Nel 2005, in uno dei miei primi articoli su «Azione», vi parlai di un piatto da me amato: l’insalata russa. Approfondiamo.
Fermo restando che i miei piatti del cuore sono a base di carne di manzo o riso, l’insalata russa si avvicina a esserlo. Non so bene perché. Da piccolo, in casa piaceva a tutti, ma proprio a tutti, grandi e piccini, quindi veniva preparata spesso. Certo, un’insalata russa è un piatto ben nutriente, più che mai se seguito da un primo di pasta e riso, da un secondo e poi da un dolce anche se leggero: ma all’epoca si mangiava di più e quindi andava bene. D’estate soprattutto, al mare, in dosi gigantesche – e con la maionese rigidamente in barattolo – veniva spazzolata.
È un piatto dalla storia curiosa: lo sono (quasi) tutte le storie dei piatti, ma alcune di più. Anni or sono, un luogo comune della cucina voleva che fosse un piatto bizzarro perché in Italia si chiamava russa, in Russia italiana, mentre era un piatto… francese. Ma allora queste storie di primogenitura e di semantica dei nomi dei piatti non mi interessavano.
A vent’anni, in vacanza a Mosca, eravamo sei amici, la cercai. Anche tenuto conto che nei pochi ristoranti per stranieri l’inglese era lingua ignota, solo elencando gli ingredienti utilizzati, qualcuno disse: ah, l’Olivier, ma non compariva nei menù. Solo in un ristorante dissero: ah, la stolichny salad! Ma nessuno la conosceva come russa. Pazienza, mangiai la stolichny – ma quella di casa era più buona.
La spiegazione: Olivier era il nome del cuoco belga patron a Mosca attorno al 1860 di un celebre e ricco ristorante, che si chiamava Hérmitage. Lui la inventò. La versione primigenia fu a base di grouse (gallo cedrone), – anche se a volte utilizzava pernice, testina o nervetti – gamberi, patate, cetrioli, lattuga, capperi, olive e maionese, fatta con olio di Provenza. Ebbe un successo immane, e in poco tempo tutti i buoni ristoranti russi la proposero, cambiando a piacere gli ingredienti; solo la maionese alla fine era canonica.
Dopo la rivoluzione continuò ad essere preparata, ma per evitare di chiamarla con il nome Olivier, che a quel punto era troppo compromettente, la ribattezzarono salat (in russo è maschile) stolichny – vuol dire della capitale, capitolino. Oggi non so come è chiamata.
La faccio spesso, sempre per una versione semplificata e la chiamo Olivier. Ah, in linea di massima, utilizzo maionese in barattolo, come da tradizione famigliare. Permettetemi di condividere la ricetta con voi.
Insalata Olivier detta russa (con ingredienti per 6 persone). Ammorbidite 6 filetti di aringa salata in 2 dl di latte per 1 ora, sgocciolateli e asciugateli bene. Pelate 1 mela, tagliatela a cubetti e irrorateli con poco succo di limone. Cuocete a vapore 300 g di patate, levatele, spellatele e tagliatele a dadi. Sbollentate 200 g di pisellini sgranati, 150 g di carote mondate e tagliate a dadini e 150 g di fagiolini spuntati e tagliati a pezzi, fermandone la cottura in acqua e ghiaccio, così da conservare il colore. Emulsionate 12 cucchiai di maionese industriale con 1 cucchiaio di senape: ma se volete farla voi nel frullatore, nessun problema, che sia però bella densa e senapata. Mescolate le verdure con la maionese, unite 2 cucchiai di capperini dissalati, 150 g di funghetti sott’olio ben scolati e divisi a metà, i cubetti di mela e i filetti di aringa a pezzettini. Coprite con pellicola e tenete in frigorifero per almeno 24 ore. Servitela dopo averla riportata a temperatura ambiente per 30 minuti.