Al di là dei quiz

Parliamo del cosiddetto «access prime time»; con questa espressione da neo-comunicatori si definiscono quei preziosi e pregiati cuscinetti di palinsesto dopo la fascia informativa e prima del piatto principale della serata televisiva.
Preziosi e pregiati perché di grande ascolto e, di conseguenza, di grande interesse/valore promo-pubblicitario.  Il nostro servizio pubblico ha da anni scelto di presidiare questa fascia con una serie di quiz più o meno riusciti (inutile citarli tutti, inutile stilare classifiche; inutile essere sgradevoli senza motivo); identica scelta, peraltro, sia per lo spazio che precede la fascia informativa, qui stabilmente occupato dallo stesso gioco, sia per quello tra l’informazione regionale e quella nazionale.
Immaginiamo che l’audience di questi programmi sia variabile, ma la intuiamo trionfale o poco meno, vista l’ostinazione – che supponiamo non riconducibile a mancanza di fantasia – nel proporre questo modello; è un dato importante ma non è tutto, soprattutto non lo è per un’emittente che ha cogenti obiettivi di servizio pubblico fissati nella concessione, a partire dalla formazione per arrivare alla coesione nazionale e alla mediazione culturale. Ed è per questo che, dopo anni di colpevole blackout, si sta pensando di ammobiliare questo spazio (anche) con altro, quella cosettina su funghi e fungiatt essendo forse una specie di apripista, allusiva di un’intenzione ma, confidiamo, non di un orientamento a livello di contenuti e di modi.
Volgendo lo sguardo altrove, e facendo una specie di benchmark di grado minimo: l’occupazione dell’access prime time di Rai3 è un buon esempio di come si possa comportare un’emittente che prende sul serio il proprio ruolo di servizio pubblico, e per fare questo offra qualità declinata in una grande varietà di programmi e di registri.

Attorno ai due punti fermi di Blob e di Un posto al sole (trasmissioni che nella loro siderale distanza a tutti i livelli danno la misura della vocazione «trasversale» della rete) Rai3 propone trasmissioni che costruiscono un’offerta variata e di buon livello, spesso nel segno dell’emozione: penso a Via dei Matti Numero 0 (con lo straordinario Stefano Bollani e i suoi ospiti, programma che considero tra i migliori della rete), a Che Succ3de (piazza virtuale su temi vagamente demenziali, condotta da Geppi Cucciari, capace anche del meglio), a Storie minime (persone comuni che raccontano l’esperienza che le ha più segnate; spesso emotivamente coinvolgente), a That’s amore (racconti sul rapporto speciale che si instaura tra l’uomo e il «suo» animale), a Non ho l’età (squarci sulla quotidianità dell’amore vissuto nella terza età, con formidabili over settanta e le loro vite che escono allo scoperto, intrecciate con la storia d’Italia tra due guerre mondiali), a Nuovi eroi (storie di cittadini che si sono distinti per coraggio, altruismo, impegno sociale), per citare solo qualche esempio.
Nessun quiz e nessun premio (smarcandosi così dalle altre reti concorrenti, private e pubbliche), ma territorio, quotidianità, storie di gente comune; e poi, capacità di mediare (e di produrre) cultura in modo non parruccone né pedantesco, e nemmeno con qualche furbesca giravolta che la trasformi – per renderla digeribile a noi pubblico-bestia – in una sorta di numero del circo dell’intrattenimento globale. Insomma, servizio pubblico.

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