La miopia e le sue «sfumature»

by Claudia

Salute - Importanza di ambiente e stile di vita per rallentare il calo dell’acuità visiva

La pandemia ci costringe a stare più tempo in casa e passiamo parecchie ore davanti allo schermo del computer o con il telefonino che usiamo di più e per più tempo, a prescindere dall’età. L’impossibilità di relazionarci di persona ha rapidamente accelerato e sdoganato l’utilizzo delle tecnologie che sopperiscono in parte alla vita sociale, ci permettono di lavorare e comunicare.
C’è un rovescio della medaglia: troppo tempo al chiuso, usando molto ogni sorta di tecnologia, rischia di dare una spinta all’insorgere della miopia che da anni sta già comunque aumentando anche fra i più giovani. «Oltre alle possibili e note cause genetiche, la sua diffusione è pure riconducibile a fattori ambientali: stare tanto al chiuso, senza orizzonti visivi e soprattutto senza luce naturale, compromette purtroppo anche la vista dei più piccoli», conferma il primario di oftalmologia dell’Ospedale Regionale di Lugano dottor Moreno Menghini il quale, pur riconoscendo che l’eziologia di questo disturbo non è ancora del tutto nota, ne ribadisce la responsabilità dei fattori ambientali (lavoro al computer, smartphone e altro), della mancanza di luce naturale e di alcuni fattori genetici predisponenti allo sviluppo della miopia.
«Gli adolescenti sono coloro che oggi subirebbero un impatto più pesante: non possono andare a scuola, non possono camminare all’aria aperta per recarsi in ogni dove, devono stare troppo tempo in casa e sono tanto davanti al pc o usano troppo lo smartphone (per studio, per noia, per gioco, per comunicare). Questo potrebbe avere un impatto sull’aumento della miopia». Per gli adulti diminuisce il pericolo ma non le problematiche: «Vediamo più disturbi della superficie degli occhi che si presentano stanchi o più secchi; anche questo, nel tempo, può generare altri disturbi».
A prescindere da questo periodo storico inusuale: «Ancora non si comprende del tutto perché si sviluppa la miopia, né per quale ragione la sua prevalenza è molto aumentata nelle generazioni di oggi. Ciò si osserva soprattutto nei paesi asiatici, ma pure in Europa». Ribadisce la chiara responsabilità ambientale: «In Cina si è osservata la diminuzione della progressione della miopia in quei bambini che a scuola possono beneficiare di mezz’ora quotidiana all’aria aperta: stare fuori aiuta a prevenirne lo sviluppo perché è la luce a fare la differenza. Ad esempio, la prevalenza di miopia è più bassa in Australia dove c’è più luce naturale e vige una cultura di vita all’aria aperta».
L’oftalmologo distingue fra miopia patologica e miopia cosiddetta scolastica: «La prima è tipicamente definita dal deficit visivo di oltre 6 diottrie fino a 20-25. Quella scolastica si situa con una mancanza tipica di poche diottrie che possono raggiungere un massimo di 4-6». Nello specifico: «La miopia patologica può creare problemi già da piccoli o a partire dall’adolescenza, come una maculopatia (malattia che colpisce la macula, area al centro della retina nella parte posteriore del bulbo oculare preposta alla visione nitida e dettagliata) ad essa correlata che aumenta significativamente il rischio di abbassamento della vista oltre le 6 diottrie». La differenza della miopia scolastica sta nel fatto che «queste persone presentano un errore rifrattivo che si può correggere con occhiali o lenti a contatto, ma il loro occhio è di per sé sano e, di norma, non dovrebbe sviluppare patologie nel tempo, non essendoci cambiamenti a livello di macula».
Ne consegue però una riflessione sull’incremento della percentuale di miopia nella popolazione: «Si comincia a temere che questo aumento di miopia scolastica, già a partire dalla giovane età, in futuro potrebbe comportare un aumento percentuale anche di quella patologica». La prevenzione rimane il fulcro della possibile soluzione, a partire da un impegno interdisciplinare tra oftalmologi, famiglia, maestri e pediatri: «Si può agire a livello educativo, famigliare e scolastico, con l’insegnamento di un sano stile di vita che contempla lo stare maggiormente all’aperto. Parallelamente, a livello pediatrico-oftalmico si possono monitorare nel tempo i bambini più a rischio, col risultato di riuscire a contenere la crescita esponenziale di miopia che stiamo vivendo, mentre il monitoraggio ci permetterebbe di intervenire nel momento più opportuno».
A questo proposito, spicca la novità delle lenti ad alta tecnologia D.I.M.S. il cui beneficio è evidenziato da uno studio condotto su 160 bambini seguiti per due anni, e pubblicato sul «British Journal of Ophtalmology». Ripreso anche da esperti italiani (sulla base dei dati di efficacia fatti registrare anche da un analogo studio di Hong Kong), lo studio dimostra che le lenti con questa innovativa tecnologia rallentano lo sviluppo della miopia e inibiscono l’allungamento del bulbo oculare, «ingannando» il cervello rispetto al progredire del disturbo stesso. Secondo il nostro interlocutore: «La tecnologia D.I.M.S. è interessante e potrebbe aiutare a diminuire la progressione della miopia nei bambini o negli adolescenti; però bisogna altresì valutare la situazione individuale al di fuori dell’ambito di uno studio scientifico, ricordandoci di paragonare ciascun caso per rapporto, ad esempio, all’uso alternativo delle gocce di atropina».
Le gocce di atropina somministrate a bambini e adolescenti «dilatano la pupilla bloccando la possibilità di accomodare, con l’occhio che resta in un de-focus». È lo stesso principio delle lenti summenzionate, ma è una terapia molto più facile da attuare alle nostre latitudini: «Fatico a immaginare bambini in età scolastica, nella nostra cultura molto diversa da quella asiatica, che abbiano voglia di portare quelle lenti così impegnative che disturbano esteticamente, sono d’ostacolo nella pratica dello sport e impacciano nel gioco e nel movimento necessari alla crescita».
Il dottor Menghini esprime un auspicio: «Realizzare la crescita del nostro servizio di Oftalmologia ORL che – in collaborazione con il servizio pediatrico, i responsabili educativi e i genitori – potrebbe dapprima valutare e poi prendere a carico questi ragazzi nell’ottica di un’auspicabile terapia di atropina».
Un accenno, infine, all’adulto per il quale sono consoni, secondo il caso, la chirurgia rifrattiva («valida e adeguata alternativa alle lenti a contatto o agli occhiali»), l’intervento di cataratta e altre tecniche specifiche e personalizzate. Infine, il dottor Moreno Menghini condivide un’importante riflessione: «Quando l’occhio è sano, anche se miope, bisogna sempre soppesare molto bene la necessità o meno di intervenire per una correzione chirurgica della vista».