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Reportage - Dalle grotte sotterranee molti simboli templari sono emersi, ma ancora molto è da svelare e comprendere della storia di questo ordine cavalleresco
Osimo è una cittadina sulle colline marchigiane, non lontano da Ancona. Avamposto già ai tempi dei romani, importante città dello Stato pontificio in Italia centrale, oggi il suo centro storico ricorda un piccolo villaggio del medioevo. È chiamata anche la «Città dei senza testa» per via delle statue romane che si trovano nell’atrio del palazzo comunale, tutte, appunto, senza testa. Camminando nelle sue stradine costeggiate da antichi palazzi di mattoni rossi o per i vicoli che portano a terrazze che si aprono su panorami di promontori morbidi e verdi, si respira storia e arte. Ma Osimo nasconde anche qualcosa di misterioso nel suo sottosuolo: la storia dei templari.
L’ordine dei templari nasce nel 1118, da monaci cistercensi e cavalieri, e subito partecipano alle crociate, con il compito dato da San Bernardo, di recuperare documenti e reliquie della prima cristianità, dal 650 al 1100. «I viaggi in Terra Santa – mi spiega Fabrizio Bartoli, studioso dei templari e grande ufficiale dell’ordine dei cavalieri templari del tempio di Gerusalemme –, permettono ai templari di acquisire conoscenza sul cristianesimo agnostico della prima cristianità, ma si tengono queste scoperte per loro. E insieme alla conoscenza, aumenta anche il loro potere economico». Conoscenze e misteri cercati, scoperti e custoditi, che certamente amplificavano il loro potere, ma che potevano mettere in pericolo il credo della Chiesa, mi fa capire Fabrizio.
Per qualche secolo, tuttavia, forti delle loro gesta in Terra Santa, riescono a conquistarsi comunque rispetto nella società dell’Europa di allora. I Templari ad Osimo e dintorni sono già presenti nel 1160, quando, stabilendosi intorno alla Chiesa di San Filippo apostolo, iniziano ad acquistare terreni, aprono mulini e danno vita ad attività commerciali.
Questa chiesa, (che si può visitare ancora oggi su prenotazione), ha una sola navata ed è priva di abside. All’epoca era dotata di tre entrate, come voleva la tradizione dei cavalieri templari. La cittadina era importante per l’Odine, perché grazie al fiume Musone, con le barche riuscivano a portare derrate alimentari fino al porto di Numana e da lì potevano proseguire la navigazione fino in Terra Santa. Per questa ragione, i Templari di Osimo sono stati tra i più importanti in Italia.
«La presenza dell’ordine templare a Osimo è riscontrabile sia in alcuni simboli in superficie, ma anche in simboli presenti nelle grotte nel sottosuolo della cittadina», continua Fabrizio, mentre mi accompagna in questa visita sulle tracce di un ordine che ha avuto vita in maniera ufficiale e riconosciuta, fino al 1307.
Camminiamo lungo dei vicoli alle spalle del palazzo del comune e arriviamo davanti a una vecchia saracinesca: Fabrizio la alza e armato di una torcia, mi guida all’interno di cunicoli e grotte. A un certo punto si ferma e illumina un bassorilievo che raffigura Ermete Trismegisto, personaggio tra storia e mito, venerato come maestro di sapienza, ed esponente della cultura agnostica che i templari apprezzavano.
Ma perché, chiedo, i Templari si rifugiavano e nascondevano in queste grotte? «Vedi – continua Fabrizio, mentre camminiamo nei cunicoli – con il tempo, i Templari acquisirono sempre maggior potere, anche potere economico, erano diventati un ordine ricco e molti sovrani erano indebitati con loro, soprattutto Filippo il Bello, Re di Francia che convinse il Papa Clemente V a mettere fuori legge i Templari. Era appunto il 1307, esattamente un venerdì 13 ottobre». È da quella data che vengono arrestati molti appartenenti all’ordine, mentre altri sono costretti a darsi alla macchia.
L’ordine templare non esiste più, almeno ufficialmente. Dal 1307 al 1312 sono anni di processi, fino a quando la Bolla papale li scomunica e scioglie l’ordine. Nel 1314 diversi templari vengono bruciati a Parigi, lungo la Senna. Tra questi anche Jacques De Molay, il gran priore. Per molti, quindi, qui a Osimo, le grotte con i loro tunnel erano diventate il rifugio ideale dove potersi ancora riunire in gran segreto. Camminando nel silenzio ovattato delle gallerie, arriviamo in quella che è la Grotta dei Templari. Una sala esagonale, come un fiore a sei petali o detto anche «fiore della vita». Al centro, una grossa colonna con una croce. «Qui siamo a dieci metri di profondità e probabilmente questa grotta era usata per incontri rituali che servivano a purificare» mi spiega ancora Fabrizio, con il tono di voce che si abbassa, diventando a volte un sussurro, quasi a rendere omaggio al luogo.
«In questa sala, che ha una particolare acustica, i templari si riunivano e cantavano per purificarsi» e mentre finisce di dire la frase, si mette al centro di uno degli scanni del perimetro della grotta e intona un canto profondo e baritonale, lo sguardo fisso verso la colonna. E in quel silenzio, il suono della voce sembra rimbalzare sulle pareti e arrivare al centro della cassa toracica. Ma forse la mia è solo suggestione.
Questa grotta si trova sotto una domus, Palazzo Matteotti, ed è stata costruita dopo che i Templari vennero dichiarati fuorilegge. Era qui, in questi luoghi sottoterra che continuavano le loro azioni e portavano avanti il loro credo. Anche sotto Palazzo Simonetti, grotte e cunicoli sono ricchi di simbologie templari, come croci e statue. Sulla strada del ritorno, rischio di perdermi nel labirinto di tunnel, mentre Fabrizio non perde occasione per spiegarmi che anche il labirinto era un simbolo dei templari, inteso come un tragitto tra le tenebre alla ricerca della luce.
Finalmente arriviamo davvero a rivedere la luce del sole e prendiamo la strada che porta verso il Duomo e il Battistero. All’interno di quest’ultimo – al centro si erge la Fonte Battesimale in bronzo del XVII secolo ed è sovrastata dallo splendido soffitto a cassettoni con scene che rappresentano episodi della Bibbia – in una nicchia sul muro, quasi sopra la porta di ingresso, lassù in alto, si trova il disegno della croce rossa, il simbolo dei Templari, emersa dopo lavori di restauro. Mentre accanto, sulla facciata del Duomo, si trovano altri simboli del passato templare.
Fabrizio mi indica il bassorilievo di Talamone, «colui che sorregge il tempio; ce ne sono due. E guarda bene – continua il Grande Ufficiale – vedi, ha le gambe incrociate. Questo è un richiamo alla tradizione templare». Perché?, domando. «Perché in molte tombe dove erano stati seppelliti i templari, questi avevano le gambe incrociate». Poi più in alto, un altro personaggio scolpito, con in mano una teca con i cinque punti. «Anche quello è un simbolo templare, rappresentano i cinque punti che determinano il quadrato sacro da cui si può costruire la croce templare o croce celeste».
Il sole sta tramontando e colora di rosso la facciata del Duomo. Ci incamminiamo verso la piazza principale e prima di salutarci chiedo a Fabrizio se è mai esistito il Santo Graal. Lui mi guarda, accenna un sorriso e mi spiega: «Il Santo Graal può anche essere la Coppa dell’ultima cena e dove è stato raccolto il sangue di Cristo. Ma il santo Graal è anche un principio sacro per eccellenza che coincide con l’universale». Dalla mia espressione capisce che non mi è chiaro quello che dice, e allora continua: «Non è un oggetto. Noi dobbiamo chiederci: qual è il principio sacro per eccellenza e come si realizza? Con un vero sacerdote e un vero re che insegnano alla società i principi universali».
Mi saluta calorosamente e mi dice che deve tornare ai suoi studi storici lasciandomi ancora più confuso. Continuo a camminare per i vicoli e le strade pavimentate con i ciottoli; passo sotto le imponenti mura romane.
A Osimo sono state censite 88 grotte e 9mila metri di cunicoli. Certamente molti furono creati per conservare cibi o come vie di fuga. Ma Fabrizio è sicuro che non sono stati creati solo per questo, dovevano servire anche a qualcos’altro, perché sono strutture complesse, strane e particolari. Un mistero che in parte deve essere ancora svelato.