Emma Herwegh, donna libera

C’era una volta una donna straordinaria, un’amazzone furiosa che sparava meglio degli uomini e, soprattutto, aveva più coraggio e cervello di tanti di loro. Si interessava di politica, leggeva i giornali e fumava il sigaro. Si chiamava Emma Herwegh, figlia di Johann Siegmund fornitore reale di sete e altre stoffe pregiate per Federico Guglielmo IV, sesto re di Prussia, che nel suo castello di Berlino governò dal 1840 al 1861. Il cognome Herwegh è quello del marito Georg, famoso poeta e rivoluzionario tedesco, amico di Wagner, Liszt e di Karl Marx, autore del volume Poesie di un vivente.
Visti i tempi, una donna non era nulla senza suo marito, il matrimonio, come dice Emma Herwegh nel romanzo storico firmato da Dirk Kurbjuweit, era per una donna la strada verso la libertà. Così le sembrò «estremamente giusto sposare quest’uomo, perché entrava in una nuova relazione non come una figlia maggiore, ma come una persona libera, anche se ancora non sapeva il dolore che questo avrebbe comportato». D’altra parte, in piena sintonia con il suo spirito colto ed emancipato, con le sue idee repubblicane, Emma Herwegh il marito se lo era scelto. Al poeta di cui conosceva così bene i versi, all’autore di Der Gang um Mitternacht, poema che con toni tetri canta la realtà politica e sociale tedesca prima del 1848, Emma aveva fatto recapitare un biglietto: «Quando l’autore fosse stato a Berlino, Emma Siegmund e i suoi genitori avrebbero avuto il piacere di invitarlo a pranzo, Breiterstrasse 1, all’angolo con la Schlossplatz». Georg quell’invito lo accettò segnando l’inizio della storia che così magistralmente ci racconta Dirk Kurbjuweit, vicedirettore dello «Spiegel», autore fecondo, noto in Germania anche per i suoi saggi su Angela Merkel.
La libertà di Emma Herwegh è il suo primo romanzo storico reso intenso e ricco di materia grazie alla struttura narrativa che si intreccia regalandoci al contempo due punti di vista, due racconti e diversi livelli temporali. Il ricordo emotivo e orgoglioso che Emma Herwegh nella Parigi del 1894 condivide con un curioso e libertino Frank Wedekind e la voce narrante che con passo cronologico ci racconta di Georg Herwegh e degli eventi storici a partire da quel novembre berlinese del 1842. Chi racconta assume il punto di vista della storia, quella che ha sempre privilegiato gli uomini e cancellato le donne, la voce di Emma invece rimette tutto in discussione e ribalta lo spessore delle due figure: ridimensiona il grande poeta ed esalta Emma, la sua sete di vita, il suo spirito combattivo e leale. A unirli sin dal loro incontro berlinese è quell’idea di libertà universale cara a Charles Fourier, pensatore politico che fece scalpore per la sua idea di una sessualità libera di uomini e donne. La condizione culturale di una società si misura nella condizione della donna, il grado dell’emancipazione femminile è la misura naturale dell’emancipazione universale, recitava il Fourier-pensiero, davvero troppo ardito per quei tempi.
Incontro a Berlino
«Lei gli piaceva, questo dovette riconoscerlo su quel pavimento freddo, anche se aveva già venticinque anni, era troppo vecchia. Non aveva usato questa stessa età Fourier, venticinque anni, per dimostrare com’era ingiusto il mondo nei confronti delle donne più anziane e non sposate? Da un lato ci si aspettava dalle ragazze la castità, ma se vivevano troppo a lungo nella privazione diventavano oggetto di scherno. Le si trattava come merce avariata, ecco». Al pensiero di Georg, in modo quasi speculare, rispondono le parole di Emma «Noi siamo creature, siamo al mondo soltanto come ornamenti, pagliuzze, non siamo noi che partecipiamo alla creazione dell’anima del mondo. Che cosa mi resta dopo ore di cavallo, di canto, di disegno, di letteratura? Ci riempiono di educazione e poi? Ci lasciano appassire».
Ma lei che leggeva Georg Sand, Bettina von Arnim, Daniel Stern e Luise Buechner – tra le prime intellettuali femministe tedesche impegnate nella lotta per l’emancipazione femminile – di appassire non voleva saperne. Emma Herwegh voleva vivere, si interessava di politica, era pronta a lottare per la Repubblica, per il suffragio universale, per la libertà di avvicinarsi al nucleo della conoscenza, dell’arte senza accontentarsi soltanto del guscio. «Bettina von Arnim scrive, George Sand scrive. Ma sono così poche. E chi di noi è libera di comporre musica? Intendo musica vera, musica virtuosistica, non la musica delle ore di pianoforte, il faticoso, costoso chiasso acquisito contro il tempo che fugge».
Vita a Parigi
Dal 1843 al 1848 Georg e Emma animarono i salotti parigini dove frequentarono Alexander Herzen, Karl Marx, Michail Bakunin, George Sand, Victor Hugo e Heinrich Heine. Georg non gli perdonò mai quei versi in cui lo apostrofò «tu allodola di ferro, tanto in alto ti dondoli sulla terra / che di vista l’hai perduta se non erro». La coppia poteva permettersi i fasti parigini grazie alla dote di lei. Nel loro salotto si incontrava l’élite intellettuale progressista dell’epoca, i fondatori del giornale radicale «L’Avanti». Grande fu la passione di Emma per quelle serate, le sue intense chiacchierate con Heine, sempre intenta a difendere il talento del marito che, in verità, dopo la pubblicazione del secondo volume delle Poesie di un vivente nel 1844 non produsse più versi importanti. Si interessò invece ai crostacei e alla contessa Marie d’Agoult, il cui salotto fu uno dei più importanti centri di azione politica: lei stessa si impegnò a propugnare un liberalismo umanitario e democratico come testimoniano le sue opere più famose: Lettres Républicaines (1848) e Histoire de la Révolution.
La Legione
Alla Rivoluzione parigina del febbraio del 1848 seguì la Rivoluzione tedesca, Herwegh venne eletto alla presidenza del Comitato repubblicano e della Legione democratica tedesca. Per Emma è la grande occasione, spedisce a Berlino i figli Horace e Camille, come Camille Maupin in Béatrix di Balzac, e si mette in cammino con la Legione tedesca da Parigi a Baden. Una scelta rivoluzionaria e inconcepibile per l’epoca. Quando la Legione vota, il voto di Emma non viene mai contato, ma quando si tratterà di andare fino a Kandern per incontrare Friedrich Hecker sarà lei impavida a mettersi in viaggio con quegli abiti confezionati su misura a Parigi, abiti da uomo alla George Sand, pantaloni da cavallo in velluto nero.
A missione compiuta dirà con orgoglio «ero una moglie, ora sono una staffetta». L’impresa della legione alla fine fallisce, grazie a Emma si mette in salvo anche Georg e l’amico Heine canta il suo coraggio nel Simplizissimus I: «L’amazzone che gli cavalcava accanto / Era la sposa dal lungo naso / Indossava sul cappello una piuma di civetta / E i begli occhi brillavano in plauso / La leggenda narra che la donna abbia / Combattuto invano la meschinità del marito / Quando il fucile da caccia le sue tenere / Carni ebbero a un tratto colpito / Lei gli aveva detto: ’Non essere odioso adesso, Frena il tuo cuore impaurito / Adesso si tratta di vincere o di morire / Della corona imperiale abbiamo appetito’».
Non è finita qui, come si potrebbe pensare. La vita piena, avventurosa e anche dolorosa di Emma Herwegh continuerà fino al 1904. Di ritorno dalla Legione Emma vivrà a Zurigo, frequenterà Gottfried Keller, tradurrà letteratura rivoluzionaria e avrà una storia d’amore con Felice Orsini. Fino all’ultimo sarà fedele agli ideali democratici e a quell’idea di amore romantico per cui promise al suo Georg «ameremo e odieremo insieme». Grazie a Dirk Kurbjuweit per averci raccontato la sua storia e al contempo averci ricordato le altre grandi donne di quel tempo.

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