Il paesaggio lunare greco di Meteora

by Claudia

Reportage - Una vera e propria «città di rocce» composta da monasteri in cima alle falesie, inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO dal 1988

Il modo più immediato di arrivare a Meteora da sud è percorrere un tratto di E65, una lunga autostrada il cui completamento è stato di recente finanziato con 255 milioni di euro dall’Unione Europea. La strada è deserta, davanti a noi solo un’altra auto con targa greca, tutto intorno la vastità della regione della Grecia Centrale.
Usciti a Trikala comincia un lungo rettilineo ai cui lati si susseguono capannoni, pompe di benzina e concessionarie d’auto, in fondo al quale poco a poco comincia a delinearsi una serie di alture inusuali, pilastri che si arrampicano verso il cielo. I contorni di tali rocce si fanno sempre più netti con l’avvicinarsi a Kalambaka: sembrano sculture gigantesche scolpite nell’arenaria dalla mano di un artigiano folle.
Sempre dritti e si arriva a Kastraki, dove si respira un’aria di montagna che ricorda quella di certi paesi alpini; le strette strade che salgono dal centro pullulano di hotel e pensioni. I monasteri delle Meteore sono facilmente raggiungibili sia in auto sia a piedi e in un’estate insolita come è stata quella del 2020, purtroppo o per fortuna, trovare parcheggio non è un problema.
Il significato del termine Meteora, in greco Μετέωρα, è «sospeso in aria» (dove «meta» significa «in mezzo a», e «aer», «aria»). Meteora è il nome di questa zona della Tessaglia ed è stato poi assunto dai monasteri in cima alle falesie, detti per l’appunto Meteore e inseriti nella lista del patrimonio mondiale dell’UNESCO nel 1988.
I primi asceti arrivarono qui già nell’XI secolo. Le rocce inaccessibili della zona costituivano un rifugio sicuro per gli eremiti cristiani che per lungo tempo vissero in completo isolamento praticando l’anacoretismo, una forma di ritiro simile all’ascetismo. All’inizio crearono i cosiddetti proseuchadia, piccoli luoghi di preghiera posti accanto alle grotte che abitavano. Esposti agli agenti atmosferici e a ogni sorta di pericolo, si affidarono in seguito all’aiuto della gente del posto che donava loro acqua, vestiti e cibo.
La prima comunità monastica che si formò nel XII secolo a opera del monaco Nilos fu la Skete di Doupiani con il kyriakon (chiesa centrale) di Panagia, la Vergine Madre. Gli asceti delle caverne si riunivano la domenica e in occasione di celebrazioni importanti.
Nel corso del XIV secolo, i monaci del monte Athos cercarono rifugio nella zona, scappando dai saccheggi degli Ottomani. Tra questi vi era Athanasios Koinovitis, che nel 1340 circa fondò il primo di una serie di monasteri, conosciuto oggi con il nome di Gran Meteora.
Nel XVI secolo, all’apice della comunità monastica di Meteora, il numero di monasteri era salito a ventiquattro. Essi non erano accessibili se non con scale di corda retraibili o complessi sistemi di carrucole, alcune delle quali sono utilizzate anche oggi per trasportare i viveri, ed erano entità completamente autosufficienti. I monaci coltivavano gli orti e si dedicavano all’apicoltura. Ancora oggi ognuno contribuisce secondo le proprie capacità a produrre i beni di cui ha bisogno e occupandosi della proprietà del monastero. Un’altra importante fonte di reddito per i monaci è costituita dalle donazioni da parte dei pellegrini, oltre al biglietto di ingresso di tre euro che i visitatori devono acquistare per accedere ai monasteri.
Nel XVII secolo iniziò un periodo di decadenza che proseguì nei tre secoli successivi e portò alla drastica diminuzione dei monasteri. Sei di essi ospitano ancora oggi comunità monastiche organizzate: Agios Stefanos, Agia Triada, Roussanou, Agios Nikolaos Anapafsas, Varlaam e Megalo Meteoron.
Il monastero di Agios Stefanos (Santo Stefano) è il più accessibile per chi avesse problemi di mobilità in quanto è l’unico a essere collegato da un ponte alla strada principale. Nel monastero di Agia Triada (Santa Trinità) furono girate alcune scene del film di James Bond For Your Eyes Only. Le pareti del monastero di Roussanou o Agia Varvara (Santa Barbara) si fondono perfettamente con la roccia sottostante, mentre la costruzione del monastero di Agios Nikolaos Anapafsas (San Nicola Anapausas) si è adattata alla piccolissima area della roccia su cui si trova: è infatti un edificio a pianta stretta che si estende in verticale.
Gli affreschi che decorano la chiesetta del monastero sono considerati tra i più importanti insiemi di pittura post-bizantina, in quanto si tratta della più antica opera firmata da Teofane di Creta. All’interno del Monastero di Varlaam, o Agioi Pantes (Barlaam o Ognissanti) si sviluppò una ricca tradizione amanuense. I suoi fondatori furono i fratelli Teofane e Nettario, provenienti da un’eminente famiglia bizantina di Giannina. Agios Stefanos e Roussanou sono conventi abitati da monache, mentre la popolazione degli altri quattro è esclusivamente maschile.
Non è facile ottenere indicazioni precise sul numero di monaci e monache residenti nei monasteri al giorno d’oggi, ma si può stimare un totale di una sessantina di individui.
Meteora è oggi il più grande e importante gruppo di monasteri della tradizione ortodossa in Grecia dopo quelli del Monte Athos. Si tratta di una vera e propria «città di rocce» nella Tessaglia occidentale, composta da oltre mille rilievi tra le imponenti cime del Pindo e i monti Antichasia. L’origine di queste bizzarre formazioni rocciose è stata oggetto di diverse teorie. Se ai primi asceti questi monoliti di oltre quattrocento metri di altezza dovevano apparire come la creazione di una mano divina, la teoria più probabile è che i pilastri fossero inizialmente un ammasso di rocce, sabbia e sedimenti trasportato dalle acque di un fiume. Quando la massa d’acqua trovò uno sbocco nel Mar Egeo in seguito alla separazione del Monte Olimpo dal Monte Ossa, il delta conoide che si era accumulato fu eroso da terremoti, vento e pioggia e si spaccò fino a formare colline e rocce cavernose di forme diverse.
«Il paesaggio di Meteora e la vita ascetica sono estremamente simili. La preghiera – una preghiera intima e profonda – ha bisogno di un luogo duro e imponente come Meteora. Ha bisogno di roccia nuda e di cielo. Tanto cielo!» (Athanasios Kouros).