esploso lo sfruttamento commerciale del giorno dedicato agli innamorati, che pure ha origini antichissime. (Lo cita persino Ofelia nell’Amleto).
Fra la quindicina di decreti firmati dal presidente Biden nello stesso giorno del suo insediamento non c’era quello che dovrebbe disciplinare il San Valentino di quest’anno e la cosa è comprensibile, ci sono problemi ben più urgenti da affrontare. Cerchiamo altrove, leggiamo le strisce dei comics statunitensi che hanno per protagonisti dei bambini – Linus o Calvin & Hobbes – e scopriamo che la prima cosa che s’impara all’asilo consiste nel confezionare un biglietto per San Valentino. Non abbiamo esperienza diretta ma siamo indotti a pensare che all’estremo opposto – sulle sponde del Lago Dorato – amorose ma implacabili infermiere guidino la mano tremante degli appartenenti al glorioso battaglione Alzheimer nel compilare il biglietto di quello che forse sarà l’ultimo di una lunga serie.
Per i nostri nonni, prima dello sfruttamento commerciale della ricorrenza, l’innamoramento era una fase ben delimitata nel tempo, un’astuzia della natura per assicurare la sopravvivenza della specie a causa di un intontimento, di un obnubilamento temporaneo in due individui di sesso diverso, in età ottimale per la riproduzione, che in altri periodi della vita si sarebbero detestati o ignorati. In virtù di quell’astuzia si sentivano irresistibilmente attratti uno verso l’altra e davano origine a una nuova vita. Ci pensavano poi le rigide norme sociali a incatenarli per tutto il resto dei giorni, in modo che le piccole creature avessero cure e assistenza fino al momento in cui toccava a loro perdere temporaneamente il senno.
Tutto questo è finito per sempre, adesso si è innamorati in servizio permanente effettivo, l’innamoramento va dalla culla alla tomba e deve toccare il suo culmine a una data fissa, il 14 febbraio. Puoi avere il colpo della strega o un mal di denti da cane, non c’è scusa che tenga, oggi devi esibire lo sguardo da innamorato, l’occhio da pesce bollito. Tanto che essere veramente degli innamorati – è un caso piuttosto raro ma capita – in questo giorno fatidico è una disgrazia perché ti devi confondere in questa melassa dolciastra che avvolge tutti i rapporti sociali.
Stiamo meglio noi, la sterminata moltitudine dei non innamorati: possiamo limitarci a fingere di esserlo solo per poche ore. Quest’anno poi possiamo chiuderci in casa per paura del contagio. Fra coloro che vogliono prendere parte all’evento ci sono anche i distratti che se ne ricordano all’ultimo momento: «Fra una settimana è san Valentino e io non mi sono ancora innamorato». In questi casi non resta che rivolgersi a un’agenzia specializzata.
C’è poi chi nuota dentro San Valentino come un pesce nell’acqua. È l’esercito in continua crescita dei single che, dopo aver deposto dalla mamma il sacco della roba da lavare e stirare, si precipitano ad acquistare un bel po’ della paccottiglia d’occasione di cui sono pieni i negozi d’ogni genere. Poi, agendina degli indirizzi alla mano, spediscono le mini pantofole a forma di cigno o il romanzo con la parola «cuore» nel titolo a tutte le amiche in quel momento libere. E aspettano: se la destinataria prende sul serio il messaggio è fatta, meglio di tante parole. Se invece si fa una bella risata è uno scherzo.
C’è anche chi festeggia con cuore puro e limpido questa ricorrenza, sono i fabbricanti di cioccolatini che questa notte, dopo aver dato un’ultima occhiata al monitor che documenta l’impennata delle vendite, si abbandoneranno a un sabba che durerà tre giorni. Per tutti gli altri, coraggio! Passerà anche questa giornata e fino all’anno prossimo possiamo stare in pace.