La popolazione del Cantone Ticino da qualche anno diminuisce mentre l’offerta di abitazioni sembra in continua espansione se si considerano i numerosi cantieri aperti (pandemia permettendo) e le innumerevoli modine disseminate su tutto il territorio. La situazione suscita preoccupazione, visto l’aumento dello sfitto in questi ultimi anni. Prima di trarre conclusioni affrettate, ci sembra opportuno analizzare sul lungo termine le caratteristiche del comparto abitativo, un comparto che ha dinamiche particolari, tenendo conto inoltre delle specificità del nostro cantone, terra di frontiera, ma anche territorio ambito da chi, vivendo Oltre Gottardo, subisce il fascino del sole del Ticino.
Non è la prima volta che viviamo una situazione di forte squilibrio tra domanda e offerta di abitazioni. Ad esempio, negli anni 90 abbiamo vissuto una situazione analoga, ma con cause diverse. Abbiamo quindi ripercorso l’evoluzione del settore a partire dagli anni 50, riassunta sinteticamente nella figura 1, attingendo ai contributi realizzati a suo tempo per la rivista «Tutto Casa».¹
La forte immigrazione del dopoguerra e il successivo sviluppo demografico degli autoctoni (baby boom), provocarono un forte aumento della domanda di abitazioni primarie. La penuria di alloggi indusse lo Stato, fin dagli anni 70, a intervenire in favore delle famiglie (alloggi sussidiati, crediti agevolati). Parallelamente, anche la richiesta di residenze secondarie si sviluppò fortemente, vuoi da parte di «confederati», in particolare in seguito all’apertura del tunnel autostradale del Gottardo, vuoi da cittadini germanici che beneficiavano, all’epoca, di agevolazioni fiscali per investimenti all’estero dal loro paese.
Il settore delle costruzioni, fortemente sollecitato anche dal fabbisogno di nuove scuole, di ospedali, di infrastrutture legate ai trasporti o alla depurazione, dalla costruzione di stabili industriali e amministrativi, di banche e capannoni, si sviluppò come non mai. Si ricorse massicciamente alla manodopera stagionale e frontaliera, le imprese di costruzione crescevano come funghi, a volte con strutture precarie. Le banche accordavano crediti ipotecari senza analisi approfondite sulla liquidità dei clienti, elargendo somme anche superiori al valore reale dell’immobile. I tassi ipotecari raggiunsero livelli mai visti, senza per questo frenare la domanda. Negli anni 80 il Ticino divenne terra di speculazione per molti investitori d’Oltralpe. Lacune fiscali permettevano la vendita di uno stesso fondo più volte in poco tempo, con lauti profitti. I prezzi dei beni immobiliari crescevano fortemente. Le cosiddette «disdette-vendita» portarono alla «ristrutturazione» di molti stabili, gonfiando ulteriormente la domanda nel settore delle costruzioni e mettendo inoltre in difficoltà non poche famiglie, attanagliate dal dilemma tra «comperare o lasciare l’abitazione».
La tensione sul mercato immobiliare fu tale da indurre il Consiglio federale a emanare, nel 1989, una serie di decreti urgenti² volti a frenare la domanda e combattere la speculazione. Il mercato crollò bruscamente e il valore delle compravendite si dimezzò nell’arco di un anno. Famiglie e imprenditori si trovarono nell’impossibilità di pagare dei tassi di interesse così elevati. Le banche si videro obbligate ad acquistare sottoprezzo gli immobili dei loro creditori, messi all’asta, evitando così il tracollo completo del mercato; persero svariati milioni e si ritrovarono a dover gestire un parco immobili consistente, senza averne le competenze. Gli imprenditori che riuscirono a sopravvivere, dovettero comunque portare a termine i lavori iniziati, riversando sul mercato numerose abitazioni e superfici industriali e commerciali, oramai non più richieste. Lo sfitto aumentò considerevolmente. Nella sola Chiasso, per limitarsi all’esempio più eclatante, ancora nel 1997, un’abitazione su dieci era vuota e ben 18’000 mq di superficie industriale e commerciale erano sfitti.
Per quasi un decennio il mercato stagnò. Malgrado il basso livello dei tassi ipotecari la domanda rimase a livelli modesti. Gli imprenditori dovevano eliminare le eccedenze prima di ampliare l’offerta. È solo a partire dal 2000 che la fiducia nel mattone torna a manifestarsi. Lo sfitto è stato riassorbito. Le banche propongono ipoteche fisse a condizioni sempre più interessanti. La clientela è accuratamente selezionata, per evitare i rischi del passato. Dal 2000 in poi, sia l’attività nel comparto residenziale sia l’acquisto di fondi immobiliari ha ripreso vigore. È solamente in questi ultimi anni che, dapprima il numero, poi anche il valore delle transazioni immobiliari ha iniziato nuovamente a diminuire.
Nell’ultimo decennio la struttura del mercato immobiliare è mutata profondamente (vedi figura 2). L’importanza dei fondi non edificati, sempre più rari, è diminuita sensibilmente. È invece emersa una nuova realtà, molto presente nelle province italiane confinanti, ma che faticava finora ad attecchire in Ticino: l’interesse per il condominio. Il numero di proprietà per piani (PPP), dopo avere toccato le 2500 unità a metà degli anni 2000, si è stabilizzato attualmente attorno alle 2000 unità. Il loro valore rappresenta oramai il 50% di tutto il mercato immobiliare. Questa tendenza si contrappone a quella registrata nei decenni precedenti, caratterizzati da uno sviluppo dell’interesse per la casa monofamiliare.
Per quanto riguarda in particolare il comparto abitativo, rispetto alla situazione degli anni 90, le condizioni sono sostanzialmente diverse. Stiamo vivendo un decennio con tassi di interesse ipotecari molto bassi. Contemporaneamente il rendimento dei depositi bancari è pure basso. L’investimento nel mattone acquista sempre più interesse e ciò spiega il forte aumento del numero di nuove abitazioni registrato negli ultimi quindici anni, tanto più che la crescita demografica è proseguita, in modo sostenuto, fino al 2016 permettendo di assorbire l’offerta di abitazioni. L’improvviso rovesciamento di tendenza demografica ha preso alla sprovvista un po’ tutti, in particolare gli impresari attivi nel comparto abitativo.
Non è facile per un impresario anticipare i bisogni di nuove abitazioni, in particolare in un momento di cambiamento della struttura della domanda. Inoltre l’impatto di determinate realizzazioni, come l’AlpTransit compresa l’apertura del Ceneri, con ripercussioni sugli insediamenti nell’intero territorio, va previsto con largo anticipo. La realizzazione di nuovi quartieri implica tempi lunghi e, anche quando ci si rende conto che le aspettative non collimano con la realtà, i cantieri aperti non possono fermarsi. È quindi inevitabile che, in determinati momenti, domanda e offerta di abitazioni non coincidano e necessitino di un lasso di tempo di adattamento alla nuova situazione.
Le esperienze precedenti ci hanno però mostrato che, anche in situazioni più complesse e delicate, l’edilizia abitativa sa reagire. Ha però bisogno di tempo.
Una prima reazione si percepisce nel calo dell’offerta di abitazioni negli ultimi anni (figura 3). Anche guardando le autorizzazioni a costruire nuove abitazioni e le domande di costruzione di nuove abitazioni, si vede che il mercato sta reagendo di fronte all’aumento dello sfitto. È però probabile che se le domande di costruzione di nuove abitazioni possono essere congelate, le autorizzazioni già concesse, probabilmente già in cantiere, aggraveranno ulteriormente lo sfitto.
Malgrado la recente riduzione, sia pur modesta, dell’offerta di abitazioni, il numero degli alloggi vuoti e il relativo tasso (figura 3) ha continuato a salire negli ultimi anni ³. Negli anni 70 la situazione era ben più grave. Il tasso di abitazioni vuote superava il 4,5%, mentre oggi è quasi di due punti percentuali inferiore (2,71%). Ciononostante, la situazione sembra destinata a peggiorare e già oggi la percentuale di sfitto è superiore a quella registrata durante la crisi degli anni 90.
Come si vede bene nella figura 3, dopo qualche anno la tensione cala, il mercato reagisce e lo sfitto si riporta su valori normali, cioè quella percentuale di abitazioni vuote (attorno all’1%) necessaria al corretto funzionamento del mercato abitativo, evitando una pressione eccessiva sui prezzi.
L’attuale situazione non è però di facile gestione, poiché stiamo assistendo contemporaneamente a cambiamenti importanti su vari fronti. Il calo demografico proseguirà, come prevedono gli scenari federali? Se sì, quale impatto avrà sul territorio, tenuto conto degli importanti investimenti che stanno facendo le principali Città per rendere attrattivo il loro territorio? Quale sarà l’impatto sul Cantone delle nuove trasversali alpine?
Non va inoltre dimenticato che il calo demografico non ha un impatto analogo sull’intero territorio cantonale. Oltretutto, all’interno del cantone ci sono flussi migratori che favoriscono certe regioni a scapito di altre. È il caso del Luganese, che perde abitanti a favore del Bellinzonese, unica regione a non avere registrato un calo recente della popolazione. Ciononostante il Bellinzonese, sia come il distretto, sia come la città di Bellinzona, ha un tasso di sfitto superiore (figura 4). È possibile che le aspettative di sviluppo per questo territorio, legate ad AlpTransit, sia-no state eccessive? Solo il tempo ce lo dirà. Nella figura 4 abbiamo riportato il tasso di abitazioni vuote per alcune regioni geografiche significative.
Come già riscontrato nella crisi degli anni 90, è il Mendrisiotto la regione con il tasso di abitazioni vuote più alto. Numerosi comuni del distretto hanno dei tassi elevati, in primis Chiasso. Probabilmente il fatto di essere in prossimità della frontiera gioca un ruolo importante.
Segue il Bellinzonese, con un tasso di sfitto superiore agli altri distretti, come pure alle altre agglomerazioni. La città di Bellinzona ha un tasso di sfitto del 3,6%, analogo a quello di Locarno, ma superiore a Lugano (3,2%).
La scelta dei comuni è stata fatta in relazione ai tassi elevati di sfitto nel distretto in questione. Il grafico ci mostra come lo sfitto caratterizzi un po’ tutti i comuni del Mendrisiotto. Nel distretto di Lugano, malgrado complessivamente lo sfitto sia relativamente contenuto, numerosi comuni registrano percentuali elevate, in zone ben distinte (Collina D’Oro). La situazione dei distretti di Locarno e Bellinzona è invece relativamente omogenea. Non troviamo comuni con uno sfitto elevato. Mentre nel distretto di Leventina, Bodio registra un tasso elevato (6,7%).
Per chi conosce le specifiche realtà menzionate, converrà che le cause non sono uniformi. Al calo demografico si sovrappongono situazioni specifiche, da approfondire singolarmente.
L’analisi sul lungo periodo ci ha mostrato che, malgrado le situazioni difficili nelle quali si è trovato il mercato immobiliare del comparto abitativo, questo è sempre riuscito a risollevarsi e a rispondere adeguatamente alle esigenze. L’attuale situazione è particolarmente complessa, poiché interagiscono contemporaneamente numerosi fattori. Il calo demografico ne è uno, ma anche le migrazioni interne al cantone vanno tenute in considerazione. Vi è poi l’impatto di AlpTransit, tutto ancora da valutare, al quale si aggiungono i grossi progetti delle città tuttora allo studio e che mirano alla cosiddetta Città Ticino, tenendo conto del già attuale sovradimensionamento cantonale delle riserve di zone edificabili, in contrasto con le direttive federali, come ben spiegato da Fabio Giacomazzi in un recente articolo su «Azione».4
A tutto questo, si aggiunge l’incertezza legata alla pandemia in corso, che potrebbe modificare profondamente i comportamenti individuali e le esigenze di spazio futuri, sia a carattere abitativo che lavorativo. Le sfide non mancano, ne siamo consapevoli. È già qualcosa.
Note
1. Elio Venturelli, Il mercato immobiliare ticinese, «Tutto Casa» N. 1, 2008. Elio Venturelli, Ancora basso lo sfitto: difficile trovare casa in Ticino, «Tutto Casa» N.3, 2008.
2. Si trattava di 3 decreti urgenti, della durata di 5 anni, che stabilivano rispettivamente il divieto temporaneo della vendita di fondi non agricoli prima di 5 anni dall’acquisizione, il limite d’aggravio ipotecario (80%) e delle prescrizioni in materia di investimento degli istituti di previdenza, stabilendo al 30% il limite del patrimonio complessivo da investire in fondi in Svizzera.
3. Vedi anche l’articolo di Lorenzo Cedro, Analisi dei dati sugli alloggi vuoti e sull’occupazione delle abitazioni in Ticino, in «Dati Statistiche e Società» N. 02, Ottobre 2016, Ustat.
4. Fabio Giacomazzi, Nuovi scenari per la pianificazione, in «Azione» del 1. febbraio 2020.