Douglas Delfino, 24 anni, è morto di morte violenta. Qualcuno l’ha ammazzato a sangue freddo, e c’è già un sospetto. È il giorno dei funerali, e la chiesa è traboccante di famigliari e amici, affranti per avere perso un ragazzo turbolento e a tratti difficile, ma dal cuore tutto sommato d’oro. Di fianco all’imperturbabile padre Andrea piange disperata la mamma Camilla, con lei la sorella Nora (reduce da uno scandalo che ha scosso la piccola comunità) e la fidanzata Chiara (a più riprese ma inconsapevolmente tradita dal fidanzato). Insieme ai famigliari Douglas viene pianto e ricordato anche dagli amici David (e da sua madre, la libertina Agatha), da Manuel e Thomas.
A raccontarci l’atmosfera in chiesa e le reazioni ed emozioni di tanto variata umanità, vi è niente meno che lo stesso Douglas, non più essere umano, non ancora abitante degli Inferi (o del Paradiso, circostanza che non è dato sapere a nessuno), ma sorta di spirito sospeso e onniscente, con accesso privilegiato al presente e al passato di ogni singola persona presente in chiesa. Douglas passa in rassegna le persone che lo interessano, ne studia le reazioni e cerca di capirne le finalità, sfruttando con un’ironia presto assai inconfondibile la sua posizione di spettatore invisibile. Ne esce un ritratto dissacrante che non risparmia nessuno, dove le pecche e le (apparenti) virtù di una piccola comunità vengono messe in piazza alla mercè di chi ha occhi sufficientemente svegli per vederle – come l’ispettore Gress o il detective Ferri, entrambi sulle tracce di chi potrebbe avere sparato al giovane Douglas, decretandone la scomparsa prematura.
RIP – Il mio funerale è un libro di gradevole lettura, e questo grazie soprattutto a uno stile scorrevole e sciolto, e al lungo elenco di brevi e densi capitoletti di cui è composto. I personaggi sono uniti, oltre che dalla propria appartenenza territoriale, dalla lunga serie di piccoli e grandi vizi che più o meno nell’ombra, accompagnano ognuno di noi, ma che, soprattutto, ognuno di noi vorrebbe tenere segreti.
L’idea di Patrick Mancini, entusiasta giornalista di Ticinonline, nonché già autore di Cuorebuiorrore (2015) e #Promessi sposi (2019), non è nuova: solo per citarne un paio, di salme fluttuanti e attente avevano già raccontato ad esempio Alice Sebold in Amabili resti (una ragazza abusata e assassinata racconta quanto avviene dopo la propria morte) o Alan Bennett in La cerimonia del massaggio (dove l’estinto, che fisicamente si è occupato di donne e uomini, inanellando una serie di rapporti non proprio trasparenti con loro, se ne prende gioco fino all’ultimo). Questo non toglie freschezza al lavoro di Mancini, che non si sottrae al proprio dovere di cronaca quando si parla di violenza o di abusi sui più deboli, di ciò che, insomma, si consuma sotto il famigerato ponte più volte citato nel libro, luogo di sfogo del protagonista, nonché topos da cui prende avvio tutta quanta la vicenda.
Ma questa è un’altra storia, e si rivelerà al lettore a poco a poco, incanalando così questo RIP nel solco dei due libri che l’hanno preceduto, e in cui il valore dell’attualità e dei temi che bruciano in società, si mescola sapientemente con la suspense della fiction vera e propria.