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Passeggiata - Riscoprire il territorio con le panchine giganti anche dette Big Bench
Immaginate di sedervi su una panchina, una di quelle rosse che stanno nei parchi o magari in riva a uno dei nostri laghi e da cui si può godere, da soli o in compagnia, il paesaggio. All’improvviso la panchina sotto di voi si fa sempre più grande, più alta, tanto che i piedi non toccano più terra e che, disorientati, non capiate più se è lei che si fa grande o se, invece, siete voi a farvi piccoli, a ritornare bambini, con le gambe che penzolano dal bordo e con lo sguardo di chi vede per la prima volta l’acqua del lago, i cigni, le barche a vela colorate con i monti un po’ più in là a fare da sfondo.
Ecco. Questo è quello che Mr. Chris Bangle – designer americano che dal 2009 vive in Piemonte, a Clavesana per l’esattezza – ha provato quando si dev’essere seduto per la prima volta sulla sua Numero Uno, che ha fatto costruire nel giardino di casa, vista Langhe.
Siamo in terra di Dolcetto. Le vigne circondano la sua casa-studio. Dieci anni fa decise di regalare alla moglie Catherine, svizzera di Zurigo, una panchina fuori scala, gigante, dalla quale godere il meraviglioso paesaggio offerto dai filari di vigneti, dalle colline e dalle Alpi che nelle giornate serene abbracciano tutto il panorama dominato dal Monviso. E così, con l’aiuto di un suo vicino di casa, un viticoltore bravo con gli attrezzi realizzò il progetto della Number One, una Big Bench rossa che disegnò sul cartone d’imballaggio di un frigo.
Arrivarono i primi visitatori e, con loro, le richieste di duplicare il manufatto altrove: da lì partì l’esigenza di dare un nome a quello che oggi è diventato un vero e proprio movimento: il «Big Bench Community Project» (www.bigbenchcommunityproject.org). L’idea, infatti, non consiste semplicemente nel duplicare qualche panchina, ma nel dare una struttura a un’associazione no-profit, che di fatto identifichi sia il network delle panchine giganti (BBCP – Big Bench Community Project) sia la relativa community.
Oggi sono 128 le panchine sparpagliate tutte in Italia (la più a sud in Basilicata). Ci sono però segnali di apertura verso l’Europa data la presenza di una panchina gigante addirittura in Scozia. Da noi, purtroppo, ancora non ce ne sono, ma forse l’idea potrebbe piacere a qualcuno…
Di fatto i «panchinisti» sono ormai centinaia fra seguaci e sostenitori, più una quantità potenzialmente infinita di fruitori che attraverso i social e un sistema che prevede un passaporto dove collezionare credenziali, simile a quello dei cammini, orbitano, supportano e soprattutto godono del paesaggio dalle Big Bench.
Promuovere il turismo locale, di prossimità e lento è una delle finalità del progetto: ma le panchine per essere «certificate» devono soddisfare criteri imprescindibili. Ad esempio, l’attrazione turistica dev’essere già presente sul territorio: è il paesaggio, quello che abbonda in bellezza sia in Italia sia nel nostro territorio e che a volte è ormai invisibile agli indigeni e nascosto al turismo degli itinerari convenzionali.
D’altro canto, di panchine giganti nel mondo ce ne sono sicuramente altre, ma per la prima volta qui si dà importanza all’esperienza, al contesto.
Esiste anche un turismo «Instagrammabile»: si va in un determinato posto, creato per essere fotografato, un paio di pose, qualche selfie e poi si confeziona la storia o il post acchiappa like. A prima vista anche questo progetto potrebbe rientrare in questa casistica: effettivamente sui social le Big Bench hanno un ottimo seguito, gli hashtag si sprecano, ma c’è qualcosa di molto più profondo e lo si capisce dalle parole di Mr. Bangle: «le panchine sono realizzate esclusivamente senza uso di denaro pubblico: è un atto – privato – di responsabilità sociale che un sostenitore può fare per il pubblico. La comunità locale e i visitatori si assumono, a loro volta, la responsabilità, sociale di prendersene cura», è spiegato nel progetto.
Oltre questa presa di coscienza collettiva, la panchina rappresenta comunque un simbolo e detiene anch’essa una certa responsabilità, non si tratta solo di semplici attrazioni da fotografare, si rischierebbe di fare come lo stolto, finendo per guardare il dito e non la luna: questione di punti di vista, e la panchina, di fatto, ci invita a prendere posizione e ad avere un punto di vista sul territorio.
Qui si parla di un progetto condiviso, più sociale che social: un modo virtuoso e tangibile di pensare la community.
Il tutto si auto-sostiene coinvolgendo, non solo il quartier generale di Clavesana – che approva e fornisce gratuitamente i disegni e le indicazioni per le nuove panchine – ma anche gli artigiani, i promotori, le realtà ricettive, i sostenitori, i «Bench tourists» – o «panchinisti» – e i curiosi.
Grazie a un’idea così semplice quanto geniale, basata su uno dei meccanismi fondamentali del pensiero creativo – il cambio di scala – e al giusto contesto, il sistema sinergico innescato da Mr. Bangle contribuisce a produrre valore: valore culturale ed economico per il territorio e valore olistico, fisico e spirituale, per chi ne usufruisce.
Adesso siete ancora lì, seduti sulla vostra panchina gigante, smettete per un attimo di oscillare le gambe e vi riempite gli occhi della bellezza che sta intorno a voi, a bocca aperta. Anche ora che sapete tutto di questo progetto, di quella panchina gigante rossa, la cosa che più vi affascina è l’esperienza che state vivendo: poesia e magia, certi che non è più la panchina ad essersi fatta gigante, ma voi ad essere tornati nuovamente bambini.