L’aereo più lussuoso del mondo

by Claudia

Viaggiatori d’Occidente - Fu Juan Trippe, fondatore della Pan American, a comprendere per primo che gli aerei avrebbero presto preso il posto delle navi nel trasporto di posta e passeggeri

Se si parla dell’aereo più lussuoso di ogni tempo, la risposta sembra facile: il Concorde (1976). In realtà si distingueva soprattutto per la velocità: dimezzò il tempo di percorrenza sulla rotta Parigi-New York, portandolo a tre ore e mezza. La sua velocità era quasi doppia rispetto alla concorrenza; quando incrociava in volo altri aerei, questi sembravano andare all’indietro! E poiché sui voli verso occidente l’ora di arrivo precedeva quella di partenza, il suo slogan era «Arrivare prima di partire». E tuttavia il Concorde comodo non era. Il suo disegno filante e aerodinamico limitava lo spazio a bordo; l’altezza della cabina era inferiore a due metri. E se il biglietto costava tre volte più della «normale» prima classe, era comunque solo metà del leggendario Boeing 314, costruito alla fine degli anni Trenta, lui sì, l’aereo più lussuoso del mondo. Per salirci serviva un anno del salario di un operaio. E a bordo potevi incontrare ricchi industriali, ereditiere, attori, sportivi, insomma il jet set… prima del jet.
Ma raccontiamo la storia con ordine dall’inizio. Siamo nel 1936 e Juan Trippe, il geniale fondatore della compagnia aerea Pan American, capì per primo che sulle distese degli oceani gli aerei avrebbero presto preso il posto delle navi nel trasporto di posta e passeggeri. Serviva però un aereo perfetto e per questo ordinò alla Boeing un gigantesco idrovolante (oltre trenta metri di lunghezza) con un’eccezionale autonomia. 
Nel 1939 l’aereo delle meraviglie è pronto: il primo Boeing 314, battezzato Honolulu Clipper, vola da San Francisco a Hong Kong sulle distese del Pacifico. Yankee Clipper apre invece la rotta atlantica collegando Southampton a New York, con diversi scali intermedi in Irlanda e Canada. Il soprannome clipper viene da alcuni velieri dell’Ottocento: tante vele e tanta velocità per carichi leggeri ma di valore, il tè e l’oppio per esempio. E in effetti gli idrovolanti per molti aspetti erano simili a grandi navi: personale in divisa bianca e blu (quando i piloti di solito indossavano giubbotti di pelle e sciarpe), poltrone disposte come in un salotto e non in file parallele eccetera. 
La velocità di crociera dei giganteschi Boeing 314 clipper era di circa trecento chilometri all’ora, per questo alcuni voli duravano anche diciassette ore. In compenso, lo spazio a bordo non mancava davvero. I settantaquattro passeggeri avevano a disposizione sette scompartimenti allungati lungo lo scafo dell’idrovolante; e l’ultimo nella coda poteva essere trasformato in una suite per viaggi di nozze. Si pranzava in una sala con veri tavoli, serviti da steward in abito bianco con tovaglie di lino, calici di cristallo e piatti d’argento; in cucina, chef stellati. Nei voli notturni i posti si dimezzavano e le comode poltrone si trasformavano in letti, protetti da tende. 
Solo i migliori piloti, con una lunga esperienza di volo alle spalle, venivano impiegati su queste rotte. Pilotare un idrovolante di queste dimensioni infatti non era facile. Si navigava a vista a una quota relativamente bassa (tremila metri) orientandosi con le stelle o il profilo della costa, di nuovo come le navi; e poteva capitare di perdere ogni riferimento quando la visibilità si riduceva a zero per la foschia o il maltempo. 
Dopo pochi mesi d’attività lo scoppio della Seconda guerra mondiale chiuse la rotta atlantica; e anche la traversata del Pacifico divenne impraticabile quando alla fine del 1941 il Giappone entrò in guerra, infiammando l’Asia con l’attacco a Pearl Harbor. Il Pacific Clipper fu sorpreso dall’inizio delle ostilità in Nuova Zelanda; per evitare di tornare a Honolulu lungo una rotta controllata dai giapponesi preferì circumnavigare il globo sorvolando Australia, Asia, Africa e Oceano Atlantico, per approdare infine negli Stati Uniti dopo uno straordinario volo di oltre cinquantamila chilometri in sei settimane. 
È il primo aereo civile ad aver fatto il giro del mondo, oltretutto lungo la rotta equatoriale, la più lunga. L’ufficiale Thomas N. White Sr. aveva sostituito un collega all’ultimo minuto. Prima della partenza chiamò a casa − «Torno presto» – senza immaginare quello che stava per succedere. 
Durante la Seconda guerra mondiale la flotta di idrovolanti fu utilizzata dall’esercito degli Stati Uniti per trasportare truppe o rifornimenti. Nel 1943 il presidente Franklin Delano Roosevelt arrivò alla conferenza di Casablanca, in Marocco, proprio con uno di questi aerei; e al ritorno celebrò a bordo il suo sessantunesimo compleanno. Nel frattempo, la competizione tra le diverse aviazioni – vita o morte − migliorò drammaticamente gli aerei e fu subito chiaro che gli idrovolanti erano ormai superati. Dopo aver diviso il cielo con i dirigibili, furono messi da parte in favore di moderni aerei passeggeri, Douglas DC-4 e Lockheed Constellation, che potevano utilizzare le numerose piste d’atterraggio lasciate in eredità dalla guerra quasi ovunque.
I Boeing 314 furono ritirati dal servizio. Nessuno dei dodici aerei costruiti tra il 1938 e il 1941 è giunto sino ai giorni nostri. Il loro ricordo è affidato soltanto a qualche cinegiornale d’epoca, a un modello in scala nel Museo marittimo di Foynes (l’ultimo scalo irlandese prima del grande balzo atlantico) e a un romanzo di Ken Follett, Notte sull’acqua (1991).