Mondoverde - Molto simili alle orchidee ma di gran lunga più rustici, portano il nome di Tricyrtis
Qualche tempo fa ho letto in una rivista di giardinaggio un nome buffo che mi è rimasto subito in testa, poiché non riesco a capire cosa accomuni un fiore all’animale del quale porta la denominazione.
Sto parlando dei «gigli dei rospi», ovvero dei Tricyrtis, una famiglia di bulbose estremamente affascinante ed elegante, molto simili alle orchidee ma di gran lunga più rustiche. Utilizzate all’esterno, in giardini e aiuole a mezz’ombra, si sviluppano in completa autonomia.
Com’è possibile che queste erbacee perenni dalle esigenze minime non vengano piantate ovunque, non riempiano ogni giardino ombroso, accanto a ortensie e piante di hosta, e non sfoggino il loro fascino in larghi gruppi sotto le fronde delle piante? Così belle da sembrare libellule dai colori accesi, non le paragonerei a dei rospi, come vuole invece il nome popolare, ma a dei gioielli dalle sfumature porpora da far indossare alle nostre aiuole.
Sembrano un intreccio ben riuscito tra gigli e orchidee, con foglie decorative, caduche, di un verde brillante o con maculature simili a pizzi, in grado di colorarsi di giallo oro in autunno, regalandoci un ultimo saluto prima del freddo inverno.
Tagliati a livello del terreno, i Tricyrtis rispunteranno in aprile, raggiungendo l’altezza di cinquanta centimetri con i loro steli leggermente arcuati, formando cespugli estivi molto decorativi. I fiori hanno la forma di una stella, i petali sono bianchi con punti violacei e mettono in evidenza i sei tepali regalandogli una forma curiosa.
A fine luglio, tutti i boccioli si schiudono, fino a metà ottobre, ed è proprio durante l’estate di qualche anno fa che ho visto per la prima volta una di queste piantine. Entusiasta fin da subito della loro eleganza, ne ho piantata una in giardino, mischiando alcune manciate di torba nella buca e bagnandola generosamente durante la prima estate per garantirle un ottimo attecchimento.
Mentre il mio giglio dei rospi fioriva in continuazione, io mi documentavo meglio su di esso: originario dell’Himalaya, arrivò in Europa nel 1851 grazie al botanico, collezionista e medico danese Nathaniel Wallich, ma solo negli ultimi anni vivaisti ed ibridatori hanno messo i loro occhi su di loro e vi hanno investito le loro conoscenze per creare nuovi ibridi e cultivar da lanciare sul mercato.
Un esempio? T. formosana «Dark Beauty» con macchie sui petali viola prugna, «Empress», dai grandi fiori aerografati bianco e malva e «Tojen» con petali crema e disegni color lavanda.